di Umberto Marini

 

PERUGIA - La campagna elettorale è partita alla grande già da giorni. Come solito gli organi di informazione, con le Tv in prima fila, battono la grancassa ed offrono spazio e voce ad imbonitori e mestatori che fanno a gara a chi , impegnati con la “rete a strascico” con la speranza di colmarla, le spara più grosse.

Il nano Brunetta straparla sfoggiando la solita ironia pecoreccia da caserma (con quella statura l’avranno reso abile per il servizio militare?) che non suscita affatto ilarità ma solo sdegno e commiserazione, ce l’ha con tutti. Salva pochi “intimi” e naturalmente il grande capo, vittima della Magistratura rossa. Dei suoi ex “commilitoni” che recentemente hanno abbandonato il fu Popolo della Libertà (ma sembra che l’esodo ancora non sia concluso) ne dice peste e corna e li etichetta come “venduti” e “traditori”.

Ad onor del vero non ha del tutto torto. Serietà ed onestà intellettuale, se non addirittura gratitudine, vorrebbero che quanti lasciano il rassemblement politico dove hanno goduto e gozzovigliato per anni dovrebbero avere almeno la sensibilità di non rifugiarsi fra le braccia di altri leader ma abbandonare definitivamente la politica attiva. Questo imporrebbero correttezza, probità, integrità, dirittura morale, oltre a decenza e lealtà. Tutte peculiarità  che non hanno mai caratterizzano, salvo pochissime eccezioni, i politici del nostro Paese che fin troppo spesso hanno cambiato compagni di viaggio in piena corsa. Certuni li hanno abbandonati al loro destino anche in molteplici occasioni, rifugiandosi dove avevano annusato aria non sempre più salubre ma sicuramente più facile ad attivare traffici ed imbrogli vantaggiosi. Per amor di patria meglio non fare nomi. Almeno per ora. Il prossimo processo di Napoli ci darà conto di un bel lotto di questi  “saltatori di fossi” professionisti.

La filosofia e l’eticità personalissime che propugna Brunetta non gli hanno tuttavia impedito di  compiere in passato il salto della quaglia trasferendosi dalla “premiata ditta Craxi & Company” chiusa per fallimento, alla prima edizione di Forza Italia. Che non è stato propriamente il passaggio ad una aggregazione che basava la sua politica su idee e programmi socialdemocratici e liberali, ma il transito verso una congrega di ex di tutti (ex democristiani, socialisti, liberali, radicali, fascisti, più tante anime perse in cerca di avventure), massoni, piduisti e faccendieri. Un partito con caratteristiche padronali e lideriste guidato da un imprenditore di mano lesta in odore di fallimento che, in cerca di miglior fortuna andava raccontando che intendeva liberare gli italiani dai comunisti, quando il marxismo era già morto e seppellito da tempo.

Successivamente, dopo alcuni pericolosi “scivoloni”, essenzialmente per soffiare nuovamente fumo sugli occhi ai più sprovveduti, il padrone di quel “vapore” in avaria,  decise di cambiare nome alla sua creatura modificandolo in “Popolo della Libertà”. L’idea nacque nel tentativo di rifarsi una personale verginità morale e politica e per illudere i soliti gonzi che il suo procedere, sempre lontano dal soddisfacimento dei problemi dei più bisognosi e che sino ad allora aveva favorito prevalentemente il “capo” ed i suoi sodali, in gran parte colpiti da provvedimenti giudiziari, aveva impoverito il Paese. In effetti, quella compiuta dal duce di Arcore fu una operazione di solo facciata, una bella ideazione nominalistica ma non certo un fatto formale risultando un volgare raggiro, una sorta di maquillage che di fatto nulla cambiava. Del resto è solo utopistico pensare che cambiare nome possa produrre vantaggi e migliorie.

Anche il vecchio Pci, in più tempi, cambiò nome e logo più di una volta. Via la falce ed il martello che sono e restano necessari strumenti di lavoro per fabbri e contadini, ma che non giovarono alla causa. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Tra mille traversie, grossolani errori, mancanza di lungimiranza, qualche tradimento, colpevoli abbandoni, una bella dose di leggerezza ed un po’ di piacere masochistico, ora alla guida del partito che ha rappresentato la sinistra italiana c’è un giovanottello orgoglioso, ambizioso ed un po’ troppo autoritario del quale non si conosce molto se non le sue numerose ed ardite promesse. Secondo il politologo Alessandro Amadori il segretario del Pd è un “ermafrodita politico”. Forse la più calibrata definizione di Renzi è proprio questa del sociologo e ricercatore del Coesis. Per il momento di certo si sa soltanto che è  uno straordinario  attrattore di voti. Il che non guasta. Ma poi?

Sul fronte della destra c’è il ricordo bruciante degli impegni berlusconiani del “milione di posti di lavoro” e “meno tasse per tutti” che è quel che resta dell’ex “corrazzata” azzurra che attualmente imbarca acqua dalle vistose falle che la portano miseramente a fondo mentre dalle stive i “topi” si danno a precipitosa fuga in cerca di “zattere” sulle quali non troveranno accoglienza i più riottosi e compromessi con il loro passato e quindi destinati a scomparire fra i flutti. Il sicuro superstite da questo naufragio è certamente  il vecchio “Caimano” che grazie alla benevolenza di giudici in vena di eccessiva generosità ha subito la condanna a quattro  ore settimanali di affidamento ai servizi sociali in un istituto di ricovero per anziani a due passi da casa dove si presume, conoscendo la sua predilezione alla convenzionalità, che l’“assistenza” agli ospiti si limiterà alla banalità delle sue freddure, alla mediocrità delle sue facezie e sull’intrattenimento ricreativo.

L’altro “incomodo” rappresentato da Grillo è la vera incognita delle prossime elezioni. Per ora il vecchio comico ligure dimostra di essere come i cani delle aie contadine che abbaiano e non mordono. Questo leader ha idee molto confuse ed i suoi discepoli sono anche meno convincenti di lui. Fanno un gran chiasso ma poco costrutto. Lui di suo urla e sbraita illudendosi che la rabbia, la furia contro i poteri, le corruzioni, le meschinità, le arroganze, le inefficienze possono essere soddisfatte e sanate tramite le sue infuocate trasgressioni verbali. Affidandosi a questa illusoria strategia inganna tanta gente frastornata e delusa che dopo questo woodoo collettivo è convinta di poter risolvere i molti problemi che affliggono il nostro Paese. Francamente non sembra questa la terapia giusta, ma solo la strada più facile e breve all’illusione qualunquistica. Conoscendo di che pasta sono fatti gli italiani, questo lavacro di insulti e della cagnara che segue indirizzata a chi ha mandato il Paese in pezzi, non è da escludere che alla fine finisca per avvantaggiare proprio gli artefici di tanti danni.

Fra un mese i protagonisti di tanto “baccano” prenderanno atto del loro destino e si vedrà chi sarà costretto ad intonare il “De Profundis” e chi si affiderà al successo canoro di Edith Piaf “Je ne regrette rien” non avendo nulla da rimpiangere. E noi? Come al solito cornuti e mazziati? Il rischio c’è ed è grande. E forse non basterà toccare ferro.

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