Da più parti, da ultimo Confindustria Umbria, si evoca una ripresa che già sarebbe in atto.

Purtroppo una crescita dell'economia e soprattutto dell'occupazione anche in Umbria è smentita dai fatti.

Alcuni esempi recenti.

 

Nella giornata di ieri, martedi 20, la Fiom Cgil di Perugia ha organizzato una conferenza stampa sulla vicenda ex Merloni, dove è stato ribadito che ci sono 350 lavoratori della J.P Industries che vivono in assenza di prospettive, che altri 120 hanno terminato la mobilità e sono senza alcun reddito dal 13 ottobre, mentre i restanti operai della ex Merloni si vedono decurtare l'assegno di mobilità del 20% alla stessa data. La situazione della fascia appenninica è quindi sempre più drammatica.

 

 

Il bilancio sociale Inps presentato nei giorni scorsi ci dice che in Italia un pensionato su due (42,5%) vive con meno di 1.000 euro al mese e il 12,2% sta addirittura sotto i 500 euro. In Umbria la situazione sale rispettivamente al 44% e al 13,1%.

 

Qualcuno sostiene che, però, l'occupazione sta crescendo. Ma i dati reali ci ricordano che è stato incentivato solo il lavoro precario e instabile. Nel 2015 c'è stata un'esplosione nella vendita di voucher: più di 71 milioni di euro. In Umbria 1 milione. Il voucher è una forma di remunerazione della prestazione lavorativa basata sulla saltuarietà e sulla occasionalità. Il punto è che questo boom dimostra proprio che la precarietà diventa di fatto strutturale e che quindi ci troviamo di fronte ad una deformazione del mercato del lavoro in cui il contratto a tempo indeterminato è sempre di più una rarità (rara avis). Tra l'altro è bene che si sappia che il voucher cancella qualsiasi forma di ammortizzatori sociali e previdenziali.

 

Settori fondamentali come quello dell'edilizia hanno visto calare in Umbria, nell'arco temporale 2008-2015 , gli occupati da circa 23.000 a poco più di 9.000.

Anche tutti questi dati dimostrano quindi che le macerie della crisi in Umbria non si rimuovono con una politica di pannicelli caldi e di rattoppi, né tantomeno con i facili ottimismi.

Occorre invece concentrare le risorse sulla creazione di lavoro attraverso un vero e proprio piano regionale finalizzando, su questo versante, anche le risorse dei fondi europei. E soprattutto c'è da impegnarsi, a tutti i livelli, per cambiare la politica nazionale ed europea che è oggi tutta basata sull'austerità e che, di conseguenza, produce solo grandi ingiustizie, squilibri e diseguaglianze

Da qui bisogna ripartire se veramente si vuole passare dalla fase delle chiacchiere inutili ai fatti concreti.

Mario Bravi

 

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