Carcerato.jpg
di Pasquale Giordano ROMA – Si continua a morire di carcere. Siamo arrivati alla 43esima vittima, questa volta registrata a Parma. Un ragazzo italiano di 30 anni si è impiccato usando un lenzuolo. “E' un bilancio grave - afferma il segretario generale della Uil Pa penitenziari Eugenio Sarno- che non può non pesare sulle coscienze di chi non ha saputo dare adeguate risposte.” “Sarebbe stato opportuno – fanno sapere dal Sappe - approvare definitivamente il disegno di legge Alfano sulle pene detentive brevi, prima della pausa estiva.” In otto mesi quarantatre persone affidate alla Giustizia italiana che escono dal carcere cadaveri. Una tragedia silenziosa a cui non si riservano i titoloni o le inchieste, alla quale non si dedicano trasmissioni o dibattiti televisivi. Storie di degradante disperazione vissuta giorno dopo giorno in strutture che assomigliano a dei veri e propri lager. Occorre che la politica prenda decisioni, anche impopolari, ma forti che servano da rottura col passato prossimo, che diventino il fulcro sul quale ripensare l’intero sistema penitenziario italiano, troppo vicino al punto di ebollizione, al punto di rottura. Berlusconi, intento a far di conto delle teste che gli sono ancora fedeli, ha detto nell’affollata conferenza stampa di qualche sera fa che la Giustizia sarà al centro del dibattito politico settembrino: “una riforma complessiva della giustizia sia civile sia penale con l'obiettivo di rendere effettivo l'articolo 111 della Costituzione realizzando finalmente il giusto processo”. “Nuovo lodo Alfano costituzionale per le alte cariche – ha detto il Cavaliere - processo breve, riforma costituzionale per giungere al doppio Csm, separazione delle carriere dei magistrati” solo una menzione al piano carceri. Se rimane tempo, forse, il governo se ne occuperà. Chissà se Berlusconi ha mai sentito parlare dell’articolo 27 della Costituzione: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.” Una lettura selettiva della Costituzione, oseremmo definire la sua. Il paradosso di questo piano carceri è che è diventato argomento che evoca chissà quali provvedimenti, ma che invece si risolve in nulla di più di uno spot elettorale: parole, parole e ancora tante parole. Il ministro Alfano aveva varato il ‘Piano’ a giugno promettendo la costruzione, entro il 2012, di 11 nuovi istituti e 20 padiglioni, per un totale di diecimila posti in più; l’assunzione di circa duemila agenti penitenziari (che per inciso coprire nemmeno un terzo della carenza di personale stimata in 6500 unità). Pura propaganda. Basta leggere le dichiarazioni di Donato Capece, segretario generale Sappe, riportate nell’edizione del 19 agosto del ‘Fatto Quotidiano’ da Silvia D’Onghia. Capece fa una stima approssimativa di un centinaio di strutture tra reparti e padiglioni nuovi, o in fase di ultimazione, tutti rigorosamente chiusi. Alcuni sono stati più volte inaugurati, addirittura c’è del personale a presidiarli, ma non vengono utilizzati, oppure utilizzati male. Così si scopre che a Rieti (aperto lo scorso anno), per esempio, i reclusi sono 80, a fronte di una capienza di 800. Ci lavorano in 50 ma potrebbero lavorare in 250 se non fosse che “Il governo si rifiuta di assumere il personale necessario a rendere più sopportabile il nostro lavoro e le condizioni di vita dei detenuti”. Oppure ad Ancona Barcaglione è aperta una sola sezione sulle quattro presenti, cento persone a fronte di una capienza di 800. O ancora il penitenziario di Gela, inaugurato innumerevoli volte “A turno da ogni ministro, poi però continua a rimanere chiuso.” A Pontremoli tre agenti fanno la guardia a una struttura vuota. A Brindisi e a Trani da mesi alcune sezioni sono in fase di ristrutturazione; ma i lavori durano troppo e, nel frattempo, i detenuti vengono stipati. Il carcere di Trento è stato ultimato un anno fa con una spesa di 117 milioni di parte della Provincia, ma non riesce ad aprire. Così dicasi per Avellino, Rovigo, Catanzaro. E per Sassari, in cui continuano a lavorare aziende che fanno capo ad Anemone. “Esiste anche il problema del blocco del turn over – conclude il segretario del Sappe – in base al quale si possono assumere 80 poliziotti sui mille che vanno in pensione. Una cifra che perdiamo ogni anno. Ma l’hanno fatto apposta, per arrivare al 2012 tagliando 40 mila uomini alle forze di polizia. Altro che governo della sicurezza”. Da dazebao.org Condividi