E’ in libreria “Il cannone sepolto” l’ultimo libro di Gian Filippo Della Croce, un romanzo che è nello stesso tempo corale per le numerose vicende che in esso si intrecciano e si svolgono e un viaggio in un’epoca che per certi versi ci ricorda ciò che stiamo vivendo: la paura della guerra totale, lo scontro incredibile fra democrazie e totalitarismi, all’ombra delle grandi ideologie del “secolo breve” ma che pare non debba mai finire. Siamo alla fine degli anni ’30 del secolo scorso in una città Terni che è il simbolo, della industrializzazione fascista, e la cui immagine è legata soprattutto alle grandi acciaierie fornitrici principali dell‘armamento pesante dell’esercito e della marina. Da qui uscivano i grandi cannoni per la flotta che avrebbe dovuto dominare il Mediterraneo e porsi come alternativa alla preponderante flotta inglese padrona dei mari, qui nascevano le pesanti corazze che fasciavano quegli scafi per renderli impenetrabili ai proiettili avversari, qui il regime aveva realizzato il modello ideale di “città fabbrica” dando a quest’ultima la piena centralità di dominio sul territorio e suoi abitanti. In questo scenario storia e letteratura, testimonianze e creatività si incrociano per costruire un’architettura letteraria di grande fascino che conduce il lettore attraverso percorsi inusitati e permeati di realismo politico, quello che praticano un gruppo di lavoratori delle acciaierie ai quali è stato affidato la fase finale della costruzione di un supercannone che Mussolini vuole costruire per non essere inferiore al suo alleato Hitler già possessore del “grande Gustav”, un supercannone prodotto dalle acciaierie Krupp. Sono antifascisti e vengono investiti dalla resistenza clandestina del compito di sabotare la realizzazione della grande arma. Il loro tentativo non sarà facile ne privo di contraddizioni che emergono fra loro stessi nei confronti di un conflitto sotterraneo che emergerà in tutta la sua  rudezza con il potere aziendale. Parallelamente la città dei cannoni è spiata e studiata da inglesi e tedeschi interessati per opposte ragioni alla costruzione della superarma. Vicende umane e politiche si intrecciano intorno a lui, al cannone, un simbolo per tutte le forze in campo, per il fascismo che intende affermare con la sua costruzione il suo ideale di potenza e per l’antifascismo che con la sua distruzione vuole affermare il contrario, nello scenario di una città orgogliosa di accogliere la visita del duce nella stagione delle leggi razziali. Il finale, che non è una fine della storia (quella con la esse maiuscola) è tutto da scoprire.

Alcune domande all’autore:
Nel nuovo millennio, nell’era digitale e globale, il romanzo ha perso senso?
Il romanzo è ancora più importante oggi, leggere significa intendere la letteratura come una cura per superare lutti e conflitti, coltivare la memoria e alimentare desideri e passioni, insomma essere umani, in questo momento c’è sempre più bisogno di buoni romanzi
Il suo è un romanzo dove l’intreccio tra storia e letteratura è costante
Sì sono convinto che la storia non significa solo il passato, è la base che sta sotto l’idea di chi siamo oggi e quindi abbiamo la responsabilità di confrontarci con essa a partire dalla letteratura.
C’è un filo rosso da evidenziare?
Victor Hugo ha detto che la libertà inizia dove finisce l’ignoranza, cosa saremmo noi senza una consapevolezza di quello che è accaduto prima, di quello che non esiste più nei fatti? Con la conoscenza si può ritrovare in un angolo die nostri cuori, chi controlla il passato controlla il futuro e chi controlla il presente controlla il passato, l’ha detto Orwell, questo è il filo rosso del romanzo.

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