Di Ciuenlai - «Accogliendo l’istanza scaturita a maggioranza dalla consultazione dei gruppi dirigenti del partito», si va a congresso. “Also sprach (così parlò) Zarathustra Rossi” lanciando un convoglio di petroliere sul rogo che incendia da mesi il Pd umbro.  

Il Commissario non ha fatto in tempo a fare l’annuncio, che tre dei 4 sfidanti si sono sfilati. Parliamo di gente che aveva messo in piedi un migliaio di firme sotto la loro domanda di candidatura. Parliamo , a tenersi bassi, di un 25/30% dei quanto vale il monte totale degli iscritti dell’attuale Partito democratico umbro. Una spaccatura profonda, consumata in un attimo, che già annuncia l’arrivo di pesanti strascichi polemici e procedurali. Comincia infatti già a circolare la parolina magica a cui che tanto piace a chi pensa che la procedura non abbia tutti i crismi della regolarità.

La parolina magica è ricorso.  In effetti la strada scelta ha destato più di qualche perplessità in diversi ambienti del Pd. Non tanto sul piano legale, perché quella è roba da Probiviri, ma, soprattutto, sul piano politico. E’ proprio quella frase che mette in bocca alla  “maggioranza del gruppo dirigente” la responsabilità di tenere le votazioni (il congresso no, quello è un’altra roba) per l’elezione del nuovo segretario regionale dei democratici “non più di sinistra”, a suscitare un bel po' di dubbi . Soprattutto perché un gruppo dirigente attualmente non esiste. L’Assemblea Regionale eletta lo scorso “votatoio” è stata sciolta. La decisione è stata quindi presa sentendo un elenco di persone “autorevoli” o con ruoli ancora attivi nel partito. Un elenco che ha un piccolo difetto : non è stato eletto da nessuno. Parlamentari, amministratori,  storici “influenzer” e  segretari dei circoli, messi in fila “a loro immagine e somiglianza” dai commissari, che avrebbero evitato di riunire anche le istanze inferiori (organismi provinciali e comunali) ancora in carica. La parola usata dai contestatori è infatti “discrezionalità di parte”. 

E allora ci potrebbe anche essere qualcuno tentato di far saltare il banco usando le armi e i poteri che ha. Ci sarebbero, infatti, circoli  che non avrebbero nessuna intenzione per problemi “politici e pandemici” di comunicare la data del congresso. E pare esserci del vero dietro questa minaccia.Indiscrezioni provenienti da “fonti ben informate” fanno sapere che alla data del 2 di aprile, termine ultimo stabilito dalla commissione elettorale, avrebbero comunicato la data del congresso solo 65 circoli su 220. Ci sarebbero zone come l’alta Umbria dove nessuna delle “sezioni” avrebbe risposto all’appello del Commissario e città come Perugia dove solo una minoranza avrebbe fornito una risposta (7 circoli su una ventina).  I “regolari” sarebbero ubicati da Spoleto in giù. Da qui l’appellativo di “Bori un Ternano di Perugia” dato dai suoi oppositori al futuro segretario. E mentre si prepara o si minaccia la carta bollata e l’ammutinamento dei circoli, ci si continua ad  accapigliarsi su quale sia la  “tessera d’annata” abilitata a consentire di mettere la croce sulla scheda elettorale. E’ la solita storia di chi vede la pagliuzza e non il pagliaro.  

Si accapigliano, infatti, su una cosa in veloce estinzione : il tesserato.  il Pd nella nostra regione ha perso di colpo il 50% degli iscritti del 2018. Erano meno di 5000 nel 2019. Tenendo conto delle attuali divisioni e delle regole messe in piedi,  non è irreale pensare che il corpo elettorale del sedicente congresso, ammesso che tutti i circoli organizzino l’assemblea,  non supererà i 3500 militanti. Ovvero, al netto della componente cattolica ex Dc, siamo all’1,3% dei voti del Pci e all’1,75% dei consensi al Pds, tanto per far capire qual è la portata e l’enorme dimensione del capitale sperperato. E la discesa non è ancora finita.  Per il 2021 non si hanno numeri, ma è probabile che siamo poco oltre le “Zeru tessere” di Mourignana memoria. 

Ora in una situazione del genere che definire drammatica è eufemistico,” i grandi capoccia” di questa forza politica hanno avuto la splendida idea di spaccare in due, non il cocomero o il melone, non il pompelmo o la mela, ma la piccola noce rimasta. Un commissario avrebbe come compito la ricomposizione e la ricostruzione dopo lo Tsunami di Sanitopoli. E invece che fa, si schiera da una parte e da ragione agli amici di Zingaretti, che premono da un pezzo per “Bori segretario subito”.  

Questo significa la santificazione di una specie di dittatura del “correntariato”, perché tra aprile e maggio, al grido di “tutto io potere ai boriosi”,  oltre all’unico candidato rimasto, ai vertici del Pd saliranno i 250 candidati delle sue liste, che formeranno un’Assemblea Regionale e una Direzione priva di oppositori e di minoranze. Il sogno di Renzi di avere un Pd privo di voci di dissenso e composto solo da “signorsi” avrà un suo compimento in quel di Perugia?

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