Il testo sulla dif­fa­ma­zione è in terza let­tura alla Camera dei depu­tati. Si è detto da più parti che l’attuale arti­co­lato ha biso­gno di una revi­sione – dal mec­ca­ni­smo della ret­ti­fica, all’entità delle san­zioni pecu­nia­rie, all’annoso tema delle que­rele teme­ra­rie, alla spe­ci­fi­cità solo par­zial­mente rico­no­sciuta dei blog — ma è ormai almeno con­di­visa l’abolizione del car­cere. In un qua­dro cer­ta­mente più disteso rispetto all’omologo dibat­tito della pas­sata legislatura.

Allora, in con­tro­luce, si sta­gliava il caso di Ales­san­dro Sal­lu­sti, che si voleva sal­vare da un’ingiusta deten­zione. Le liti che accom­pa­gna­rono il dibat­tito segna­la­vano l’arretratezza di molte com­po­nenti del ceto poli­tico nell’affrontare il pro­blema. Tut­ta­via, il caso pro­vocò un posi­tivo clima di opi­nione e non man­ca­rono mani­fe­sta­zioni pub­bli­che. A coro­nare la mobi­li­ta­zione arrivò la gra­zia con­cessa dall’allora Pre­si­dente Napolitano. Se il car­cere è stato defi­ni­ti­va­mente abo­lito da ogni pre­vi­sione nor­ma­tiva in fieri, para­dos­sal­mente sta pas­sando sotto silen­zio l’imminente misura cau­te­lare a carico di Anto­nio Cipriani.

Si tratta di un valente pro­fes­sio­ni­sta, assente dai talk show e quindi estra­neo alla ceri­mo­nia media­tica. Ma non certo meno meri­te­vole di una bat­tente ini­zia­tiva demo­cra­tica. L’appello – che sicu­ra­mente sarà fatto pro­prio dagli orga­ni­smi di cate­go­ria e non solo — inter­pella le coscienze e, ovvia­mente, andrà indi­riz­zato al nuovo Pre­si­dente Mat­ta­rella. Nes­suna pres­sione inde­bita, ma una valu­ta­zione sul carat­tere ine­guale del diritto. Atten­zione. L’Italia è in caduta libera (65° posto secondo Free­dom House) nelle clas­si­fi­che sulla libertà di infor­ma­zione anche per­ché tut­tora esi­ste nell’ordinamento ita­liano la pre­vi­sione del carcere.

Anto­nio Cipriani, diret­tore di Glo​ba​list​.it, ha lavo­rato a l’Unità per diversi anni ed è stato il respon­sa­bile del quo­ti­diano E Polis, dove ha col­le­zio­nato que­rele in quan­tità, fino alla con­danna «alle sbarre» com­mi­nata dal tri­bu­nale di Ori­stano. Tren­ta­quat­tro pro­cessi a carico del diret­tore, visto che la società edi­trice fallì tra debiti e accuse di ban­ca­rotta. Insomma, non deve finire così, se esi­ste una giu­sti­zia giusta.

Il caso di Anto­nio Cipriani è solo la punta dell’iceberg.

La Fede­ra­zione della stampa ha pochi giorni fa rac­colto dall’oblio il caso de l’Unità (a sua volta né unico né iso­lato: pure il mani­fe­sto ha ferite al riguardo, come sva­riate altre testate). Dopo la messa in liqui­da­zione della Nuova Ini­zia­tiva Edi­to­riale nel giu­gno del 2014, sono 27 tra ex diret­tori (Con­cita De Gre­go­rio ha subito pigno­ra­menti) e gior­na­li­sti a dover pagare il conto delle decine di que­rele. Si tratta di richie­ste di risar­ci­menti per oltre 500mila euro. E mezza doz­zina sono già prov­ve­di­menti esecutivi.

Il Par­tito demo­cra­tico che – si è appreso dall’effi­cace pun­tata di Report della scorsa dome­nica — aveva un ruolo deter­mi­nante in base ad un patto para­so­ciale ha l’obbligo morale di inter­ve­nire. In vari modi, tra cui un emen­da­mento imme­diato, volto a inse­rire i costi delle que­rele nelle pro­ce­dure fal­li­men­tari. Lo stesso mini­stro Orlando è sem­brato inte­res­sato ed aperto. Come è urgente costi­tuire – a cura degli edi­tori e della Pre­si­denza del con­si­glio — uno spe­ci­fico Fondo di solidarietà.

Insomma, l’informazione è pro­prio a rischio (per non dire dell’assurda esi­guità del Fondo ordi­na­rio per l’editoria) e i buchi aperti dalle vicende isti­tu­zio­nali diven­tano crepe se l’articolo 21 della Costi­tu­zione viene così abrogato.

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