Lo scopo del sit-in è chiaro e netto: manifestare
contro un governo che vuole
cancellare la presenza della sinistra anche
dal Parlamento europeo attraverso
l’approvazione di una legge di sbarramento
studiata ad hoc. Non solo, la
manifestazione intende porre il problema
del federalismo che Berlusconi sta
per concedere a Umberto Bossi - e che
rifondazione chiama senza mezzi termini
«federalismo egoista» -, e la questione
dell’aumento indiscriminato dei
prezzi: «Un fenomeno che colpisce lavoratori
e pensionati italiani».
Rifondazione torna, dunque. E lo fa
fuori dal Palazzo. Una scelta che ha un
indubbio valore simbolico quella di ritrovarsi
oggi di fronte alla sede del governo.
Insomma, Rifondazione è fuori
dal Palazzo, certo, ma è dentro la politica.
Due fatti non per forza di cose inconciliabili.
«Certo - conferma Ferrero a Liberazioneda
Genova in poi è dimostrato il fatto
che si fa politica anche fuori dal Palazzo.
Le battaglie non si conducono solo
nel terreno della rappresentanza ma anche
su quello della società».
Per quel che riguarda i temi del sit-in, il
segretario di Rifondazione conferma la
necessità di opporsi alla legge elettorale
in cantiere in vista delle europee:
«Non c’è nessuna ragione di mettere in
agenda una legge del genere se non
quella determinata dalla volontà di
buttare fuori la sinistra anche dall’Europa
». Insieme a tutto questo la «questione
sociale gravata da un aumento
dei prezzi che produce situazioni
drammatiche ed il «federalismo della
destra privo di qualsiasi forma di solidarietà
».
Ma Ferrero ha insistito molto sulla questione
dell’inflazione «che - secondo il
segretario - è una gigantesca macchina
di redistribuzione del reddito in cui chi
può scaricare l’aumento su quello successivo
ci guadagna o mantiene il suo
potere d’acquisto, e chi non può scaricarlo,
cioè il consumatore, il lavoratore
e il pensionato, ci perde».
Due, quindi, le soluzioni proposte: la
prima è un intervento su tutta la filiera:
«ridurre gli imballaggi, accorciare la filiera
e intervenire sui meccanismi di
mercato che determinano il prezzo per
ridurre le sacche di rendita che ci sono
nell’intermediazione».
La seconda è la creazione di «un paniere
minimo di consumi». Ferrero chiede
«dei prezzi fissati direttamente dal governo
o dal Cipe, ma che siano fissati,
dal momento che non si capisce perchè
tutti sono liberi di scaricare sul consumatore,
che non ha poi la dignità di vivere
in una condizione normale».
Nel frattempo esplode la questione milanese
dove il Pd, per dirla con le parole
del segretario regionale del Prc, Alfio
Nicotra, «sta dando vita a mortifere
prove di intesa con Bossi». Non solo
Milano però. Nelle stesse ore esplodeva
anche il caso della provincia di
Ascoli-Piceno. Questione posta dal
Partito democratico che, a quanto pare,
ha tutta l’intenzione - un’intenzione
che coltiva da tempo - di silurare il
presidente provinciale di rifondazione,
Massimo Rossi. Già sindaco di Grottammare,
Rossi, oltre ad essere l’unico
presidente di provincia espresso da Rifondazione,
ha portato avanti esperienze
di gestione dal basso della cosa pubblica
che hanno rappresentato un primo
importante modello per molte altre
amministrazioni locali. Sarà questo
che dà fastidio agli uomini del Pd marchigiano
i quali, in vista della prossima
tornata amministrativa primaverile,
stanno provando in tutti a modi a liquidare
Rossi.
Sui rapporti Pd-Prc, e sulla questione
milanese in particolare, è intervenuto
lo stesso Paolo Ferrero che ha ribadito
la necessità di una verifica sui contenuti:
«Che il Pd milanese abbia intenzione
di aprire a esponenti del centro destra
per le prossime provinciali lo avevamo
capito. Che cerchi di mascherare
il tutto dietro la supposta volontà di
rottura di rifondazione non è altro che
una inaccettabile furbata. Il Pd discuta
quindi a fondo sui contenuti e si verifichi
lì, su cose precise e non sulle chiacchiere,
la convergenza o meno tra Rifondazione
e PD».
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