Di Armando Allegretti

PROCIDA - Era l’8 febbraio 2011 quando la nave petroliera “Savina Caylyn” venne attaccata da un gruppo di pirati somali che sotto la minaccia di arme automatiche sequestrarono l’intero equipaggio della nave dell'armatore Fratelli D'Amato di Napoli.
Da allora, da 197 giorni, 5 italiani e 17 indiani presenti sull’imbarcazione “Savina Caylyn”, sono ancora nelle mani dei pirati somali. Da allora, eccetto qualche notizia pubblicata da giornali e qualche servizio televisivo, nient’altro.

Da allora è calato il silenzio sulla vicenda, dalle poche indiscrezioni si sa che la petroliera e i suoi 22 uomini di equipaggio sarebbe nelle acque somale, a ridosso della costa nei pressi della "tortuga" di Harardere dove sono all'ancora almeno un'altra dozzina di navi sequestrate. L'arrivo della Savina Caylyn nella base dei pirati renderebbe più complicata l'esecuzione di un blitz per liberare nave ed equipaggio per il quale le condizioni ideali si erano verificate nei primi giorni del squestro, quando la nave era in alto mare con solo cinque pirati a bordo. Troppo pochi per controllare un tanker grande quanto una portaerei con le sue 105 mila tonnellate di stazza e i 266 metri di lunghezza.
Fatto sta che da allora non se n’è più parlato e sei mesi dopo il sequestro della petroliera italiana "Savina Caylyn", la situazione sembra essere ancora in uno stallo imbarazzante per il governo italiano, ma a ravvivare l'interesse per la vicenda, che la richiesta di silenzio stampa dei ministeri di Esteri e Difesa ha cercato in questi mesi di mantenere a basso profilo sono state le 5 foto choc pubblicate su “Il Mattino” del 9 agosto scorso.

Le foto in questione ritraggono i membri dell'equipaggio legati e con i mitra puntati addosso dai sequestratori con il volto coperto dalla kefiah e con la cartucciera intorno al collo. Ed è stata subito polemica.
Al di là degli impegni di massima non pare che i risultati siano stati molto incoraggianti. La Farnesina, che anche in passato ha sempre negato il pagamento di riscatti, ha chiesto ai famigliari dei marinai sequestrati di non parlare con i giornalisti ma il silenzio stampa sembra essere più utile a nascondere l'imbarazzo del governo che alla liberazione di navi ed equipaggi. Basti pensare che dove i media si occupano delle navi e dei marinai in mano ai pirati i sequestri non durano più di due mesi. Per l'Italia, dove si ordina il silenzio stampa, non meno di sei.

Dall’inizio della vicenda in molti si sono preoccupati di trovare una soluzione per riportare a casa la “Savina Caylyn”, molte le associazioni nate per far sentire la propria voce e per rompere il silenzio ordinato dal Governo italiano, una su tutte l’associazione Liberi Subito che dal giorno del sequestro e per tutti questi mesi ha alzato la voce per richiamare l’attenzione delle Autorità e per non rischiare che la questione finisca nel dimenticatoio.

L’ultima iniziativa del comitato, in ordine di tempo, c’è stata sabato sera a Procida, ed Umbrialeft era li per raccontarvelo. L’intera isola si è stretta attorno alle famiglie dei quattro marittimi sequestrati da mesi, a bordo della petroliera “Savina Caylin”. Un lungo corteo, infatti, ha attraversato le strette e suggestive stradine dell'isola di Procida al grido di “Liberi, Subito!”. In strada, secondo gli organizzatori, sono scese circa cinquemila persone. Quattro i chilometri di marcia percorsi da Marina Grande fino alla Marina della Chiaiolella: sono i luoghi simbolo della più piccola isola del golfo di Napoli.

