di Armando Allegretti

PERUGIA - God save the Queen, Dio salvi la Regina, recita l’inno nazionale britannico. Ma ora è davvero il caso di dire Dio salvi l’edilizia residenziale pubblica. Certo. Perché i canoni dell’Ater rischiano di aumentate. E la colpa è dell’Imu, la cosiddetta imposta municipale pubblica, il nuovo balzello inserito nella manovra Salva Italia dal Governo Monti. Infatti differentemente dall’Ici, l’Imu ricadrebbe anche sul patrimonio residenziale pubblico.

Una mazzata vera e propria per l’Ater che rischia di dover pagare cifre esorbitanti con la conseguenza di dover aumentare i canoni dei circa 10mila alloggi sul territorio umbro.
Per capire meglio come sta la situazione e cosa dobbiamo aspettarci dall’introduzione dell’Imu, Umbrialeft ha raggiunto il Presidente dell’Ater, il Dott. Alessandro Almadori che ci ha fornito delle spiegazioni e ci ha presentato un quadro generale della “salute” dell’Ente.

“La questione dell’Imu – ci dice Almadori - è solo l’ultimo dei problemi della mancanza di risorse di questo ente ed è probabile che se tutto resta come ce lo stanno prospettando, si tratterebbe di un’imposizione di tasse eccessiva per il sistema dell’edilizia residenziale pubblica che porta di fatto ad un sostanziale disinvestimento nei confronti dell’edilizia residenziale pubblica stessa”.
Tutto ciò si ripercuote anche sulle Regioni, come l’Umbria “che altrettanto risente della mancanza di trasferimenti da parte dello Stato, e pertanto anche per la Regione è diventato difficile investire nell’edilizia residenziale pubblica”.

L’azienda come sta vivendo questo periodo di crisi?
“Ci troviamo - continua il presidente Almadori - in un momento in cui dobbiamo riflettere sulle modalità con cui l’Ater può, innanzitutto autosostenersi, sulla manutenzione degli alloggi esistenti, poichè gran parte del patrimonio è ‘datato’ quindi se si invecchia bisogna necessariamente intervenire con la manutenzione”.
Il problema rimangono i finanziamenti: “Più passa il tempo, meno finanziamenti ci sono, e meno capacità c’è da parte dell’Ater di intervenire anche sulle imposte che ci sono da pagare come ad esempio l’Imu, somme che se ne vanno e che vanno ad essere sottratte dal budget stabilito per gli interventi”.

Come si è mossa l’Ater per cercare di risolvere o quantomeno arginare il problema?
“Quello che abbiamo fatto è stato innanzitutto intervenire come Federcasa (organismo nazionale che raggruppa tutti gli ex Iacp, di cui Alessandro Almadori fa parte della Giunta esecutiva n.d.r) che in un panorama così variegato si è mossa per attivare tutti i possibili canali con il Governo riguardo appunto alla questione dell’Imu che per noi rappresenta una possibilità di investimento in manutenzione straordinaria. A un certo punto, sembra che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, proponesse l’esenzione totale dall’Imu per le aziende che si occupano di edilizia residenziale pubblica ma probabilmente, a conti fatti, non è stato possibile agire in tal senso. Quindi Federcasa, poiché sembrava che all’inizio ci fosse la possibilità di fissare l’aliquota intorno allo 0,4% ad alloggio, si è mossa per attivare ulteriori canali con il Ministero, ma anche ciò sembra non sia possibile".

Al momento com’è la situazione?
“Di fatto ci troviamo di fronte alla possibilità dei Comuni di applicare un’aliquota sull’edilizia residenziale pubblica che può variare dallo 0,4 allo 0,76% che per noi costituisce un grossissimo sborso di risorse”. Ricordiamo anche che il Ministero aveva ipotizzato l’esenzione dall’Imu, quindi il corrispettivo di questa esenzione poteva essere utilizzato per la riqualificazione energetica degli edifici e per la manutenzione straordinaria degli stessi. “Questo avrebbe significato – sottolinea il presidente dell’Ater - centrare un grande obiettivo per l’azienda perché ci permetteva di aumentare il budget a disposizione per la manutenzione straordinaria e di raggiungere obiettivi anche a livello europeo”.

