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Falsificando gli atti, chiedevano denaro dal ministero della Difesa per presunte ''riserve'' (in realtà inesistenti) relative ad alcuni lavori edili eseguiti in passato. Sono finiti così in carcere un imprenditore edile sardo, Giampaolo Mascia, residente a Roma, che aveva a questo scopo costituito - secondo gli investigatori - un'associazione a delinquere con sua moglie, Piera Balconi, i due figli avvocati Vittorio e Giammarco e Giovanni Dionesalvi, un giudice onorario di Roma. L'operazione "Mattone d'Oro" è stata portata avanti dalla Procura della Repubblica di Perugia. Dal gennaio scorso ad oggi, gli investigatori hanno quantificato un giro d'affari di un milione di euro. L'attività andava tuttavia avanti da anni. Le indagini sono ancora in corso. Gli inquirenti sono alle prese con decine di migliaia di documenti da analizzare (per trasportare una parte di questo materiale cartaceo da Roma a Perugia è stato necessario l'utilizzo di un furgone). L'indagine - illustrata stamani a Perugia con una conferenza stampa - era stata avviata dalla sezione di polizia giudiziaria-aliquota Polizia di Stato della procura della Repubblica di Roma, ed è poi passata alla procura di Perugia, competente per i magistrati romani, per la presenza, fra gli indagati, di un giudice onorario. Giudice che avrebbe ottenuto l'esecuzione di lavori edili gratuiti nella sua villetta a Porto Cervo, in cambio della sua partecipazione alla presunta associazione a delinquere. E' quanto hanno potuto accertare fino ad ora gli investigatori, che stanno ancora svolgendo indagini anche per valutare altri eventuali vantaggi ottenuti dal giudice. La ditta edile di Mascia - hanno ricostruito gli investigatori - negli anni '80 e '90 aveva eseguito lavori in strutture militari in Sardegna e, dopo circa 15-20 anni, aveva cominciato a presentare ricorsi (135 in tutto) alla magistratura civile per ottenere denaro dal ministero, facendo risultare (falsificando gli atti) l'esistenza di riserve legate a quei lavori. In molti casi i ricorsi erano stati trattati dallo stesso giudice arrestato, che aveva emesso i relativi decreti ingiuntivi alla Banca d'Italia, dando la possibilità all'imprenditore di riscuotere il denaro. In altri casi - sempre secondo la ricostruzione degli investigatori - il giudice avrebbe tentato di parlare con i suoi colleghi per agevolare le pratiche. I ricorsi sono stati presentati per cifre fino a un massimo di 2-300 mila euro Gli arresti risalgono a giovedì scorso e sono stati fatti da personale della sezione di polizia giudiziaria-aliquota carabinieri della procura di Perugia, con la collaborazione dei colleghi della stazione di Porto Cervo (Sassari). Dopo la convalida degli arresti, arrivata dopo gli interrogatori di garanzia di ieri, per tutti è stata confermata la custodia in carcere. Il giudice e uno degli avvocati, arrestati a Roma, si trovano nel carcere di Capanne, a Perugia. Gli altri tre sono stati arrestati in Sardegna: la donna è rinchiusa nel carcere di Sassari, l'imprenditore e l'altro suo figlio avvocato sono nel carcere di Tempio Pausania. Le accuse, a diverso titolo, sono di falso materiale in atto pubblico (per la contraffazione di copie di documenti contabili relativi a contratti di appalto tra il ministero e l'impresa edile), falso ideologico in atto pubblico, corruzione in atti giudiziaria. ''La condotta giudiziaria del giudice Giovanni Dionesalvi - ha commentato l'avvocato Remo Pannain, difensore del giudice onorario - è stata sempre, tecnicamente, corretta ed in linea con quanto imposto dal codice di procedura civile''. Condividi