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Carlo fabbri, responsabile Area Sanità Prc Perugia Nel mentre si parla di riforme e di una nuova fase del regionalismo umbro, la nostra sanità non può non essere uno degli ambiti a cui apportare aggiustamenti e migliorie. Se è vero, come è vero, che la nostra sanità è, classifiche e studi alla mano, fra le più virtuose ed economicamente sane d’Italia, è altrettanto vero che molte sono le criticità a cui una classe politica seria deve dare una risposta. Una di queste attiene alle visite fatte in regime di intramoenia. La normativa attuale stabilisce che a tante visite in intramoenia ne debbano corrispondere altrettante fatte nella struttura pubblica, al cui vertice si trova il primario. In sostanza, se il primario effettua, poniamo, quindici visite in regime di intramoenia, è possibile che quelle quindici che la sua struttura deve obbligatoriamente fare in regime ordinario e non a pagamento, vengano fatte anche da specializzandi. Anche se la legge lo consente dunque, il fatto che il professionista faccia un uguale numero di visite in intramoenia e nella struttura pubblica, sarebbe un comportamento moralmente e socialmente corretto. Così come sarebbe opportuno che la Regione fissasse un tetto massimo per le prestazioni corrisposte ai professionisti in regime di intramoenia. Inoltre, un modo per raggiungere l’obiettivo prima indicato, nonché uno snellimento delle liste di attesa, sta nell’incremento degli incentivi. Da anni, per esempio, il contratto non prevede stimoli economici per quanto riguarda la parte variabile dello stipendio in funzione della redditività. Ed è anche noto e a mio avviso poco giusto che nella nostra regione vi sia una notevole disparità di trattamento, talché a parità di anzianità, di ruolo e di redditività, corrispondano trattamenti economici diversi da azienda ad azienda. Dagli anni Novanta ad oggi inoltre il meccanismo di redistribuzione della parte variabile dello stipendio, gestito dalle Aziende sanitarie e i cui direttori non possono modificare, è bloccato. Il che ovviamente comporta che un’azienda che ha cinquecento dipendenti, rispetto a quella che ne ha un numero nettamente inferiore, si trova penalizzata. Sarebbe quindi auspicabile che la Regione dia vita ad un fondo comune, gestito in maniera equa sul territorio, per la parte variabile dello stipendio. Un fondo da aggiornare e da redistribuire periodicamente a seconda delle diverse esigenze delle aziende sanitarie umbre. Un incentivo economico che, come detto, potrebbe contribuire anche allo snellimento delle liste d’attesa. Condividi