Veniamo ai numeri, quanti alloggi sono presenti in Umbria?
“In Umbria ci sono circa 10mila alloggi, esistono due tipi di locazioni, quelle cosiddette a canone sociale, per i quali le assegnazioni vengono fatte dalle amministrazioni locali, e queste vengono realizzate con interventi della Regione, in cui noi partecipiamo con una piccola somma, intorno al 10%. Per quanto riguarda l’altra parte del patrimonio, quello realizzato con circa il 50% con fondi regionali e circa il 50% con fondi dell’azienda, l’Ater gestisce direttamente i bandi dell’assegnazione degli alloggi e viene stilata una graduatoria per l’assegnazione degli stessi”.

L’inserimento dell’Imu sull’edilizia residenziale pubblica comporterebbe un aumento di canoni di affitto…
“Al momento si parla di affitti piuttosto bassi, che vanno dai 35-40 euro e a seconda dei redditi si va a salire, parliamo di un affitto medio che sta intorno ai 100 euro. Di fatto, al momento, il livello degli affitti non è così elevato e un leggero ritocco degli affitti per le fasce più alte è ipotizzabile. Questo potrebbe avvenire attraverso la nuova legge, nella quale si prevede ad esempio l’introduzione del modello Isee. Di fatto noi non possiamo intervenire come Ater sull’aumento dei canoni di locazione, dovrebbe farlo la Regione, ed era una delle cose che noi auspicavamo, e cioè una revisione della legge 23, infatti spingevamo anche verso l’adeguamento dei canoni che sono fermi da 15 anni”.

Veniamo all’azienda, come sta l’Ater?
“Il bilancio dell’azienda ad oggi fortunatamente è in attivo, quello che ci preoccupa è il futuro”. In effetti con l’inserimento dell’Imu sulle case popolari il bilancio dell’azienda ne risentirebbe arrivando anche ad un bilancio passivo. “Ci preoccupa - continua - soprattutto la possibilità di agire da parte dell’ente per la creazione di nuovi alloggi, perché se non arrivano i finanziamenti da parte della Regione, noi di fatto siamo fermi e poco possiamo fare per quanto riguarda le realizzazioni in autonomia, perché i soldi che gestiamo, che provengono dagli affitti, servono in parte per il funzionamento dell’azienda stessa, per la manutenzione e per tutte le altre incombenze. Più tassazione c’è e meno riusciamo ad intervenire nei confronti della manutenzione ed eventualmente delle nuove realizzazioni”.

Un’azienda all’avanguardia: “La regione Umbria - sottolinea Almadori - si è attivata per accorpare l’Ater Perugia e l’Ater Terni, creando un nuovo ente, intanto cercando di razionalizzare le spese, e poi per farlo funzionare al meglio. E questo, in qualche modo è avvenuto perché con l’unione delle migliori esperienze fra le due sedi si è arrivati ad un’azienda che è più performante anche per quanto riguarda l’innovazione e la bontà delle realizzazioni”. “L’obiettivo di questa presidenza e del consiglio di amministrazione è che si possano realizzare strutture che possano coinvolgere la qualità dell’abitare: nello specifico riguarda la qualità architettonica da un lato e l’efficienze energetica e la sostenibilità ambientale dall’altro, senza tralasciare il piano sociale degli interventi, che potrebbero anche portare al cosiddetto ‘cohousing’. Importante è anche l’attenzione alla localizzazione degli interventi, in modo da non scegliere zone periferiche come è stato fatto in passato e che gli interventi possano essere rivolti per la maggior parte, quando è possibile, alla riqualificazione di edifici esistenti.

Edilizia Residenziale pubblica a rischio sopravvivenza? Si spera di no, anche se la mazzata dell’Imu potrebbe gravare in modo estremamente duro sul bilancio dell’ente. In attesa delle decisioni del Governo la certezza rimane una sola: “rinunciare all’edilizia residenziale pubblica – conclude Alessandro Almadori - significherebbe perdere l’opportunità di migliorare la qualità dell’abitare. Il problema è capire cosa si vuole fare dell’edilizia residenziale pubblica, arriverà il momento in cui si dovrà decidere se si punta su uno dei pilastri del welfare. In questo momento, a causa dei governi che si sono susseguiti negli anni, l’edilizia residenziale pubblica non è più stata considerata una priorità. Il Governo Berlusconi ricordava che l’80% della popolazione italiana è proprietaria degli alloggi ma non dimentichiamo che c’è comunque il restante 20%. Bisogna capire se la questione casa viene considerata come un diritto.”


 

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