di Maurizio Acerbo

"Sono per la vita contro la morte; sono per la pace contro la guerra" Pablo Picasso
Mi capita spesso di leggere sui social che la colomba presente nel simbolo della lista #paceterradignita non avrebbe nulla a che fare con noi comuniste/i.
Approfitto dell'anniversario della morte di Pablo Picasso per ricordare che la colomba divenne simbolo dei moderni movimenti per la pace proprio per iniziativa dei comunisti.
Infatti fu il PCF - Parti Communiste Français a commissionare a Pablo Picasso nel 1949 il manifesto del movimento dei partigiani della pace in occasione della Prima Conferenza Internazionale della Pace a Parigi.
Picasso nel 1937 aveva realizzato con #Guernica il capolavoro che più di ogni altro rappresenta l'orrore della guerra e il rifiuto del fascismo per il padiglione della Repubblica spagnola all'Esposizione universale di Parigi. Era stato commissionato dal governo antifascista spagnolo che resisteva ai falangisti di Franco sostenuti dagli eserciti di Hitler e Mussolini.
Picasso scelse di rendere omaggio alle vittime di
Guernica, la città spagnola che era stata rasa al suolo dell'aviazione tedesca e italiana nel primo bombardamento aereo della storia su un centri abitato.
Picasso scelse la colomba pare ispirato da un piccione che gli aveva regalato Henri Matisse.
Per anni Picasso continuò a dipingerne varie versioni per congressi e manifesti finché negli anni '60 si affermò come simbolo universale dei movimenti per la pace e il disarmo insieme al simbolo del CND britannico e alla bandiera arcobaleno.
Certo la colomba come simbolo aveva un'origine biblica ma i comunisti si ponevano l'obiettivo di mobilitare l'umanità intera contro la minaccia atomica e il riarmo. Quindi scelsero un simbolo archetipico che aveva un valore universale.
PICASSO COMUNISTA
Pablo Picasso, esiliato spagnolo in Francia, aderì al Partito Comunista Francese nel 1944 con questa dichiarazione pubblicata sul quotidiano l'Humanité:
«La mia adesione al Partito comunista è la conseguenza logica di tutta la mia vita, di tutta la mia opera. Perchè, io sono fiero di dirlo, non ho mai considerato la pittura come un'arte di puro piacere, di distrazione. Io ho voluto, col disegno e col colore, dato che queste sono le mie armi, penetrare sempre più avanti nella conoscenza del mondo e degli uomini, affinché questa conoscenza ci liberi tutti ogni giorno più.
Io ho sempre cercato di dire, alla mia maniera, ciò che consideravo essere il più vero, il più giusto, il meglio, che poi, naturalmente, era sempre il più bello, come i grandi artisti sanno bene.
SI, io ho coscienza di aver sempre lottato, con la mia pittura, da vero rivoluzionario. Ma ora ho capito che neppure ciò può bastare. Questi anni di oppressione terribile mi hanno dimostrato che io dovevo combattere non soltanto con la mia arte, ma con tutto me stesso. E allora sono andato verso il Partito comunista senza la minima esitazione, perchè dentro di me io ero con lui da sempre, Aragon, Eluard, Cassou, Fougeron, tutti i miei amici lo sanno bene. Se io non avevo ancora aderito ufficialmente, era, in qualche modo, per «innocenza», perchè credevo che la mia opera e l'adesione del mio sentimento fossero sufficienti, ma di fatto era già il mio Partito. Non è forse esso che ha lavorato di più a conoscere e a costruire il mondo, a rendere gli uomini di oggi e di domani più coscienti, più liberi, più felici? Non sono i comunisti che sono stati i più coraggiosi sia in Francia che in URSS o nella mia Spagna? Come avrei potuto esitare? La paura di impegnarmi? Ma io, al contrario, non mi sono mai sentito più libero, più completo! E poi avevo talmente fretta di ritrovare una patria: sono sempre stato un esiliato, ora non lo sono più. In attesa che la Spagna possa infine accogliermi, il Partito comunista francese mi ha aperto le braccia e io vi ho trovato tutti quelli che stimo di più, i più grandi scienziati, i più grandi poeti, e tutti quei volti d'insorti parigini così belli, che io ho visto nelle giornate d'agosto.
Sono di nuovo tra i miei fratelli!»
IL CORDOGLIO DEL PCI
Il messaggio di cordoglio di Luigi Longo, presidente e ex-segretario del Partito Comunista Italiano, leggendario comandante Gallo delle Brigate Internazionali durante la Guerra di Spagna e della Resistenza italiana, pubblicato il 9 aprile su L’Unità:
«Grande è il dolore per il lutto che colpisce i comunisti italiani, i comunisti di tutto il mondo e la cultura che in Pablo Picasso ha avuto un tipo nuovo, rivoluzionario, di artista umanista. Ma la ricchezza, la bellezza e la complessità stessa della sua opera sono tali che sovrastano la morte, costituiscono una seconda vita.
Dal 1944, quando Picasso aderì al Partito comunista francese, la sua vita e le sue idee di grande artista creatore si legarono profondamente alla vita, alle lotte e alle speranze dei comunisti e dei democratici in ogni dove. I comunisti italiani hanno sempre guardato con fierezza e commozione al compagno Picasso. Lo hanno sempre sentito come uno di loro, un artista che diceva la verità sulla vita, e spesso era una verità dura e drammatica, ma che riusciva a vedere e a far vedere anche la bellezza e la giovinezza dell'uomo e del mondo. I comunisti italiani hanno amato Picasso pittore di Guernica e della Spagna repubblicana, del Massacro in Corea, del grande monito dato all'umanità con la guerra e la pace. Hanno amato Picasso premio Lenin per la pace e la cui colomba ha portato ovunque la immagine delle lotte per la pace delle forze progressive di tutto il mondo.
Ma i comunisti sanno che già da prima la ricerca artistica di Picasso era sotto il segno dell'amore e della scoperta della vita e contro la abitudine e l'inerzia. Per decenni la sua ricerca ha progredito con una volontà di conoscenza e di immaginazione che è propria dei comunisti e delle loro lotte per una società nuova.
Picasso è entrato nella mente e nel cuore dei comunisti come l’artista rivoluzionario, come il pacifico creatore il quale, per necessità della storia e per la violenza del capitalismo e dell'imperialismo, deve dire cose terribili; ma, allo stesso tempo sa vedere e far vedere la bellezza di un mondo umano e pacifico.
Noi esprimiamo il nostro dolore profondo ai familiari del grande artista, ai compagni francesi e spagnoli a nome di tutti i comunisti e i democratici italiani. Abbiamo saputo che il compagno Picasso ha dipinto fino all’ultimo. II suo messaggio, ancora una volta, è un messaggio di giovinezza e di fiducia nel nuovo che avanza. Nelle menti dei comunisti italiani e di tutto il mondo Picasso lascia tante sue immagini di vita che cresceranno e contribuiranno a portare avanti lo spirito di conoscenza, creatore e costruttore, che è della classe operaia e del movimento comunista internazionale».
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[Nella foto la colomba della pace di Picasso nella versione del 1961]
 

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