di Tommaso Nencioni

L’attuale clima inter­na­zio­nale pare par­ti­co­lar­mente pro­pi­zio alla ripresa di vigore, anche in Ita­lia, di una sini­stra di alter­na­tiva cre­di­bile e poten­zial­mente ege­mo­nica. Vicende a noi assai pros­sime, come quelle gre­che e spa­gnole, spin­gono in que­sta dire­zione. Al con­tempo, i modelli offerti dalla rina­scita socia­li­sta e popu­li­sta dell’America Latina comin­ciano a essere guar­dati con sem­pre meno sno­bi­smo e sem­pre più atten­zione anche in realtà come la nostra. Come se, in paral­lelo col degra­dare del Paese nel suo com­plesso a peri­fe­ria nelle gerar­chie del sistema-mondo attuale, la sini­stra ita­liana avver­tisse la neces­sità di un bagno di umiltà, di comin­ciare ad "abbe­ve­rarsi" a realtà in altre epo­che osser­vate con sprez­zante distacco. Ci si accorge, tra l’altro, che a sua volta la nuova ondata della sini­stra inter­na­zio­nale si avvale a piene mani della lezione del pen­siero cri­tico ita­liano, e in par­ti­co­lare di Anto­nio Gram­sci.

Con alcune ecce­zioni (buon ultimo Luciano Gal­lino, La Repub­blica, 16 dicem­bre), col­pi­sce tut­ta­via l’assenza da noi di una rifles­sione su una delle carat­te­ri­sti­che più visi­bili di que­sto pro­cesso di ristrut­tu­ra­zione della sini­stra di alter­na­tiva, e cioè il ruolo di forza trai­nante assunto dalle varie lea­der­ship. La ragione di que­sta rimo­zione ha le pro­prie radici nella sta­gione ber­lu­sco­niana appena con­clu­sasi: indi­vi­duando, giu­sta­mente, nel ber­lu­sco­ni­smo la nega­zione di tutti i prin­cipi e di tutte le prassi poli­ti­che ideal­mente appan­nag­gio della sini­stra, il per­so­na­li­smo, che del ber­lu­sco­ni­smo è stato strut­tura por­tante, è rifug­gito come ele­mento intrin­se­ca­mente nega­tivo. Ma, se l’espulsione del per­so­na­li­smo dall’arena poli­tica costi­tui­rebbe una ope­ra­zione in sé salu­tare, si corre il rischio di con­fon­dere per­so­na­li­smo e neces­sità di una lea­der­ship forte.

Un errore che il movi­mento ope­raio ita­liano si è sem­pre guar­dato bene dal com­piere. È stata piut­to­sto la Demo­cra­zia cri­stiana, nel corso della prima repub­blica, a scon­tare un forte defi­cit di guida cari­sma­tica. Paolo Bonomi, forse l’unico vero lea­der "popu­li­sta" della sto­ria Dc, è sem­pre stato guar­dato, nel suo par­tito, con (grata) dif­fi­denza. Non a caso il gruppo diri­gente doro­teo è stato dipinto da Piero Cra­veri un «con­do­mi­nio»; ed è stato facile iro­niz­zare sui Pic­coli, Storti e Mal­fatti che que­sto con­do­mi­nio si tro­va­rono ad ammi­ni­strare.

Lo stesso non può dirsi per i par­titi della sini­stra. Togliatti e Ber­lin­guer, Morandi e Nenni eser­ci­ta­rono una lea­der­ship cari­sma­tica sul movi­mento ope­raio, la cui forza con­tri­bui­sce, anche se solo in parte, a spie­gare quella delle orga­niz­za­zioni col­let­tive che si tro­va­rono a gui­dare. I fune­rali dei due lea­der comu­ni­sti, lungi dal rap­pre­sen­tare un epi­so­dio di stru­men­ta­liz­za­zione a fini di con­senso, rap­pre­sen­tano ancor oggi un momento insu­pe­rato di autoi­den­ti­fi­ca­zione col­let­tiva, come "popolo", di milioni di persone.

Biso­gna d’altro canto rico­no­scere che negli ultimi anni si è assi­stito ad un pro­li­fe­rare di "par­titi per­so­nali" subito eclis­sa­tisi assieme al lea­der di turno. Ma si deve fare atten­zione a non con­fon­dere lea­der­ship "media­tica" e lea­der­ship "popu­li­sta". La prima, pro­dotta dall’alto delle agen­zie pub­bli­ci­ta­rie e di son­daggi e senza anco­raggi col paese reale, asse­gna al «popolo» un ruolo del tutto pas­sivo, di frui­tore di un pro­dotto altrove con­fe­zio­nato. Il tele­spet­ta­tore, appunto. La lea­der­ship popu­li­sta, per sor­gere ed affer­marsi, ha biso­gno invece di alcune carat­te­ri­sti­che di natura imma­nente: una forte mobi­li­ta­zione dal basso; un comune sen­tire che si strut­tura attorno al lea­der, e una sua capa­cità di visione e di sin­tesi delle varie istanze popo­lari. Un "popolo" nasce, e si auto-identifica come tale, prima ancora che emerga il lea­der, con fun­zione di cata­liz­za­tore. Il "popolo" comu­ni­sta dei fune­rali di Togliatti, ad esem­pio.

Al di là delle appa­renze, dun­que, l’emergere della lea­der­ship popu­li­sta, a dif­fe­renza di quella media­tica, è sem­pre un pro­cesso col­let­tivo. Non è un caso che, nelle realtà con­tem­po­ra­nee cui si accen­nava all’inizio, l’affermarsi di una nuova lea­der­ship è sem­pre andato di pari passo con lo strut­tu­rarsi di sog­getti col­let­tivi e l’emergere di nuovi gruppi diri­genti. In alcuni casi (PT bra­si­liano, Syriza), sog­getti col­let­tivi pre-esistenti sono stati raf­for­zati; in altri (Pode­mos, Frente para la Vic­to­ria in Argen­tina) movi­mento popo­lare e lea­der­ship sono cre­sciuti in paral­lelo; in altri ancora (Psu Vene­zue­lano) il par­tito è stato creato in seguito alla presa del potere, a cer­ti­fi­care che, senza una rap­pre­sen­tanza sta­bile degli inte­ressi orga­niz­zati, la lotta ege­mo­nica rimane zoppa ed espo­sta a retro­cessi improvvisi.

Non è un caso, tor­nando all’Italia, che la crisi dei sog­getti poli­tici col­let­tivi della sini­stra di alter­na­tiva sia stata accom­pa­gnata, e faci­li­tata, (anche) da un vuoto di lea­der­ship, venu­tosi a creare ormai trent’anni fa con la scom­parsa di Ber­lin­guer. Per que­sto dovrebbe essere chiaro che la ristrut­tu­ra­zione di un sog­getto col­let­tivo forte, e l’individuazione di una lea­der­ship dotata di un’altrettanto forte capa­cità di dire­zione, lungi dall’entrare in con­trad­di­zione, costi­tui­scono com­piti impre­scin­di­bili al fine di pre­sen­tare un’alternativa di sini­stra cre­di­bile e poten­zial­mente ege­mo­nica anche nel nostro Paese.

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