Rapporto Mediacom043 sul gravissimo ‘buco generazionale’ che si è venuto a creare in Italia dal 2002 ad oggi (con una forte accelerazione nell’ultimo decennio) in conseguenza della sparizione di quasi un quarto dei giovani tra 25 e 40 anni, la cui consistenza è fondamentale per il futuro socio-economico del Paese. Il Rapporto presenta i dati nazionali, delle circoscrizioni territoriale e della regioni, con in aggiunta un Focus speciale dell’Umbria, dove si presentano due anomalie e dove la situazione è letteralmente drammatica in provincia di Terni. In Italia, tra denatalità ed emigrazione all’estero, i giovani sono ormai diventati ‘merce rara’. E in alcune regioni italiane rarissima. I dati che lo dimostrano e come si è arrivati a questo punto.

Mediacom043, diretta da Giuseppe Castellini, ha sistematizzato i dati Istat relativi all’andamento demografico in Italia, nelle regioni e nelle circoscrizioni territoriali, concentrandosi sulla fascia d’età 25-40 anni, quella ritenuta dagli studiosi ‘cruciale’ per lo sviluppo e la crescita socio-economica.

Al presente Rapporto Mediacom043 sono allegate quattro tabelle.

 

Il Rapporto in pillole

Il crollo del numero dei ‘giovani’ tra 25 e 40 anni in Italia e nelle sue regioni dal 2002 al 2019. Un ‘buco generazionale’ che pone una seria ipoteca su crescita e benessere socio-economico. Situazione allarmante, perché la fascia d’età 25-40 anni è scesa sotto il 20% rispetto alla popolazione totale e la soglia del 20% è quella ritenuta ‘critica’, nel senso che sotto tale soglia l’ipoteca sul futuro socio-economico di un Paese si fa particolarmente pesante.

Negli ultimi 10 anni, dal 2009 al 2019, il ‘buco generazionale’ nella fascia di età 25-40 anni, ritenuta dagli studiosi cruciale per la crescita e lo sviluppo socio-economico, in Italia è diventata una voragine. La situazione è allarmante, ponendo una seria ipoteca sul futuro economico e sociale del Paese. Nell’ultimo decennio, infatti, questa fascia d’età è passata in Italia (vedere Tabella 1) da 13.721.982 persone a 11.102.995 (-2.618.987), con calo del 19,1%. In altre parole, è sparito un quinto dei giovani tra 25 e 40 anni. E il peso di questa fascia di età cruciale sul totale della popolazione è sceso, nell’ultimo decennio (Tabella 3), dal 22,9% al 18,4%.

Numeri ancora più pesanti se si guarda all’ultimo ventennio o quasi, dal 2002 (primo anno per cui sono reperibili i dati Istat su questa fascia di età) al 2019. Il crollo della fascia 25-40 anni è stato infatti del 22,2%, con la perdita di 3.177.016 persone e con la quota della fascia 25-40 sull’intera popolazione sceso dal 25,1% al 18,4%.

Si tenga presente che, nella letteratura demografica ed economica, quando la quota dei giovani 25-40 anni scende sotto il 20% l’impatto sul futuro sociale ed economico di un Paese si fa molto forte. Il 20% è insomma una soglia considerata ‘critica’.

Vari i motivi di questa situazione preoccupante, a cominciare dagli effetti del calo delle nascite (le coorti in entrata nella fascia 25-40 sono sempre meno rispetto a coloro che escono da questa fascia) al tasso di emigrazione all’estero e/o, nel caso delle regioni, anche dal tasso di emigrazione verso altre regioni, che colpisce particolarmente questa fascia d’età (vedere precedente rapporto Mediacom043 sulla fuga dei giovani). Basti pensare, in tema di emigrazione all’estero, che negli ultimi in 10 anni l’Italia ha perso, in termini di giovani 18-39 anni emigrati all’estero, una popolazione pari a circa quella di Venezia.

