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Ingoiavano fino a quasi 2 chili di pasta di cocaina purissima racchiusa in ovuli lunghi anche 12 centimetri e li tenevano nello stomaco, senza poter mangiare né bere, fino a 3 giorni. Fino a che, cioè, da Lagos in Nigeria raggiungevano un appartamento di Padova dove li consegnavano ai referenti in Italia. Un'organizzazione di trafficanti internazionali di droga di matrice nigeriana è stata sgominata dalla sqaudra mobile della polizia di Perugia, che oggi ha eseguito 10 delle 25 ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip del capoluogo umbro Claudia Matteini per associazione a delinquere finalizzata al traffico e al commercio internazionale di droga. I dettagli sono stati forniti oggi nel corso di una conferenza stampa in questura. L'operazione, denominata ''Black passenger'', coordinata dalla Dda (pm Manuela Comodi e Giuliano Mignini) e condotta in stretta collaborazione con il Servizio centrale operativo e la Direzione centrale servizi antidroga, ha visto agenti della polizia nigeriana operare per mesi in Umbria per aiutare i colleghi italiani a tirare le fila di un'organizzazione potente e ramificata. Un'operazione di ''respiro internazionale'', l'ha definita il questore di Perugia Sandro Federico, che ha consentito di chiudere un canale ''imponente'' di flusso di stupefacenti. La struttura criminale, di tipo verticistico, vedeva il suo capo chiamato ''Ken'' in Nigeria, in stretto contatto con i cartelli della coca colombiani, da cui i nigeriani si approvvigionavano. In Africa venivano reclutati i ''passeggeri'', cioè i corrieri, che trasportavano col sistema degli ovuli la pasta di coca in Italia attraverso l'aeroporto di Fiumicino. Qui, nel corso degli ultimi mesi, la mobile perugina insieme alla polizia di frontiera ne ha arrestati 13, tuttora in carcere. Quindi il flusso portava nel Triveneto, per l'epulsione degli ovuli e lo smistamento della cocaina soprattutto verso l'Umbria, ma anche verso Emilia, Toscana e Sardegna. ''E' ormai chiaro - ha precisato il questore - che mentre lo spaccio su piazza è gestito da nordafricani e il loro approvvigionamento vede soprattutto coinvolti albanesi, il livello superiore fa capo spesso a organizzazioni nigeriane di stampo mafioso''. L'organizzazione in Italia aveva i suoi capi e un contabile, che trasferiva il denaro attraverso money transfer in Nigeria, dove veniva riciclato. Tra gli episodi emersi nel corso delle indagini, la polizia ha documentato violenze da parte dell'organizzazione (i cui vertici in Nigeria sono attualmente ricercati) nei confronti delle famiglie dei corrieri di cui non si avevano notizie, chiedendo per prova la spedizione di giornali italiani per provare che fossero stati arrestati. Fondamentale, per la riuscita della lunga e complessa indagine, è stata anche la collaborazione della polizia nigeriana: alcuni suoi funzionari sono rimasti a Perugia per quasi un anno, fornendo quello che la questura definisce ''un prezioso e determinante contributo nello sviluppo dell'attività tecnica ed operativa''. Rapporti investigativi bilaterali, quelli tra le polizie di Italia e Nigeria, consolidati nel 2009 con la stipula di un accordo (più l'Interpol) siglato dal capo della Polizia, il prefetto Antonio Manganelli. Coordinato dall'Interpol, l'accordo tra Italia e Nigeria si sostanzia in un progetto pilota della durata di due anni, che permette alle forze di polizia di entrambi i Paesi di rafforzare la loro capacità di combattere il traffico di essere umani, il crimine organizzato e l'immigrazione illegale. Inoltre, gli strumenti e le risorse dell'Interpol vengono utilizzati per analizzare la sussistenza di legami criminali più ampi. L'accordo ha consentito poi di creare in Italia squadre di polizia miste con i nigeriani impiegati per un periodo di dodici mesi in aeroporti internazionali, porti e in alcune città. La Direzione centrale per l'immigrazione e le frontiere ha infine organizzato corsi di preparazione per i poliziotti nigeriani. Condividi