Quello di sabato sera è stato il terzo appuntamento in poco più di dieci giorni che i procidani, coordinati dal comitato “Liberi Subito” si sono dati. Dopo una manifestazione partecipatissima che ha bloccato simbolicamente per qualche minuto tutti i traghetti diretti ad Ischia e a Napoli, dopo una sfilata di oltre 200 barche che ha fatto il giro delle isole del golfo, sabato è stata la volta di una fiaccolata. In piazza marina Grande, di fronte la chiesa della Stella Maris, hanno cominciato ad affluire le famiglie isolane, ma anche centinaia di turisti.

Da quando le famiglie di Giuseppe Lubrano Lavadera e di Crescenzo Guardascione, i due marinai imbarcati sulla Savina Caylyn, hanno deciso di interrompere il silenzio stampa imposto dalla Farnesina, è partita una commovente mobilitazione popolare. Non erano presenti in piazza, invece, i familiari degli altri due marinai procidani rapiti: vincenzo Ambrosino e Gennaro Odoaldo imbarcati sulla Rosalia D’Amato. Loro, infatti, non vogliono mettersi in conflitto con la esplicita richiesta del Ministero degli Esteri.

Luca Palumbo e Manuela Intartaglia, del comitato liberi Subito, spiegano le cose fatte in queste settimane, ma è visibile la delusione e l’amarezza per i pochi risultati raggiunti: “il comitato è nato per rompere il silenzio, per mantenere alta l’attenzione sul caso” dicono “oggi siamo convinti che il governo vada messo un pò sotto pressione perché negli ultimi sei mesi, tranne qualche dichiarazione generica, non è successo un bel niente.”

Da quello che si sa, ci sono state due interrogazioni parlamentari, una di Muro (fli) procidano, l’altra di Luisa Bossa (pd), a cui Frattini ha risposto che stanno monitorando l’area attraverso l’Andrea Doria e che esclude operazioni militari perchè nelle condizioni attuali sarebbero rischiose per l’incolumità dell’equipaggio.
Nient’altro, il comitato e i procidani non sanno nient’altro. Un nostro amico, Michele D’ambra (autore anche delle foto pubblicate) riesco a parlare con la mamma e la sorella di Crescenzo Guardascione: “l’Italia non può pagare riscatti ne trattare con organizzazioni criminali per accordi internazionali sottoscritti anni fa – riesce a sapere - Il problema è che la Somalia è un paese praticamente privo di governo e di istituzioni. Quindi, di fatto, non si sa con chi parlare. La Boniver è stata due volte lì, ma è tornata con un nulla di fatto”.

Da quello che si riesce a capire emerge un paradosso: la trattativa la può fare l’armatore ma non il governo. Un problema internazionale così delicato è nelle mani di un privato, che oltretutto non è assicurato per casi di sequestro (per 150 milioni di euro, ma non per i danni provocati da azioni di pirateria) e quindi non ha nessun interesse a pagare la cifra richiesta (14 milioni di euro solo per il rilascio della Savina).
Le famiglie dei marinai non sono seguite da legali ma , ad oggi, si sono affidate solo al ministero. Nemmeno loro, insomma, hanno elementi. Non resta che la speranza che si possano accendere finalmente i riflettori su questa vicenda e chi di dovere prenda una posizione a riguardo.
Così alle iniziative organizzate fino ad oggi si aggiungono l’incontro col presidente della repubblica a giorni, la partecipazione di una delegazione alle giornate mondiali della gioventù a Madrid, un secondo corteo il 24 agosto per le strade dell’isola, un consiglio comunale straordinario il 30 agosto, alla presenza delle istituzioni provinciali e regionali.

Inoltre dal 3 settembre “Liberi Subito” ha intenzione di organizzare un presidio a Montecitorio perché ritengono importante che le iniziative escano dal territorio di Procida e arrivino fino a Roma.
Il 10 settembre, inoltre, i comuni dei marinai coinvolti nel sequestro, hanno indetto una manifestazione a Roma a cui si chiede la mobilitazione del maggior numero di persone sensibili alla vicenda. 

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