La Fondazione Moressa calcola che questa fuga dei giovani, nel decennio, sia costata all’Italia circa 16 miliardi di euro, pari all’1% del Pil (prodotto interno lordo) italiano: è infatti questo il valore aggiunto che i giovani emigrati potrebbero realizzare se fossero occupati in Italia. E questo vale per il saldo (ossia i giovani 18-39 anni emigrati meno quello rientrati), mentre se si prendono solo gli emigrati senza considerare i rientri il costo pagato dall’Italia è di circa 23,55 miliardi di euro, ossia l’1,47% del Pil.

Da evidenziare che, nella classe 25-40 anni, l’immigrazione non è stata sufficiente a compensare il vuoto creare dai due elementi ‘svuotanti’ descritti sopra (calo nascite ed emigrazione all’estero).

Insomma, i giovani in Italia sono ormai diventati merce rara.

 

Circoscrizioni territoriali, crollo maggiore dei giovani 25-40 anni al Nord sia nell’ultimo decennio che dal 2002 al 2019. Nel 2019 il Nord presenta la minore quota di giovani 25-40 sul totale della popolazione. Tutte le circoscrizioni finite sotto la quota ‘critica’ del 20% (ossia il peso della fascia di età 25-40 anni sul totale della popolazione).

È il nord a registrare il calo maggiore dei giovani ella fascia d’età 25-40 (Tabella 1). Dal 2009 al 2019 il Nord-Est accusa in questa fascia un calo del 22,4%, che diventa -25,1% se si considera il periodo 2002-2019. Il Nord-Ovest marca -21,4% (-25,1% dal 2002). Il Centro segna -18,6% nel decennio (-19,7% dal 2002), il Sud continentale -15,5 (-19,7% dal 2002) e le Isole -16,2% (-20,3% dal 2002).

In altre parole, al Nord in meno di un ventennio è sparito un quarto dei giovani tra 25 e 40 anni, un quinto nel Centro e nel Sud continentale, oltre un quinto nelle Isole.

Da notare che il Mezzogiorno d’Italia (anche se con una notevole differenziazione tra le sue regioni) subisce un calo più forte dal 2002 al 2009 rispetto a quello subito nel decennio successivo 2009-2019.

In termini di quota dei giovani 25-40 sul totale della popolazione (Tab. 3), nel 2019 i dati più bassi li presenta il Nord (17,6% sia il Nord-Est che il Nord-Ovest). Le quote più elevate sono invece nel Sud contintentale (19,8%) e nelle Isole (19,4%). Il Centro si attesta al 18,1%.

Come si può osservare nella Tabella 3, pesanti i cali in tutte le circoscrizioni delle quote dei giovani 25-40 anni sia rispetto al 2009 che al 2002. Basti dire che ancora nel 2009 tutte le circoscrizioni presentavano un quota di giovani 25-40 sopra il 20%, mentre nel 2019 tutte le circoscrizioni sono scese sotto il 20%. E come detto il 20% è considerata la soglia ‘critica in termini di impatto sul futuro economico-sociale di un territorio.

 

e Regioni. Solo Campania e Calabria con una quota della fascia d’età 25-40 anni sopra il 20% della popolazione totale. Drammatica la situazione di Liguria e Friuli Venezia Giulia. Ben 9 regioni su 20 sono finite sotto quota 18%. ‘Vecchia’ anche la Lombardia.

Solo Campania (20,4%) e Calabria (20,3%) nel 2019 superano, seppure di poco, la soglia ‘critica’ del 20%, ossia la quota dei giovani 25-40 anni sul totale della popolazione (Tabella 3). Drammatica la situazione di Liguria (15,5%) e Friuli Venezia Giulia (16,6%), Male anche Valle d’Aosta (16,9%), Piemonte (17%), Toscana (17,2%), Veneto (17,5%), Umbria (17,6%), Emilia Romagna (17,7%), ‘Vecchia’ anche la Lombardia (18,2%).

