L'Umbria cresce più di tutti, così trionfalmente titola la prima pagina del Corriere dell'Umbria di mercoledì 5 giugno e, si sottolinea nell'articolo, a certificare questo risultato non è un istituto di ricerca qualsiasi ma l'Istat, l'Istituto centrale di statistica. Bene...bene, peccato che si tratti di (vogliamo esser buoni) un abbaglio di apprendisti stregoni della statistica o, se vogliamo essere maliziosi, una mezza imprudente bufala.
Come stanno i fatti. Gli ultimi dati diffusi dall'Istat sull'andamento dell'economia italiana disaggregati territorialmente (comunicato stampa del3 luglio) riportano la stima preliminare del Pil e dell'occupazione territoriale per il 2022 a livello dei quattro macro aggregati, ovvero Nord-ovest, Nord-est, Centro e Mezzogiorno. Da questi dati emerge che l'aggregato Centro, che comprende Toscana, Lazio, Marche ed Umbria, nel 2022 presenterebbe (condizionale d'obbligo trattandosi di stime preliminari in attesa dei dati definitivi) del 4,1%, rispetto al 4,2% del Nord-est, il 3,1% del
Nord-ovest, il 3,5% del Mezzogiorno e il 3,7% della media nazionale. In questo contesto il complesso delle regioni del Centro, che per altro nel 2020 e nel 2021 avevano realizzato tra le peggiori performance a livello nazionale, mostrano, assieme a quelle di tutto il Nord-est, di essere relativamente le più dinamiche rispetto alle altre aree del paese, al punto che l'Istat commentando questi risultati parla di “consolidamento della ripresa post pandemica”.
Attenzione (e qui sta l'inghippo) la crescita del 4,1% viene realizzata dal complesso di tutte le regioni dell'area, di conseguenza traslare questa variazione (+4,1%) all'Umbria, che, per altro, contribuisce solo per il 6 per cento alla formazione del Pil di tutta l'area, francamente è un'operazione che non sta né in cielo né in terra, un funambolico arrampicarsi sugli specchi la cui aleatorietà è del tutto evidente (e qui non vogliamo citare l'abusato aforisma trilussiano su polli estatistica).
Per non parlare poi dei commenti che da tali, errati, presupposti si fanno discendere in termini di esaltazione dell'operato del governo regionale che ha salvato l'Umbria dalla catastrofe.
Purtroppo, con buona pace dell'articolista del Corriere dell'Umbria, le cose stanno in maniera decisamente diversa. Al momento l'unico dato certificato Istat è quello relativo al 2021, che per l'Umbria segnalano un + 6,7%, risultato sicuramente positivo ma sul quale pesa il pesante fardello accumulatosi non solo nel biennio antecedente, quanto nel lungo periodo tra il 2007 ed il 2021 di oltre 15 punti percentuali. Per il 2022 e per la prima parte del 2023, tutti gli istituti di ricerca, da Prometeia allo Studio Sintesi, al Cgia di Mestre, al Cresme, per ultima la stessa Banca d'Italia (il cui rapporto va letto per intero non solo le prime righe, come ha fatto qualche giornale locale), confermano per l'economia umbra una situazioni di grave difficoltà, per cui “siamo sempre più vicini ai colori del Mezzogiorno che a quelli della Terza Italia”, come si sottolinea nel citato rapporto Cresme.

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