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NARNI - 8 miliardi di euro in meno al sistema scolastico italiano. In sintesi, secondo la riforma Gelmini, la scuola pubblica dovrebbe funzionare con 87.000 docenti e 43.000 ata in meno, tornando al maestro unico e l'orario solo antimeridiano nella scuola elementare e dell'infanzia, senza considerare che la pluralità docente ha assicurato qualità educativa, attestata da tutte le indagini internazionali, e ha risposto ai bisogni sociali delle famiglie e delle donne che lavorano. La riforma prevede inoltre il superamento degli insegnanti di inglese sempre attraverso i maestri unici. Il tempo pieno sopravvive solo in relazione alla disponibilità di organici, fino a quando e nella misura in cui questa ci sarà, ed è comunque ridotto a servizio di doposcuola a domanda individuale. E' partito da queste considerazioni il capogruppo del Prc-Se al Comune di Narni, Alfonso Morelli, nel presentare al civico consesso un ordine del giorno con il quale il Consiglio "dà mandato, come prima forma di contrasto alla riforma ed in difesa del sistema scolastico pubblico, alla Giunta ed al Sindaco di partecipare con il gonfalone della città di Narni allo sciopero generale della scuola del prossimo 30 ottobre e far si che l'assessore competente si faccia promotore di iniziative pubbliche a sostegno della scuola pubblica per testimoniare l'impegno di tutti soggetti sociali, e quindi anche degli enti locali, per la difesa e la promozione di una scuola che, in ottemperanza con i principi della Costituzione, deve essere aperta a tutti, deve garantire pari possibilità di accesso, deve promuovere lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica". "Tagli - afferma Morelli - che sono stati giustificati principalmente con una serie di motivazioni sull'andamento incontrollata della spesa per l'istruzione. Ma dal 1990 al 2007 la spesa pubblica in rapporto al PIL per l'istruzione pubblica è passata dal 3,6% al 3,3% (- 16,9 miliardi di euro). Negli ultimi 10 anni la riduzione è stata pari allo 0,2% del PIL (3,07 miliardi di euro). Nello stesso periodo il numero complessivo di alunni è (+ 2% pari 152.246 alunni) mentre il numero degli insegnanti è diminuito (-2,38% pari a 17.651 docenti). Per ulteriore precisione, mentre la media delle principali economie mondiali investe il 5,8% del Pil nel proprio sistema scolastico, in Italia questa percentuale scende al 4,7%. E ancora: se tra il 1995 e il 2005 gli investimenti nella scuola nei Paesi dell'area Ocse sono aumentati del 41%, in Italia l'incremento è rimasto contenuto al 12%". Quindi "La spesa per l'istruzione non è affatto fuori controllo. Anche considerando il periodo 1997 – 2007, in cui la contrazione della spesa è stata più modesta, è evidente come la quota di risorse destinate alla scuola, non solo è sotto controllo, ma ha subito una significativa contrazione (fatta 100 la quota di PIL destinata alla scuola nel 1997, nel 2007 tale quota è scesa a 93)". "Ma oltre all'aspetto prettamente economico, ci sono di fatto - a parere di Morelli - delle scelte del governo, quali il già citato maestro unico, la riformulazione del tempo pieno, aumento degli alunni per classe, abbassamento dell'età dell'obbligo scolastico da 16 a 14 anni, che di fatto sono il primo passo verso un chiaro smantellamento della istruzione pubblica. Ed infine la vergognosa mozione approvata alla Camera per cui ai bambini che non conoscono sufficientemente la lingua italiana vengono di fatto allontanati dalla scuola e da una qualsiasi forma di integrazione per inserirli in 'classi speciali'. Senza considerare che la riforma prevede di fatto la privatizzazione delle università che da istituti pubblici si trasformano in fondazioni inevitabilmente condizionate alle volontà dei finanziatori. Per non parlare dei tagli previsti dal Ministro Brunetta per il mondo della ricerca scientifica". In sostanza, "Gli effetti di questa manovra sono in realtà solo destinati a destrutturare la scuola pubblica e a creare le condizioni per la sua privatizzazione. In questo quadro allarmante le amministrazioni locali devono assolutamente contrastare, con qualsiasi mezzo a disposizione, la logica perversa sottostante alla Riforma, una logica che vuole distruggere il valore della "cosa pubblica" e dei diritti di cittadinanza alla base della nostra Costituzione". Condividi