Le cinque regioni che registrano il maggior calo dei giovani 25-40 nell’ultimo decennio (Tabella 1) sono Valle d’Aosta (-26,2%), Veneto (-24,7%), Sardegna (-24,4%), Liguria (-24,4%) e Friuli Venezia Giulia (-24,4%). I cali ‘minori’ sono di Campania (-13,2%), Sicilia (-13,3%) e Calabria (-13,9%).

Se si allarga l’orizzonte al periodo 2002-2019, così da avere un quadro quasi ventennale, la classifica delle regioni con i cali maggiori nel numero dei giovani 25-40 anni (Tabelle 1 e 3) vede in testa Liguria (-32,8%), Valle d’Aosta (-32%) e Friuli Venezia Giulia (-31.3%). I cali minori, sempre nel quasi ventennio 2002-2019, li mostrano invece Lazio (-15,8%), Sicilia (-17,3%) e Campania (-17,4%).

 

Focus sull’Umbria (e province di Perugia e Terni). La doppia anomalia di una regione.

Umbria caso anomalo, con una quota di giovani 25-40 anni ben sotto la soglia critica del 20% ma con la situazione che è precipitata solo negli ultimi 10 anni dopo che tra il 2002 e il 2009 i giovani 25-40 erano aumentati, in controtendenza rispetto al resto d’Italia. L’andamento della provincia di Terni nettamente peggiore rispetto alla provincia di Perugia. Nel 2019 nel Ternano la quota di giovani 25-40 sul totale della popolazione precipitato al 16,7%. E nel confronto tra le due province spunta una seconda anomalia.

L’Umbria rappresenta un caso particolare, con un andamento assai diverso tra il periodo 2002-2009 e quello del decennio 2009-2019.

Diciamo subito che l’Umbria all’inizio del periodo considerato è già una delle regioni più ‘vecchie’ d’Italia, con una quota di giovani 25-40 anni sul totale della popolazione che è al 23,4%, terzultimo peggior dato tra le regioni. Nel periodo 2002-2009, tuttavia, il numero dei giovani tra 25 e 40 anni nella regione aumenta (Tabella 1), passando da 193mila 006 a 198mila 640 (+5mila 634, +2,9%). Il peso di questa fascia d’età sul totale della popolazione invece scende (dal 23,4% del 2002 al 22,2% del 2009) perché nello stesso periodo l’aumento della popolazione complessiva dell’Umbria è superiore a quello specifico della fascia 25-40 anni. Ma il risultato non è male, se si tiene conto dell’andamento nazionale, tanto che tra il 2002 e il 2009 l’Umbria fa meglio del dato nazionale (il calo dei giovani 25-40 tra il 2002 e il 2009 è -3,9% in Italia e appunto +2,9% in Umbria) e migliora la sua posizione in graduatoria, passando dal terzultimo al sestultimo posto (Tabella 3) per quota di giovani 25-40 sul totale della popolazione.

La vera crisi su questo fronte per l’Umbria si manifesta nell’ultimo decennio (Tabelle 1 e 2), quando il numero dei giovani 25-40 crolla del 21,9% (da 198mila 640 a 155mila 143, con un calo di 43mila 497 giovani), vedendo quindi sparire oltre un quinto dei propri giovani e marcando l’ottavo peggior risultato d’Italia. Sempre tra il 2009 e il 2019 la quota dei giovani 25-40 sul totale della popolazione (Tabella 3) precipita dal 22,2% del 2009 al 17,6% del 2019, ben sotto la soglia ‘critica’ del 20%, che invece ad inizio decennio era superata. Nonostante questi pessimi risultati nell’ultimo decennio l’Umbria riesce a migliorare di una casella (passando dal 15° al 14° posto, ossia passando dal sesto al settimo peggior dato nazionale, vedere Tabella 3) la propria posizione nella graduatoria delle regioni per quota di giovani 25-40 in virtù di un andamento ancora più negativo di alcune altre regioni. Ma questa consolazione, rispetto a un andamento umbro così negativo, appare davvero magra.

