MIRAFIORI Due ore di sciopero, ieri, anche alle Presse

La misura del presente sui posti di lavoro? Eccola. C'è voluto uno sciopero (replicato ieri alle Presse) e una petizione firmata da oltre 1.800 dipendenti (sui meno di cinquemila delle Carrozzerie) per vedersi riconosciuto il diritto di tenere un'assemblea retribuita - come da contratto, 10 ore l'anno - allo scopo di essere informati su quel che, nelle «segrete stanze» della Fiat, stanno decidendo su di loro.
Gli operai di Mirafiori hanno dovuto in questo caso lottare non solo contro l'azienda - la normalità - ma anche contro la palese contrarietà di Cisl, Uil e Fismic. Poi, quando si è visto che, nonostante il clima di paura creato nei reparti, oltre un terzo degli addetti alle Carrozzerie metteva la propria firma sotto un testo dai toni netti, Fim e Uilm si sono arresi. Le assemblee si faranno, ma separate: giovedì gli operai ascolteranno la voce della Fiom Cgil, che porterà in fabbrica il segretario generale, Maurizio Landini. Il giorno dopo sarà il turno dei due «complici» principali. Non ha invece nulla da dire, a chi lavora, il Fismic (ex Sida, voluto e fondato dalla Fiat ai tempi di Valletta). Il suo segretario, Roberto Di Maulo, ha preferito spargere panico per conto dell'azienda: «più passa il tempo e più la Jeep, che è un'auto veloce, rischia di correre via e questo sarebbe un vero disastro». Il riferimento è al «suv» che dovrebbe essere prodotto a Mirafiori, se verrà accettato l'ennesimo diktat di Marchionne.
Giorgio Airaudo, segretario nazionale Fiom con delega al settore auto, minimizza il ruolo del suo sindacato: «i lavoratori si sono ripresi le loro assemblee; era incredibile che dopo settimane in cui si è parlato della loro vita, non fossero stati mai ascoltati». L'unico distinguo è sulle modalità: «avremmo preferito che fossero unitarie; c'erano tutte le condizioni, e i lavoratori di Mirafiori sono maturi: tutti avrebbero potuto esprimere il proprio punto di vista senza problemi». Qui si individua uno dei principali paradossi che vive la Fiat: stabilimenti attraversati dal terrore aziendale (si perde il posto a discrezione del «capo», e non rientri tanto facilmente nemmeno se il giudice ti dà ragione, come per i tre di Melfi), ma che improvvisamente - quando si deve fare per esempio un'assemblea - diventano, nelle dichiarazioni dei sindacati «complici» o del Lingotto in prima persona, una sorta di «terra di nessuno», dove la Fiom scorrazzerebbe dettando legge. Qualcuno dispensi migliori consigli agli sceneggiatori di questa farsa...
Intanto, davanti ai cancelli si sono viste scene ordinarie in tempi ormai lontani: gruppi di studenti hanno volantinato alla porta 2, non solo per portare la propria solidarietà, ma anche per spiegare cosa sta avvenendo con l'università. «Il diritto all'istruzione e quello al lavoro sono le basi fondanti della democrazia, i garanti del futuro». I numeri, è chiaro, non sono quelli degli anni '60 (Mirafiori conteneva allora quasi 50.000 operai), ma è importante capire come - nella crisi attuale - figure sociale dipinte per anni come «incomunicanti» si stiano ritrovando.
Una traccia dello «scambio culturale», se volete, si ritrova anche nel testo della «petizione» finalizzata all'ottenimento dell'assemblea. Per un verso «i lavoratori della Carrozzeria di Mirafiori apprezzano l'investimento che la Fiat intende fare per lo stabilimento, con l'assegnazione di una produzione che arrivi alle 250.000/280.000 vetture all'anno». Perché, come si ripete dal lato complice, non ci sono diritti senza posto di lavoro. « Ma sono contrari ad un accordo fotocopia a quello di Pomigliano per Mirafiori». Perché più macchine si possono produrre, se Fiat mette in linea qualcosa di valido, ma «chiedono che sia salvaguardata la salute, che siano rispettati i diritti sia individuali che collettivi come prevede il Contratto Nazionale del 2008, l'ultimo sottoscritto unitariamente e senza deroghe». Detto altrimenti: questo è un mandato - e un limite - a trattare.

 

Da controlacrisi.org

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