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PERUGUA - Il caso Bianzino non è chiuso, le cause della morte nel carcere di Perugia del falegname di Pietralunga sono ancora tutte da chiarire, quando, con l’accettazione da parte del Gip della richiesta di archiviazione del caso presentata dal pm Giuseppe Petrazzini, sembrava che alle indagini fosse stato posto termine. Invece non è così perché, grazie alla caparbietà dei familiari del giovane (i genitori Giuseppe e Maura e la compagna di Aldo Bianzino, Roberta Radici) e alla bravura del loro legale, l’avvocato Massimo Zaganelli, il gip Massimo Ricciarelli, al quale a luglio avevano presentato opposizione avverso il provvedimento in sede civile, ha deciso di accogliere anche questa richiesta. Come ha scritto Emanuele Giordana, su il Manifesto, “le eccezioni sollevate dall’avvocato Zaganelli ricostruiscono un percorso fatto di dubbi e interrogativi non ancora sciolti che il magistrato ha evidentemente considerato validi, quantomeno a non far diventare la storia un semplice falcone di carte polverose”. Vediamo quali, non trascurando il momento dalla scarcerazione di Roberta Radici, anche lei arrestata assieme ad Aldo, alla quale fu comunicata solo in quel momento la morte del suo compagno. Perché? E poi la fotografia della cella del carcere di Perugia nella quale è avvenuto il decesso. Era la mattina di domenica 14 ottobre e, seppure fosse ormai autunno, la finestra era aperta mentre Aldo veniva rinvenuto inanimato nella cuccetta superiore, con addosso solo una maglietta a maniche corte. Il resto del suo vestiario era riposto, ben ordinato, nella cuccetta inferiore. Poi, un altro fatto inspiegabile: il corpo di Aldo viene prelevato dagli agenti accorsi, trasportato immediatamente fuori dalla cella e deposto a terra , nel corridoio dell’infermeria che è distante pochi metri, dove viene innalzato un lenzuolo per nasconderlo agli occhi degli altri detenuti. Qui avvengono i primi tentativi di rianimazione, con un massaggio cardiaco che non darà alcun esito. Fatto inspiegabile tanto che uno dei medici chiamati dagli agenti dichiarerà poi testualmente: “non so spiegarmi per quale motivo il detenuto sia stato portato sul pianerottolo davanti alla porta dell’infermeria ancora chiusa poiché (in altri casi) il nostro intervento avveniva direttamente in cella”. Le cause della morte? Le indagini hanno rilevato “lesioni viscerali di indubbia natura traumatica (lacerazione del fegato) e a livello cerebrale una vasta soffusione emorragica subpiale, ritenuta al momento di origine parimenti traumatica”. Colpi, dunque. In merito ai quali si sarebbe docuto indagare ulteriormente e, invece, tutto di ferma con l’acquisizione dei filmati estratti dalle videocamere dell’istituto di pena, mentre viene aperto un procedimento penale nei confronti di una guardia, con l’accusa di omesso soccorso. A sorpresa, nel febbraio scorso la richiesta di archiviazione del pm per il reato di omicidio, perché, è stata la sua conclusione, Aldo non era morto a causa di un trauma, bensì come conseguenza di un aneurisma cerebrale e la lesione al fegato viene da lui ritenuta estranea al decesso e perciò escludendo “l’esistenza di aggressioni del Bianzino”. Argomentazioni che i legali della famiglia hanno definito “insostenibili” e frutto di una “istruttoria lacunosa”. Valga al riguardo una perizia medico legale secondo la quale “la lacerazione epatica deve essere ritenuta conseguenza di un valido trauma occorso in vita e certamente non può essere ascrivibile al massaggio cardiaco in riferimento al quale vi è prova certa che avvenne a cuore fermo”. Scrive ancora Emanuele Giordana: “Il commento di Roberta Radici al quotidiano la Nazione, è lapidario:’Una scheggia di luce per il mio piccolo Rudra’, il figlio di Aldo e Roberta rimasto orfano del padre a soli 13 anni. Nessuno in famiglia si è mai arreso all’archiviazione: non gli altri due figli, Aruna Prem ed Elia con la madre Gioia (che hanno presentato l’altra istanza di opposizione), né i genitori e il fratello di Aldo. Il padre Giuseppe, domenica scorsa è salito sul palco del Goa Boa, il festival dei diritto umani organizzato dalla Tavola della pace a Genova: di fronte a 15 mila persone convenute anche per il concerto di Manu Chao, Bianzino ha ricordato il valore anche civile della difesa dei diritti umani. Aveva abbolto un suo appello al giudice perché non archiviasse il caso. Appello accolto”. Condividi