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PERUGIA - E' accusato di avere ricevuto somme di denaro e altre utilita', come forniture di frutta e verdura ma anche ricambi per auto e camicie, per accelerare pratiche relative al rilascio di permessi di soggiorno o ingenerando il timore che senza il suo interessamento i tempi sarebbero stati molto lunghi l'ispettore dell'ufficio immigrazione della questura di Perugia arrestato oggi dalla squadra mobile. Con Tommaso D'Emilio, 46 anni, e' finito in carcere l'albanese Dishrim Kokomani, 43 anni, mentre la moglie dell'ispettore, Caroline Mac Laren, di origini inglesi, e' stata messa agli arresti domiciliari. La polizia li ha bloccati oggi in esecuzione di ordinanze di custodia cautelare disposte dal gip Claudia Matteini su richiesta del sostituto procuratore Manuela Comodi. D'Emilio e la moglie - difesi dagli avvocati Daniela Paccoi, Silvia Egidi e Guido Maria Rondoni - e Kokomani - difeso dall'avvocato Valter Biscotti - compariranno domani davanti al giudice per l'interrogatorio di garanzia. L'ispettore deve rispondere di avere ricevuto da Kokomani somme non meglio precisate e altre utilita', come periodiche forniture di frutta e verdura, per accelerare le pratiche per la concessione dei permessi di soggiorno, occupandosene personalmente. Anche in difetto della documentazione necessaria. Una decina i casi contestati. Ingenerando poi in alcuni stranieri la convinzione che non avrebbero ottenuto il permesso di soggiorno o che sarebbero stati necessari tempi molto lunghi, l'ispettore - secondo l'accusa - si sarebbe fatto consegnare ricambi per auto, legna da ardere e ricariche per cellulari, camicie, delle quali indicava colore e taglia, e scarpe ma avrebbe anche indotto alcune donne ad avere rapporti sessuali. In un caso D'Emilio e un legale si sarebbero fatti consegnare 2.500 euro da uno straniero per il rinnovo di un permesso di soggiorno al quale non avrebbe dovuto diritto. D'Emilio e la Mac Laren sono inoltre accusati di essersi fatti consegnare denaro, cene, abbigliamento, un telefono cellulare e dei condizionatori d'aria da un cinese titolare di un negozio di abbigliamento e di un ristorante. Dopo avere ingenerato in lui - secondo la ricostruzione accusatoria - l'aspettativa di una generica protezione o il timore che senza di questa potessero esserci problemi per l'attivita' commerciale o legati alla sua condizione di extracomunitario. Condividi