Franca Valeri.jpg
Enrico Salvatori Tournée dopo tournée, celebrazione dopo celebrazione, "la" Franca Valeri, al secolo Alma Franca Maria Norsa, il 31 luglio prossimo compie 90 anni. Dopo l'uscita dal comitato dei 150 anni, dell'ex Presidente Carlo Azelio Ciampi, qualche mese fa, Franca Valeri è l'unica figlia del 1920 - generazione di ferro…quell'anno nacquero Alberto Sordi, Enzo Biagi, Federico Fellini, Giovanni Paolo II, Cia Mannucci e Virgilio Savona del Quartetto Cetra: gente che nel proprio campo di azione ha lasciato un segno indelebile - a "rimanere in scena", nel vero senso della parola. La settimana scorsa ha presentato, nella rassegna romana dei "Solisti del Teatro", il nuovo spettacolo Soldi soldi soldi, composto da pagine scelte da autori prediletti e lombardi come lei, Giuseppe Pontiggia, Alberto Arbasino - amico da una vita, nel '60 le scrisse le note di presentazione di un microsolco di monologhi - e Carlo Emilio Gadda, rigorosamente dedicate a quell'argomento onnipresente, ma poco chic, che è il denaro. Minuta, con il frangettone che l'accompagna da metà anni sessanta (prima aveva un taglio alla maschietta, come le brave ragazze lavoratrici di quell'epoca), La Valeri è un esempio di arguzia e di intelligenza al massimo livello, e moderna dopo decenni. «Pronto, mammà?», «so' la fija de la sora Augusta, quella maritata Cecioni», «pronto centodieci…scostumata!!!»: bastano queste tre frasette per riportare alla memoria il popolare personaggio televisivo della indolente signora romana, la sora Cecioni, che ha debuttato sui teleschermi quasi cinquant'anni fa nel varietà tutto al femminile Eva ed io, trasmesso nell'estate 1962 sul neonato secondo canale. Per quei pochi che lo ignorano, Franca Valeri è colei che di fatto ha inventato la comicità femminile in Italia. Prima di lei le attrici, semplicemente, non facevano ridere, eccezion fatta per Titina De Filippo e la milanesissima Dina Galli. Da sempre lei è autrice di se stessa, fin da quando improvvisava gag comiche, ispirate alle sue amiche altolocate, frequentatrici del salotto di Luchino Visconti nell'immediato dopoguerra. Gli inizi sono claudicanti, ma per pochissimo. Tenta di entrare all'Accademia di Arte Drammatica, senza riuscirci - il severo preside Silvio D'Amico prima la boccia, poi la vede in scena, e le dedica una lusinghiera recensione - cambia nome in arte per rispetto al padre, e in omaggio allo scrittore francese Paul Valery. Debutta sulla scena con Caterina di Dio (1948) scritta da Giovanni Testori (che le scriverà su misura nel 1960 La Maria Brasca), e fa addirittura il cane del Signor Bonaventura in uno spettacolo di bambini diretto da Sergio Tofano. Prende quindi parte ad alcuni cast radiofonici milanesi, dove il personaggio della Signorina Snob, satira dei tic e dei linguaggi della nuova borghesia altolocata nordica, inizia a prendere forma. Conosce Vittorio Caprioli, allievo dell'agognata Accademia, che ne intuisce la bravura scenica, e i due si fidanzano. Nell'Italia della ricostruzione, dove tutto va rifondato, loro iniziano a ragionare su nuove formule di spettacolo, come stanno facendo Strehler a Milano e Eduardo a Napoli. Caprioli, con il regista Luciano Mondolfo e Alberto Bonucci e altri, concepisce il Teatro dei Gobbi. Siamo nel 1945-46, teatro Arlecchino di Roma. Franca si unisce nell'anno santo 1950. Un teatro veloce, fatto come le reclames della radio. Provano e riprovano i brevi sketch, frutto di una meticolosa operazione. Assieme alla coeva formazione di Dario Fo-Durano-Parenti fondano le basi del cabaret italiano. Con lo spettacolo Cahiers du notes i Gobbi non hanno successo immediato in Italia, troppo sofisticati. Ma in Francia trovano un'ottima risposta. Inizialmente "la" Franca non li segue oltralpe, pare per un fatto di incroci di grossi cast teatrali, quindi l'attrice "deve" rimanere a Milano. Caprioli parla con Sergio Pugliese, direttore della Radio (che poi avvierà la tv in Italia), che rimedia uno spazietto