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Tutti i dati delle grandi organizzazioni, da quelle internazionali come l’Ocse, la Ue e la Banca mondiale, a quelle nazionali come la Banca d’Italia, stanno a dimostrare che “negli ultimi 30 anni la globalizzazione, che pure ha prodotto effetti positivi come l’apertura del mercato della produzione e del consumo a miliardi di cinesi, indiani, brasiliani, prima esclusi, ha anche prodotto il più scandaloso aumento delle disuguaglianze in quasi tutti i paesi”. Il Brasile è citato come una delle eccezioni: con la presidenza di Lula milioni di poveri sono usciti dall’indigenza, l’inflazione è stata battuta e la crescita è stabilmente alta (Pil +7% nel 2010). Ed effettivamente, ormai, il Brasile di Lula è diventato uno dei grandi attori nello scenario politico mondiale, assumendo la leadership dell’America latina. Stati Uniti e Italia guidano le classifiche della disuguaglianza: in Italia il 10% delle famiglie possiede il 45% delle ricchezze, mentre metà delle famiglie ne possiede meno del 10%. I tecnici che studiano e misurano le disuguaglianze dei redditi segnalano come Stati Uniti, Gran Bretagna e Italia siano in testa, sopra la media Ocse, tra i paesi a più alta disuguaglianza. I paesi a più alta crescita nel 2010 sono Svezia e Germania (Pil + 3%). L’eguaglianza come fattore di sviluppo è dimostrato dalle classifiche della Banca mondiale sul reddito procapite: tutti i paesi più egualitari figurano anche tra i più ricchi al mondo per reddito procapite. Dunque, in questo caso le chiacchiere stanno a zero. Almeno due decenni di politiche che hanno prodotto la svendita dell’industria pubblica in Italia, un vasto processo di smantellamento dello stato sociale, dalla scuola all’università, dai trasporti alla sanità, ecc., privatizzazioni e riduzione della tutela e delle garanzie del lavoro, dilagare della precarietà, attacco alla previdenza pubblica, ecc., hanno avuto come risultato non solo un poderoso spostamento della ricchezza dai salari alla rendita e ai profitti, ma un indebolimento dell’economia e un profondo declino dell’apparato produttivo. È ora di cambiare rotta. È ora di darsi una mossa e l’occasione è la manifestazione indetta dalla Fiom per il 16 ottobre a Roma. Quinto Sertorio Condividi