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Paolo Ferrero Quello che Marchionne sta tentando è un colpo di stato. Nell''80 Romiti riprese il pieno controllo dello sfruttamento della forza lavoro all'interno delle regole date. Oggi Marchionne vuole cambiare le regole, tutte. Il suo è un disegno costituente a tutto tondo. A livello dei rapporti sociali, dove l'impresa deve diventare una comunità combattente in cui vige il codice di guerra e dove ogni obiezione è un'insubordinazione e come tale da punire con la fucilazione, cioè con il licenziamento. Non è prevista la democrazia in una pattuglia al fronte. A livello statale, perché la Costituzione italiana è fondata sul bilanciamento dei poteri e sul riconoscimento del valore positivo del diritto del lavoro, tutte cose incompatibili con lo «stato di eccezione» dato dalla «guerra» in corso. Lo stato non può essere sopra le parti ma deve schierarsi con l'impresa, che incarna lo spirito del tempo e non può certo essere imbrigliata da norme di responsabilità sociale. Il disegno di Marchionne - di cui non sfuggirà la sintonia con quello di Berlusconi - consiste dunque nella fuoriuscita dal modello sociale e istituzionale costruito dopo la seconda guerra mondiale. E non si dica che Marchionne è obbligato dalla situazione. La sua azione - lungi da essere una risposta all'accresciuta aggressività di altri produttori - è una vera e propria azione di dumping sociale che non ha corrispettivi negli altri produttori europei. Sul mercato dell'auto la Fiat non è l'aggredita ma l'aggressore. Marchionne usa la crisi come «crisi costituente» per attuare il ridisegno dei rapporti sociali, delle regole contrattuali e del quadro costituzionale italiano. Un vero e proprio colpo di stato quindi che ha il suo punto di forza in tre elementi. In primo luogo, nell'ignavia dei sindacati «complici», che non so se sono venduti o regalati ma che un tempo venivano chiamati sindacati gialli. In secondo luogo, nel fatto che larga parte del centrosinistra condivide l'idea che la globalizzazione sia un fenomeno oggettivo e che questo comporti un livellamento al ribasso dei diritti dei lavoratori. Basti pensare a cosa hanno detto Veltroni e Scalfari su Pomigliano. Una parte consistente di coloro che combattono Berlusconi sono sostenitori di Marchionne, sono la sinistra confindustriale che tanti danni ha prodotto ai lavoratori. In terzo luogo, Marchionne non fa che applicare in modo brutale ciò che è già previsto dai trattati europei, da Maastricht a Lisbona. Tutta la costruzione europea, prodotta in modo bipartisan da popolari, liberali e socialdemocratici, è basata sull'assolutizzazione della libera concorrenza, sulla centralità dell'impresa socialmente irresponsabile e sulla riduzione del lavoro a merce. Marchionne attua, quindi, un colpo di stato tirando le conseguenze logiche dell'ideologia neoliberista propagandata a piene mani dal centrodestra e dal centrosinistra ed oggi largamente egemone nell'immaginario sociale. Questo attacco politico complessivo non può essere fermato solo sul terreno sindacale. Occorre allargare il fronte, costruendo la manifestazione convocata dalla Fiom per il 16 ottobre come grande movimento di popolo contro le politiche del governo, della Fiat e dell'Unione Europea. Costruiamola da subito nei territori e nei luoghi di lavoro, nella forma più unitaria e più larga possibile, con l'obiettivo dell'aggregazione, in questa battaglia fondamentale, di una sinistra unita autonoma ed indipendente dalla sinistra confindustriale. Da Il Manifesto del 31 luglio Condividi