508px-Italia_centrale_svg.png
Alberto Asor Rosa sul manifesto di mercoledì 8 settembre sottolinea il ruolo rilevante che può svolgere l’Italia mediana in un processo di modernizzazione e sviluppo che riesca a garantire l’unità del Paese a fronte delle tendenze disgregatrici che vengono dai fautori di un Nord “nordista” e di un Sud “sudista”. Secondo la sua analisi esistono infatti tre Italie, mentre nei dibattiti politici si fa riferimento solo a due soggetti, Nord e Sud, e le regioni dell’Italia centrale – Toscana, Umbria, Marche, Lazio – più l’Emilia-Romagna costituiscono un'innegabile identità storica, culturale, politica e persino antropologica. L’Italia mediana, poi, presenta un ulteriore elemento che ha consolidato un carattere unificante dell’intero territorio, l’avere un sostrato storico-politico comune che ha una radice profonda nella questione contadina e mezzadrile, che nella sua evoluzione ha prodotto una veste politica progressista e democratica nettamente marcata, produttrice di una cultura istituzionale e amministrativa che ha avuto una continuità forte lungo tutto il secolo scorso. Asor Rosa lucidamente argomenta che per diventare «questione nazionale» la «questione dell'Italia mediana» dovrebbe presentarsi chiaramente come alternativa, nelle soluzioni e nei metodi proposti, sia alla «questione settentrionale» sia alla «questione meridionale». Perché questo avvenga, ci vorrebbe un patto inter-regionale, che contrapponga chiaramente al Nord «nordista» e al Sud «sudista» un Centro civile, democratico, progressista e riformatore. Questo è quello che le classi dirigenti delle forze politiche progressiste dell’Italia centrale hanno iniziato a praticare, dapprima timidamente, e poi con una interessante progettualità e una proposta orientata alla costruzione di sinergie importanti sostenute da una coerente visione programmatica. L’intuizione l’ha avuta un giovane amministratore del partito democratico, il presidente della Provincia di Pesaro e Urbino Matteo Ricci, che nella tarda primavera del 2009 ha promosso il Patto di Cagli, una piattaforma programmatica sottoscritta da amministratori e parlamentari del Centro-Italia per realizzare una politica e una programmazione comune dell’”Italia di mezzo”. Una proposta che poi ha ricevuto consensi, con la nascita del coordinamento dei rappresentanti istituzionali dell’Italia centrale a Firenze nel marzo di quest’anno, e che è culminata nell’appuntamento degli Stati generali degli amministratori dell’Italia mediana che si sono tenuti a Perugia lo scorso maggio. In questo contesto una accelerazione verso una politica comune, programmatica, ma anche di indirizzo politico e amministrativa, può venire dal rinnovamento della classe dirigente istituzionale, che si è avuto con le recenti elezioni regionali, ma anche da tendenze in qualche modo costrittive, come la manovra di finanza pubblica che taglia pesantemente i trasferimenti statali per il finanziamento delle funzioni amministrative conferite a Regioni e enti locali, senza aumentare le possibilità di entrate da tributi propri o compartecipazioni a tributi statali per le Regioni. Per le Regioni del Centro diviene sempre più urgente e necessario fare sistema per mantenere il proprio modello sociale, un’alta qualità dei servizi, un tessuto produttivo dinamico, anche se pesantemente colpito dalla crisi, e per sfuggire alla micidiale tenaglia dei tagli e del meccanismo sperequativo del federalismo fiscale di stampo leghista. Due Presidenti di Regione, Catiuscia Marini e Renata Polverini, hanno capito la sfida che abbiamo di fronte, e perspicacemente hanno avanzato la proposta di un protocollo d’intesa tra Umbria e Lazio in materia di sanità e turismo. Si tratta dell’inizio di un concreto rapporto bilaterale che deve allargarsi a altri temi rilevanti, quello dei trasporti, delle infrastrutture materiali e immateriali, della ricerca e sviluppo, della gestione dei servizi sociali e dei servizi pubblici, perché nell’era della competizione globale e della conquista dei mercati alla ricerca del massimo profitto e del minor costo del lavoro, soltanto mettendo a rete eccellenze, professionalità, competenze, strutture, esperienze, e usufruendo in comune delle opportunità offerte dai fondi europei di può salvaguardare la qualità dei servizi e delle prestazioni da un pericoloso dumping che fa leva sulla compressione dei diritti. Ma i rapporti bilaterali non esauriscono il lavoro che occorre fare per coinvolgere l’intera Italia mediana. In tempi rapidi occorre allargare a Marche, Toscana e Emilia-Romagna il terreno di costruzione di intese e collaborazioni istituzionali, valorizzando al massimo le opportunità insite nel nuovo titolo V della costituzione: quelle previste dall’art. 117, che consente di realizzare con legge regionale intese tra Regioni per il miglior esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni, e quelle previste all’art. 116, che consente di ottenere condizioni e forme particolari di autonomia nelle materie a legislazione concorrente e in alcune, tassativamente determinate, nelle materia a competenza esclusiva statale. La strada intrapresa pare proprio quella adeguata all’altezza delle sfide che abbiamo di fronte, ma occorre che l’idea della costruzione dell’Italia mediana con un profilo autonomistico democratico, progressista, solidale e riformatore diventi patrimonio dell’intera coalizione che governa l’Umbria. Ovviamente la Lega Nord dell’Umbria spara contro l’intesa Marini-Polverini, anche se le motivazioni sono riconducibili all’essere forza di opposizione, non credo proprio che la critica si indirizzi sul profilo autonomistico dell’operazione; quello che stupisce è la serie di critiche avanzata da Sinistra e libertà dell’Umbria, francamente attardata in una polemica di altri tempi, ancorata a logiche novecentesche, per una forza che invece fa del modernismo la bussola della propria azione politica. Chi ha capito da tempo la necessità di una svolta riformatrice che recuperi l’impianto della migliore stagione istituzionale dell’Umbria della programmazione degli anni settanta, è la Federazione della Sinistra che ben prima della campagna elettorale, nello scorso novembre, aveva lanciato l’idea di una politica comune delle regioni dell’Italia mediana, come processo in grado di coinvolgere in un progetto collaborativo i territori del Centro in modo da permettere la realizzazione di una massa critica sufficiente a produrre politiche capaci di resistere agli effetti negativi della crisi economica e finanziaria del neoliberismo e dell’aggressione al welfare solidaristico portata dal federalismo egoista promosso dalla Lega e da Berlusconi. Ora il sasso è stato lanciato: il tempo delle parole e dei convegni ha giustamente prodotto i suoi frutti, adesso è il tempo dei fatti, delle azioni concrete, delle buone pratiche. Quinto Sertorio Condividi