Sul Capodanno Rai a Perugia ho un paio di cose da dire, in breve.
La prima: il mostruoso allestimento in piazza IV novembre non mi disturba più di tanto. Naturalmente la mortifica, ma non mi sembra meno mortificante degli altri accrocchi natalizi, dall'assurdo parco avventura in piazza Matteotti all'accozzaglia di piante schierate in mezzo al corso, passando per i banchetti in cui si vendono dolci preparati a inizio secolo. Dopotutto non è a Natale che si va in una città per apprezzarne la bellezza autentica.
Il problema semmai è che in quella medesima piazza affacciano ben tre punti vendita di un brand che finisce per fagocitare l'identità stessa della città. E che la logica da centrocommercializzazione del centro storico, (facciamoci qualsiasi cosa, purché porti gente), negli ultimi anni, è imperante da gennaio a dicembre.
La seconda: l'operazione ha meno valore promozionale che propagandistico. L'enorme esborso di soldi di Regione e Comune non è giustificato dal ritorno in termini di afflusso turistico. Lo dicono i dati dal 2018 in qua, a saperli leggere e contestualizzare (nel primo commento trovate un link a un pezzo di Fabrizio Marcucci su 'Cronache Umbre', poi potete farvi un giro online scartabellando qua e là), e lo dice il buonsenso. Non è trasformando l'Umbria in un'interminabile puntata di Linea Verde che se ne fa la fortuna, perché non è di sola televisione che si vive, e perché una regione - o una città - non è un parco divertimenti, e i luoghi d'arte o le manifestazioni, laddove sopravvivono, non vanno trattati alla stregua di attrazioni da luna park.
I telespettatori dell'"Anno che verrà" saranno probabilmente sette o otto milioni in tutta Italia. Lasciatemi supporre che a chi ci governa interessi soprattutto una minima parte, quella costituita da coloro che risiedono a Perugia e in Umbria. Guardate, siamo in tv: non è meraviglioso? Il messaggio è questo, ed è un messaggio straordinariamente costoso.
 

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