di Elio Clero Bertoldi

PERUGIA - Distrazione di massa. Le voci indirette sulla fine dei rapporti con l'allenatore Castori ed il ds Castagnini e sulla "ristrutturazione" degli organici della squadra per affrontare il prossimo campionato di Lega Pro, possono essere catalogate con queste tre parole.
Il vero problema, che si tende a celare dietro i fumogeni del "chi va, chi viene", è un altro e si profila come ben più decisivo e determinante.
Non è questione di piccolo conto, ma di portata primaria la diatriba tra Massimiliano Santopadre e la giunta comunale che si è accesa dopo la retrocessione, ma che forse covava già da tempo. Il dirigente ha risposto con tono piccato, ironico, se non di sfida, alla richiesta dell'amministrazione che sollecitava lumi sul futuro del Perugia e lasciava anche intendere di voler capire se si profilassero novità societarie. 
È stata una invasione di campo o una giusta preoccupazione quella del governo del capoluogo?
Ragioniamo. Il Perugia non può essere considerato una semplice società, commerciale o imprenditoriale, come la "Frankie Garage" di cui il Santo risulta titolare e dove il proprietario può fare il bello o il cattivo tempo, sia pure nell'ambito delle norme e del rispetto dei diritti sindacali dei dipendenti. 
Già al momento di assumere il controllo del club, l'imprenditore laziale avrebbe  dovuto essere cosciente che una società sportiva rappresenta anche la città, anzi ne diventa il totem ed il vessillo identitario. Non solo: la struttura in cui viene organizzato lo spettacolo (si fa per dire, in presenza di due retrocessioni in tre stagioni) rientra tra le proprietà comunali ed i primi fruitori (e pure "investitori", in soldi e sacrifici) altro non sono che i cittadini di Perugia, della provincia, della regione.
Ergo: appare di tutta evidenza, che quella dell'amministrazione non sia stata una entrata a gamba tesa, ma una sollecitazione di chiarimenti legittima, lecita, doverosa.
Il comportamento da "padrone delle ferriere" del gestore pro tempore del club può ricadere nella definizione, ricorrendo a termini sociologici, di "particolarismo".
Cosa vuol dire? Così si configura "l'atteggiamento, il comportamento di chi, nell'ambito dei rapporti sociali e comunitari, rivolge la propria cura ai propri interessi, esercitando una azione disgregante sulla comunità di cui fa parte".
Il "Santo" conferma, e non ce n'era bisogno, con le sue uscite (ora addirittura espresse col "plurale maiestatis", come i re e gli imperatori) di non essersi minimamente integrato nella comunità perugina ed umbra. 
Una responsabilità ulteriore, nei confronti della città e dei suoi abitanti, che si è caricato sulle spalle.

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