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Cadono domani i trent'anni dalla strage di Bologna. Il 2 agosto 1980 ci furono 85 morti, 200 feriti e altre centinaia di persone, sopravvissute ed incolumi, furono segnate per sempre da quel massacro. I tribunali hanno condannato in via definitiva, come esecutori materiali della strage, i neofascisti Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini: c'è un filo nero e di morte che parte da Piazza Fontana e arriva al 2 agosto e che ha visto i fascisti nel ruolo di manovalanza al tritolo. I colpevoli ci sono, eppure, in tutti questi anni, ogni qual volta un uomo del governo ha preso la parola in piazza Medaglie d'oro per commemorare la strage è stato ignorato nella migliore delle ipotesi, contestato pesantemente nella peggiore. Perché? Perché manca un "pezzo" di verità, fondamentale quanto l'aver individuato e condannato gli autori materiali della strage. Perchè mancano i nomi e i cognomi dei mandanti; perchè manca una ricostruzione credibile ed esaustiva del ruolo e delle responsabilità della P2, dei servizi segreti, della classe dirigente di quegli anni; perchè manca una ricostruzione dello scenario internazionale e di quanto incise sulla strage. A distanza di 30 anni non sappiamo ancora perché ci fu quel massacro e i diversi governi non hanno fatto nulla per fare chiarezza. Il fatto che dopo tanto tempo non si conosca il perché della strage, impedisce di archiviare il 2 agosto come un fatto che riguarda la storia. Il 2 agosto riguarda l'oggi, perché se non è chiaro chi furono i mandanti e perché ordinarono la strage, vuol dire che essi operano ancora, che i fini per cui venne compiuto l'eccidio sono ancora perseguiti. Vuol dire che la strage sta davanti a noi e non dietro di noi. Fino a quando non sapremo il perché, il 2 agosto non ci sarà una commemorazione della strage ma la strage si ripeterà, anno dopo anno, con tutto il suo dolore. La cronaca politica per altro ci ricorda crudamente che non stiamo parlando di un passato consegnato agli archivi e ai libri di storia: l'attuale Presidente del Consiglio - come è noto - in quegli anni aderiva alla P2, e il suo governo sta attuando senza mezzi termini il piano di "rinascita" di Licio Gelli. Flavio Carboni, figura squallida e complice degli affari di Verdini e Dell'Utri, fu uno dei protagonisti del depistaggio successivo alla strage. In questi mesi si è tornato a parlare delle stragi del 1992 e del 1993: non fu solo Cosa Nostra a mettere le bombe. Essa era "accompagnata" da quell'intreccio di apparati, uomini di governo, massoneria, destra neofascista, che ha continuato - impunito - a fare affari e ad uccidere. Il ricordo della strage di Bologna è una ferita che sanguina ancora perché non c'è ancora tutta la verità. E ogni anno si cerca di confondere le acque provando a dare in pasto ai giornali piste estere che poi, alla prova dei fatti, si dimostrano inconsistenti. O di prorogare la scadenza del segreto di stato, come sta avvenendo in questi mesi, per rendere tutto più difficile e nebuloso. Come Pasolini, anche noi "sappiamo", ma non abbiamo le prove. Non ci basta. Noi chiediamo tutta la verità. Per rispetto di quegli 85 morti e quei 200 feriti, per difendere la Costituzione e la democrazia nel nostro Paese. Perché la strage di Bologna è domani. Da liberazione.it Condividi