Per le strade di Roma durante la Via Crucis due donne - una ucraina e l’altra russa - porteranno la croce e tutto il mondo riceverà il messaggio potente di Papa Francesco: la guerra è una follia e bisogna fare di tutto per fermarla. La ragione e la politica ci ricordano, giustamente, che aggredito e aggressore non sono sullo stesso piano e che è necessario aiutare chi sta semplicemente e coraggiosamente difendendo la sua terra, la sua casa, la sua libertà. Ma ciò non deve impedirci di ascoltare la sollecitazione che il Santo Padre ci invia. Non possiamo rassegnarci alla morte e alla distruzione, non possiamo non lavorare per salvare i bambini, gli anziani, i malati che sono imprigionati nella ferocia di questa guerra. Ecco perché credo sia giusto chiedere  una tregua umanitaria, un cessate il fuoco in occasione di queste festività pasquali - la Pasqua cattolica e quella ortodossa - e percorrere ogni strada, anche la più stretta e impervia, per rendere possibile il dialogo e il negoziato tra le parti. Anche il linguaggio e i toni in questo momento sono importanti. Credo sia giusto dire alla nostra opinione pubblica e a tutti i nostri interlocutori che l’Italia non lascerà nulla di intentato per spingere la Russia di Putin ad impegnarsi in modo costruttivo e genuino nella trattativa. La strada della solidarietà con l’Ucraina non può e non deve essere incompatibile con gli strumenti della diplomazia. La proposta di una conferenza internazionale di pace deve rimanere sul tavolo e nelle nostre agende anche mentre la battaglia militare prosegue.

L’aggressione russa in Ucraina non ha cancellato altre crisi e altri conflitti. In questo Venerdì Santo lo sguardo va a Gerusalemme, ai Luoghi santi delle tre grandi religioni monoteiste. La Pasqua cristiana, il Ramadan e Pèsach rischiano di trasformarsi in una tragica sequenza di violenze e scontri. La condanna del terrorismo contro Israele e delle violenze ingiustificate nei Territori Palestinesi verso la popolazione non basta più. È necessario sostenere con più coraggio e determinazione coloro che - tra gli Israeliani e tra i Palestinesi - sono pronti a costruire anziché distruggere. In questo quadro è urgente, come ho avuto modo di ribadire all’ultimo Consiglio Affari Esteri in Lussemburgo, sbloccare immediatamente i finanziamenti dell’Unione Europea destinati all’Autorità Nazionale Palestinese. Non ha senso lamentare la crescita di influenza delle fazioni radicali palestinesi - da Hamas alla Jihad - e poi contribuire, anche involontariamente, all’indebolimento dell’ANP che invece va sostenuta e incoraggiata a rinnovarsi e a fare coraggiose riforme.

La Francia ha votato al primo turno alle Presidenziali e si avvia al ballottaggio per la seconda volta tra Macron e Le Pen. Chiunque abbia a cuore il futuro dell’Europa non può che augurarsi una vittoria del Presidente Macron. Ma in quel voto c’è un messaggio che il Pd e la sinistra democratica europea non possono non cogliere. Il risultato a dir poco deludente di una candidatura autorevole come quella della Sindaca di Parigi Hidalgo e l’affermazione importante del più  “radicale” Melanchon ci dicono molto dello stato d’animo e delle aspettative di una porzione importante  dell’elettorato progressista. Veniamo da oltre due anni di pandemia,  le diseguaglianze sono cresciute ovunque: chi aveva di meno ha sofferto di più le conseguenze delle restrizioni, dalla scuola a distanza alle chiusure di attività economiche che ora stentano a riprendersi. Anche la guerra in Ucraina sta producendo un impatto negativo  sulle nostre economie e anche qui le conseguenze si distribuiranno in modo ineguale: le bollette più care, l’aumento dei prezzi dei beni di largo consumo, l’incertezza sulla ripresa colpiranno più duramente le fasce meno protette e garantite, a cominciare dai giovani e dalle donne. Preoccupazione, ansia, paura per il futuro serpeggiano nelle nostre società e non possiamo non vederle. Non possiamo non dare risposte, con proposte concrete sia in termini di protezione sociale che di qualità dello sviluppo economico. L’attuazione del PNRR non è solo un fatto di astratta efficienza amministrativa,  essa richiede soprattutto un occhio vigile ai risultati reali in termini di occupazione e benessere per le persone e i territori. 

E l’Europa, che finora ha mostrato una sostanziale unità di fronte alla guerra di Putin contro l’Ucraina, dovrà trovare il coraggio e la fantasia per affrontare insieme e in modo solidale anche le conseguenze economiche e sociali di questo conflitto, che tra l’altro porterà ad una ridefinizione complessiva delle relazioni e degli assetti internazionali.

 

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