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di Eugenio Pierucci PERUGIA - Ora attendiamo che qualcuno da destra - la Lega innanzitutto, ma anche An che su queste cose non scherza affatto – organizzi qualche lugubre fiaccolata notturna, magari con la partecipazione di qualche incappucciato del Ku Klux Klan, o affigga nelle nostre città focosi manifesti per dire basta ai “falegnami”, tanto più quando si dedicano al culturismo. E per dire anche basta ai possessori di “Suv”, i potenti mezzi di trasporto privato che sono simbolo di potenza, oltre che di agiatezza. Ma, temiamo, non saremo accontentati, perché in questo caso non si tratta di prendersela con il “negro” o il “rom” d’occasione, bensì con degli italianissimi connazionali. E stavolta anche i politici sono stati zitti, per cui non si riunirà d’urgenza neppure il Parlamento, mosso dalla sacra indignazione di massa, per legiferare qualche provvedimento d’urgenza. Non si riunirà perché, forse complice anche il clima natalizio che stiamo vivendo, le recentissime notizie di cronaca “nerissima” che sono rimbalzate sulle prime pagine dei nostri giornali, ci sono arrivate un po’ ovattate, ma forse anche perché questa volta i colpevoli non erano i soliti stranieri venuti da lontano a portare il caos e la delinquenza in casa nostra. E’accaduto, così, che nel profondo Nord, a Bassano del Grappa, una giovane donna, Iole Tassitani, sia stata rapita e tenuta sequestrata per una dozzina di giorni, quando, infine, il suo sequestratore ha pensato bene di disfarsene uccidendola e sezionandone il corpo in 29 pezzi che ha risposto dentro altrettanti sacchetti neri. E sempre nel Nord che più profondo non si può, per la precisione nel bergamasco, un’intera famiglia, padre, madre e figlia di 10 anni, sia stata distrutta nello scontro frontale provocato da un Suv Cherokee guidato da un trentaduenne ubriaco. Aveva bevuto molto più del dovuto, visto che nel suo sangue è stata trovata una quantità di alcool quattro volte superiore al lecito. Si tratta, come si vede, di episodi che avrebbero dovuto indulgerci quanto meno ad un’approfondita riflessione sul mito del guadagno facile e della bellezza fisica a tutti i costi, che è fortemente presente nella nostra società e che, a quanto ci hanno raccontato sempre i giornali, aveva fortemente permeato lo stile di vita del giovane falegname (fanatico curatore del proprio corpo che sottoponeva a faticosissime sedute in palestra, oltre che a lunghissime “passeggiate”) che è stato incolpato per la barbarauccisione di Iole Tassitani. Guadagno facile e successo probabilmente già raggiunto e comunque da ostentare nel caso, invece, della famiglia distrutta dal Suv, un mezzo assai poco pratico per circolare sulle nostre strade e che induce, per di più, ad una guida spericolata e irrispettosa per la vita altrui. Ce n’era, dunque, abbastanza, per scatenare i consueti cortei leghisti, con cappi sventolanti e cartelli incitanti alla cacciata dei negri, che avremmo certo avuto se le indagini avessero confermata la pista della “gang di nordafricani” seguita in un primo tempo riguardo al delitto di Bassano del Grappa. Invece niente, perché in entrambe le occasioni gli incriminati sono nati, cresciuti ed educati fa noi. Vuoi mettere con l’orrenda uccisione, a Roma, della signora Giovanna Reggiani, e con i quattro ragazzi falciati, nell’ascolano, da uno sgangherato camioncino impazzito!? In entrambe queste circostanze gli assassini erano due giovani rom ed allora perfino il ricorso alla violenza (alcuni accampamenti di rom vennero dati alle fiamme) trovarono comprensione e giustificazione. Tutto ciò per arrivare alla conclusione che in Italia la richiesta di sicurezza e giustizia, che pure è sacrosanta, si esprime assai spesso a due velocità: è rapidissima, allorché si tratta di colpire il “diverso”, muove invece a passi assai lenti, quando il colpevole possiede il nostro stesso passaporto. Eppure la cronaca di tutti i giorni ci dice che gli italiani non sono meno colpevoli degli stranieri e che alcuni dei più efferati delitti che si sono verificati nel nostro Paese in quest’anno che si sta per concludere, come pure le tante, troppe, uccisioni sulle strade, portano spesse volte la firma di nostri connazionali, tutti tranquilli ed insospettabili vicini di casa. Questo sia nel Nord leghista, come ci ricorda la strage di Erba, le cui indagini si indirizzarono un primo tempo vero un magrebino e per la quale sono poi finiti in carcere i coniugi Romano, che da noi, come ci ricorda, purtroppo, l’uccisione della povera madre di Compignano, Barbara Cicioni, per la quale le teste più calde della destra marscianese erano già pronte a scatenare la caccia all’extracomunitario. Condividi