Le cause di questo crollo? le due già citate (denatalità ed emigrazione dei giovani in altre regioni e all’estero, come dimostrato dai precedenti Rapporti Mediacom043), a cui si aggiunge una terza: la forte flessione (circa un terzo) degli iscritti all’Università di Perugia, concentrata proprio in questo decennio, che ha ridotto il numero degli studenti che, una volta giunti a studiare in Umbria, poi vi si fermano.

Per inquadrare la situazione, si tenga inoltre presente (vedere il precedente Rapporto Mediacom043 sull’andamento del Pil reale per abitante nelle regioni italiane) che l’Umbria, in termini di Pil reale per abitante, dal 2000 al 2017 (ultimo anno per il quale l’Istat fornisce dati regionali) mostra il secondo peggior risultato d’Italia e che è la seconda regione italiana più in ritardo nell’obiettivo di tornare al Pil reale complessivo del 2017, ossia ante Grande recessione.

Province Perugia e Terni

Ma la situazione dell’Umbria è doppiamente anomala. Perché, all’andamento anomalo della regione rispetto alla media nazionale di cui si è parlato sopra, si aggiunge il comportamento decisamente divergente (almeno nel periodo 2002-2009) tra le province di Perugia e di Terni. L’aumento del numero dei giovani tra 25 e 40 anni registrato in Umbria tra il 2002 e 2009 (per memoria, +5mila 634, +2,9%, rispetto al -3,9% del dato medio italiano) fu infatti dovuto (vedere Tabella 4) alla sola provincia di Perugia, dove i giovani 25-40 anni aumentarono da 142mila 895 a 148mila 772 (+5mila 877, +4,1%), mentre nella provincia di Terni scesero da 50mila 111 a 49mila 868 (-243, -0,5%).

Anche nell’ultimo decennio 2009-2019 (vedere sempre Tabella 4) l’andamento della provincia di Terni è peggiore di quello della provincia di Perugia. Nel Perugino, infatti, la flessione del numero dei giovani 25-40 è del 21,1% (da 148mila 772 a 117mila 442, -31mila 330), mentre in provincia di Terni il calo è del 24,4% (da 49mila 868 a 37mila 701, -12mila 167). In sostanza, nell’ultimo decennio la provincia di Perugia ha perso oltre un quinto della propria popolazione tra 25 e 40 anni, mentre Terni ne ha persa quasi un quarto.

Guardando all’intero periodo 2002-2019, la flessione del numero dei giovani 25-40 anni è stata del 17,8% in provincia di Perugia (dato inferiore al -22,2% fatto segnare dalla media italiana e anche al -19,7% della media del Centro), mentre la provincia di Terni marca -24,8% (peggio sia della media nazionale che di quella del Centro).

Quanto alla quota dei giovani 25-40 anni sul totale della popolazione residente nelle due province umbre (sempre Tabella 4), nel 2019 entrambe sono sotto la soglia ‘critica’ del 20% e sotto la media nazionale (18,4%): Perugia è al 17,9%, Terni a un gravissimo 16,7%.

Il ‘buco generazionale’, quindi, in Umbria è grave in entrambe le province, ma in quella di Terni è drammatico.

Per memoria, in termini di quota di 25-40enni sul totale della popolazione la provincia di Perugia era al 23,6% nel 2002 e al 22,5% nel 2009 (il calo della quota è attribuibile non alla flessione del numero dei 25-40 anni, che invece come visto erano aumentati del 4,1%, ma al fatto che la popolazione totale era aumentata nel Perugino in modo ancora più forte), prima di crollare al 17,9% nel 2019. In provincia di Terni era invece del 22,8% nel 2002 e del 21,4% nel 2009, prima di precipitare al 16,7% nel 2019.

 

 

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