di Giuseppe Buondonno

Spesso, troppo spesso, le parole nascon­dono i fatti e le inten­zioni. Qual­che volta, però, i fatti par­lano da soli e la loro forza comu­ni­ca­tiva rivela, in modo ine­qui­vo­ca­bile, con­te­nuti ed inten­zioni. A distanza di poche ore: a Fermo due lavo­ra­tori immi­grati, che da mesi aspet­ta­vano il giu­sto com­penso, ven­gono uccisi dal loro ex datore di lavoro in cir­co­stanze che, per carità, la Magi­stra­tura dovrà chia­rire; a Rovigo, sono morti quat­tro ope­rai, intos­si­cati dall’acido sol­fo­rico, con­ti­nuando una serie tra­gica che la gestione libe­ri­sta della crisi rischia di allungare.

Una gestione libe­ri­sta della crisi che con­si­dera i diritti — com­preso quello alla sicu­rezza e alla vita — un intral­cio alla produzione.

Il Governo Renzi, con un emen­da­mento — invece — chia­ris­simo, sce­glie la sostan­ziale abo­li­zione dell’articolo 18, in par­ti­co­lare, del diritto dei lavo­ra­tori al rein­te­gro in caso di vit­to­ria in sede giu­di­ziale; diritto che ver­rebbe, tanto per cam­biare, monetizzato.

Esi­ste una rela­zione diretta e con­se­guen­ziale tra que­sti fatti? Cer­ta­mente no. Esi­ste un rap­porto cul­tu­rale e poli­tico, un legame pro­fondo e ten­den­ziale, tra loro? Cer­ta­mente sì. Nel primo, dram­ma­tico, epi­so­dio — al di là delle dina­mi­che spe­ci­fi­che che, appunto, deb­bono essere chia­rite — in ogni caso, cioè anche nel caso in cui non si sia trat­tato solo di un atto cri­mi­nale di arro­ganza padro­nale e raz­zi­sta, ma anche di una fol­lia deter­mi­nata dalle reci­pro­che dispe­ra­zioni che una crisi come que­sta deter­mina — comun­que sono morti i lavo­ra­tori, sono morti coloro che riven­di­ca­vano il sala­rio; sono morti i più deboli. L’episodio di Rovigo ci ricorda che, nelle logi­che di que­sto capi­ta­li­smo, i diritti in tempo di crisi sono una varia­bile com­pri­mi­bile come i salari.

Il terzo fatto segnala, invece, la totale subal­ter­nità ideo­lo­gica, del governo e della parte deter­mi­nante del Pd, alla com­po­nente più retriva del padro­nato ita­liano e del capi­ta­li­smo libe­ri­sta euro­peo; se è vero, come è vero che per­sino Squinzi (che oggi sem­bra aver cam­biato idea) dichiarò la sostan­ziale inin­fluenza dell’articolo 18 rispetto ai pro­blemi occu­pa­zio­nali ed alle dif­fi­coltà delle imprese. Scelta vera­mente ideo­lo­gica, que­sta; ma non, per­ciò, priva di fina­lità e con­se­guenze con­crete. Per­ché, intanto, dice a quelle éli­tes politico-finanziarie: «Ecco, vedete? Siamo pronti a pas­sare sopra ai lavo­ra­tori e ai loro diritti; io, die­tro lo smalto abba­gliante dell’innovazione, sono in grado di fare ciò che una destra sene­scente non ha saputo fare». Il vero prag­ma­ti­smo ren­ziano non si eser­cita nella solu­zione dei pro­blemi reali del Paese, ma nell’accreditarsi come la bassa mano­va­lanza presso i padroni del vapore.

Il sot­tile, ma solido, filo che lega le due vicende, è dun­que — al di là della con­cre­tezza delle con­se­guenze — la visione cul­tu­rale secondo cui il lavoro è merce che si può usare e get­tare, il mes­sag­gio che si può cal­pe­stare chi è più debole, che i lavo­ra­tori sono oggi così iso­lati, che si può pro­ce­dere a ristrut­tu­ra­zioni ulte­riori degli equi­li­bri sociali ed isti­tu­zio­nali, sal­va­guar­dando i pri­vi­legi veri delle classi domi­nanti. Che, insomma, la demo­cra­zia reale è così fra­gile, che non è più un osta­colo ai dise­gni oli­gar­chici. È un mes­sag­gio molto pericoloso.

È impor­tante ed è ras­si­cu­rante che la Fiom e il sin­da­cato non arre­trino, per­ché in gioco non c’è un totem, ma la demo­cra­zia; ma, per lo stesso motivo, è urgente che si rico­strui­sca una sog­get­ti­vità poli­tica forte dei lavo­ra­tori; e que­sto non può farlo il sin­da­cato. Toc­che­rebbe a una sini­stra, final­mente unita, al di là delle appar­te­nenze ato­mi­sti­che. Que­sta sfida non è solo un peri­colo; è anche un’occasione deci­siva; per­ché i lavo­ra­tori sono l’anima di qua­lun­que sini­stra, ma sono anche l’asse por­tante della demo­cra­zia repubblicana.

Aggiungo una con­si­de­ra­zione: non sot­to­va­luto e non snobbo, l’opposizione della mino­ranza del Pd a que­sto decreto. Ma essa può pro­durre con­se­guenze reali solo se fa i conti con una domanda più di fondo: come si è arri­vati a tanto?

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