di Elio Clero Bertoldi
Quando un gol può dare, al di là della vittoria, un insegnamento di vita. 
La rete siglata da Vinìcius José Paixão De Oliveira Junior (12.7.2000) del Real Madrid contro il Liverpool contiene questa lezione che vale per il calcio come per l’esistenza di tutti noi. 
Mai fermarsi ai pregiudizi dell’età (troppo giovane per essere un vincente); mai ritenere che un egoista, maturando, non possa trasformarsi in altruista; mai “bocciare” una persona al primo colpo d’occhio. 
Il gol in Champions di Vinícius contiene in sé tutti questi ammonimenti. Solo pochi, fino a sabato, conoscevano il valore potenziale di questo calciatore che stava sbocciando. Tra questi pochi il presidente del Real, Florentino Perez, che lo aveva acquistato ancora minorenne per 45 milioni, lo aveva lasciato maturare nel Flamengo e poi, appena il ragazzino aveva raggiunto la maggiore età (limite prima del quale nessun calciatore può lasciare il Brasile), se lo era portato e coccolato a Madrid. Veloce come una gazzella. Irraggiungibile, anzi, tanto che in corsa riesce a “farsi vento” (immagine coniata da un giornalista nel resoconto pubblicato il giorno del successo sul Liverpool).
Si potrebbero mutuare, correggendo i nomi di Cimabue e Giotto, i versi di Dante: “Credette Neymar nel calcio / tener lo campo ed ora Vinícius ha il grido, / sì che la fama di colui é scura”.
D’altro canto “Vini”, questo il suo nomignolo, quando viveva ancora a Rio de Janeiro asseriva: “Il più forte sono io. Poi viene Neymar”. Lo affermava per narcisismo, certo, ma anche per replicare, in qualche modo, alle critiche dei razzisti - che prosperano ad ogni latitudine - pronti ad offenderlo per il colore della sua pelle. In Spagna, addirittura, lo invitavano (capitò coi fan del Majorca e dell’Espanihol), ad andare a raccogliere banane.
Poi i critici che scuotevano la testa e che sostenevano che il carioca non avrebbe avuto spazio al Real.
Tra questi Clarence Seedorf, che lo affermò in una trasmissione sportiva, ma che ha fatto subito ammenda.
"Che stagione indimenticabile è stata per te. Anni fa, avevo dubbi sul fatto che avresti trovato il tempo di gioco necessario per esplorare il tuo talento al Real Madrid - ha scritto su Instagram l’olandese, che ha sposato una brasiliana -. Ma hai dimostrato, oltre al tuo talento naturale, di essere un grande lavoratore che impara rapidamente, con grande personalità e atteggiamento positivo. Queste sono le virtù dei campioni. Continua così e vivrai molti altri anni di successo nella tua carriera. Congratulazioni". Un ripensamento che conferma l’onestà intellettuale dell’allenatore ed ex centrocampista dell’Ajax.
“Vinícius - racconta Sabatino Durante, agente Fifa, che vive a San Paolo per più di sei mesi all’anno e conosce a menadito l’intero mondo del calcio sud-americano - é nato a Porto do Rosa di São Goncalo, una cittadina inserita nella macro regione di Rio De Janeiro. Da piccolo tirava calci sulle strade polverose con gli amichetti. A 14 anni lo prelevò il Flamengo, il club che vanta il maggior numero di sostenitori, ben 38 milioni, in Brasile. Per trovarsi più vicino al centro sportivo del club, che si chiama “Ninho de Urubu”, cioè figlio di un avvoltoio (Coragyps atratus, per la scienza, nda), il simbolo della squadra, andò a vivere con uno zio a Pietade. Due anni dopo si trasferì a Barra de Tijuca, una delle spiagge nobili di Rio. A 16 anni, ormai sotto contratto, fu in grado di ospitare a Barra, tutta la famiglia: il padre Vinicius, la mamma Fernanda, la sorella Alexandra, il fratello Netinho e la cugina Jamile".
“Il primo a mettere gli occhi sul ragazzo - Durante rivela un retroscena - era stato il Barcellona. Poi Vagner Ribeiro, procuratore di Robinho, lo propose a Perez, che lo ingaggiò subito. Senza troppi tentennamenti. Attendendo che Vinicius raggiungesse i 18 anni, età alla quale, per la “Legge Pelè", tesa a proteggere i talenti carioca, un calciatore può legalmente essere trasferito all’estero”.
L’inserimento al Real non é stato facilissimo. Sulle prime Vini tendeva a giocare da solo, per se stesso. Tanto che Benzema, nel corso di una partita, aveva invitato i compagni a non passargli la palla: “Gioca con gli avversari...”, aveva sentenziato.
“Vini, però, é intelligente, umile, serio. Ha capito subito l’antifona - rimarca il procuratore Fifa - ed ha compreso che doveva cercare di migliorare fisicamente e psicologicamente. Adesso Benzema lo tiene in palmo di mano e Casimiro lo protegge come un figlio. Non é un caso che il ventunenne carioca abbia fin da subito subito assunto un fisioterapista ed un preparatore atletico... ”
Adesso il fuoriclasse (quest’anno 22 gol e 20 assist) dà lavoro a 39 persone, compresi i social media manager. Mantiene una corte intorno a sé, insomma.
Non solo. A Rio ha fondato il “Vinicius Institute” che permette ai ragazzi promettenti, ma senza mezzi economici sufficienti, di studiare. Gesto di nobile animo, di sincero altruismo.
Molto attivo sui social, Vini lancia messaggi ai giovani: “Mai desistere dai propri sogni”, afferma.
Il suo procuratore, Marcos Casseb, appassionato di vini umbri e toscani, lo guida con mano ferma. Un ex giocatore giapponese, in prova al Perugia ai tempi di Luciano Gaucci, Kenjii Mitsuoka, attualmente rappresentante di una azienda milanese di orologi, ha scelto Vinicius come nuovo testimonial. Sapete al posto di chi? Di Neymar. 
É nata una stella, dunque. E Sabatino Durante assicura che anche Rodrygo Silva De Goes (9.1.2001), connazionale e compagno di squadra Vinicius, presto esploderà.
L’ammaestramento che emerge dalla vicenda? Puntare sui giovani, quelli che dimostrano di possedere doti e testa, é preferibile - nel calcio come nella vita - che non affidarsi ai vecchi talamoni, alle consunte cariatidi, forti solo del loro passato. Serve lungimiranza, questo appare scontato e, in aggiunta, un pizzico di pazienza. Il resto rimane riservato alla fortuna, come insegna Niccolò Machiavelli nel "Principe": la virtù (per chiarezza: doti, competenze, qualità) resta intrecciata, indissolubilmente, al caso. Che, per quanto riguarda Vinicius, si é concretizzato nel pallone, servitogli da Valverde e che l’attaccante ha indirizzato alle spalle di Alisson. Un pallone tondo, anche se più voluminoso, dell’atomo che Epicuro descrive nella teoria filosofica del “clinamen”.

Condividi