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Ha sostenuto oggi la sua estraneità ai fatti che gli vengono addebitati, affermando di non aver mai fatto parte di gruppi terroristici, l'ex imam della moschea di Ponte Felcino, il marocchino Mostapha El Korchi, nella prima udienza del processo nel quale è imputato davanti alla Corte d'Assise di Perugia. Accusato di aver svolto attività di addestramento al terrorismo di matrice islamica insieme ai due imputati suoi connazionali, Mohamed El Jari e Driss Safika, l'ex imam di Ponte Felcino in una dichiarazione spontanea ha ribadito la correttezza del suo operato, affermando di non aver mai navigato in internet a scopi terroristici e sottolineando di trovarsi regolamente in Italia da venti anni, dove ha svolto attività sociali lecite. Tutti i tre imputati, difesi dagli avvocati Giovanni Destito, Carlo Corbucci e Patrizia Trappella, erano presenti questa mattina in aula (pm Daniela Isaia). E' stata stralciata, invece, la posizione del quarto marocchino coinvolto nell'inchiesta, Noreddine Oumaadane, latitante, per il quale il gup ha rimesso gli atti al pubblico ministero, rilevando un problema tecnico legato all'internazionalizzazione del suo mandato di cattura, essendo stato lo straniero espulso dall'Italia prima che fosse disposta a suo carico la misura cautelare. Dopo alcune questioni tecniche l'udienza è stata rinviata al 17 ottobre prossimo, quando saranno sentiti i primi tre testimoni dell'accusa: il dirigente della Digos che ha condotto le indagini, Francesco Barba, e altri due poliziotti dello stesso ufficio. Sempre il 17 saranno nominati i periti che dovranno lavorare alla trascrizione delle intercettazioni. Korchi, Jari e Safika erano stati arrestati a luglio dell'anno scorso al termine di oltre due anni di indagini da parte della Digos di Perugia. Quella individuata dalla polizia perugina è considerata una cellula jihadista vicina ad Al Qaida. Dall'indagine Hammam è emerso che Korchi istruiva i suoi connazionali nella moschea di Ponte Felcino. In orari e contesti comunque estranei all'attività di preghiera, tanto che il luogo di culto non è stato mai chiuso. Ai quattro marocchini viene contestato l'articolo 270 quinques del codice penale con l'accusa di aver ricevuto, e fornito per l'imam, addestramento e istruzioni sulla preparazione e sull'uso di esplosivi, armi e sostanze chimiche nocive. Il solo imam è anche accusato di ricettazione di un fusto contenente alcune sostanze chimiche, trovato dalla polizia nella cantina della sua abitazione, e di vari documenti d'identità. Korchi, El Jari e Safika si sono sempre proclamati estranei a ogni accusa. Condividi