alla Valeri nella trasmissione radio Il Rosso e il Nero dove nasce Il diario della signorina snob. Che diventa anche libro strenna illustrato da Colette Rosselli, alias Donna Letizia, e dà alla Valeri fama nazionale. Nel '52 trova un salotto nella mitica scena di Capri del film Totò a colori. «Tvoppo divertente, non tvovi!!!», urla Giuliasofia di fronte alle intemperanze di Totò-maestro Scannagatti. Anni dopo il De Mauro cita la Signorina Snob come esempio di nuovo linguaggio gergale, con i suoi accrescitivi e diminutivi inusitati (pescatoroni, Freudone, sartorella, insiemino). Franca Valeri debutta al cinema in Luci del Varietà (uscito alla fine del'50), diretto dall'esordiente Fellini con il mentore Lattuada, dove dà corpo a un suo altro cavallo di battaglia, la coreografa ungherese. Inizia così una carriera sul grande schermo ricca e variegata. Il suo film, inizialmente pensato su di lei, è Il segno di Venere (1955) regia Dino Risi, Con Sordi e Peppino dove la sua Cesira, dattilografa milanese a caccia di marito, è affiancata da una prorompente cugina di stirpe meridionale, una giovane Sofia Loren, che esplode proprio, è il caso di dire, con questa pellicola. Nel 1957 è in tv accanto a Nilla Pizzi nel delizioso varietà femminile La regina ed io, misto di talk e cabaret, fate conto La tv delle ragazze ed Harem ripassate in Mani di Fata. Scorrere la sua filmografia, composta di oltre quaranta titoli, vuol dire incontrare il meglio della commedia all'italiana. Con Sordi è primattrice nel Vedovo (1959, "Cretinetti" basta la parola…) e nel Moralista. Gli anni 50 si chiudono con lo spettacolo televisivo Le divine, dove reinterpreta tutte le donne dello spettacolo del Novecento in corso. Critica e pubblico non la seguono, ma rivisto oggi, nonostante certe inevitabili lentezze, fa ridere di gusto. Ad una proiezione di un episodio, qualche anno fa alla Cineteca di Bologna, la stessa Valeri disse «non venivamo censurati, perché spesso non capivano cosa volessimo dire: questo è il bello di essere sofisticati». Nel 1962 il marito Vittorio Caprioli la dirige nel ruolo della mignottella romana che cerca fortuna a Parigi in Parigi o cara. Rimangono nella mente e nel sorriso le sue disquisizioni sui nuovi palazzoni romani che crescevano come funghi. Parigi o cara è un film che cresce nel mito e nel culto con i decenni, oltretutto non distribuito in home video e quindi invisibile, se non tramite prestiti o copie pirata. Qualche anno fa è stato consacrato come film "camp" per eccellenza, da un parterre gayo in una proiezione estiva romana. Altro ruolo camp da citare è Pola Prima (una ultracarica soubrettona stile Wandissima) nello scatenato e sublime Basta guardarla (1970), diretta dall'amico Luciano Salce. Questo in dvd si trova, per fortuna. Ormai è artisti riconosciuta e amata. Entra in tutti i varietà Rai di Falqui, almeno in una puntata, che la consacra nel Sabato sera del1967 nel quadro della "Sora Cecioni", ancora cliccatissimo su youtube. Nel 1968 è a fianco a Gino Bramieri, diretta da Falqui nel remake televisivo di Felicita Colombo (film del '37 con Dina Galli), nell'80 in Studio 80 fa delle dissertazioni sui miti dei giovani, mente nel'82 in Due di tutto (stavolta diretta da Enzo Trapani) inventa una centralinista che racconta la trama di Dallas confondendola con gli spot pubblicitari di cui le tv private inzeppavano i serial. Fa poca pubblicità: rimane alla mente un ciclo di spot molto divertenti per un panettone. E' giusto anche ricordare la sua attività di regista lirica e di scopritrice di nuovi talenti lirici, assieme al suo compagno Maurizio Rinaldi. Nonostante qualche acciacco, la Valeri continua a tenere scena, coadiuvata dalla commediografa Patrizia Zappa Mulas (che nel 2003, in occasione del debutto del monologo La vedova Socrate, le ha curato un bellissimo libro antologico) e dall'attore Urbano Barberini (Mal di Madre e Possesso tra i tanti spettacoli insieme). Auguri Franca! Da liberazione.it Condividi