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Ad un quarto di secolo dalla costituzione, il Pat Metheny group si concede una sorta di autocelebrazione a Umbria jazz. Il suo tour 2010 s' intitola ''Songbook'' e ripropone (con molta flessibilità, cambiando scaletta ogni sera) i temi più famosi del quartetto, quelli che ne hanno fatto una band di successo planetario. Tra le tante formule esplorate dal chitarrista del Missouri, infatti, questa è stata certamente la più fortunata dal punto di vista commerciale. All'arena Santa Giuliana ieri sera è andato in scena uno dei concerti più affollati di questa edizione di Umbria Jazz, dopo Mark Knopfler e Mario Biondi & Incognito. La formazione ha molto della band degli inizi: c'è Lyle Mays, che fu membro fondatore, alle tastiere, e c'è Steve Rodby, che sostituì dopo qualche anno Mark Egan al basso elettrico. L'ultimo arrivato, ma gia' con qualche anno di anzianità, è il batterista messicano Antonio Sanchez, di cui Metheny ha una altissima considerazione: è l'unico batterista da lui impiegato sia nel trio di identità più jazz (il contrabbassista difatti è Chris mcBride), sia, appunto, nel Pat Metheny group. Per inciso, è curioso notare che in questi giorni a Perugia c'è stato Manfred Eicher, proprietario della Ecm, l'etichetta tedesca per cui la band fece i primi ed artisticamente insuperati dischi. Era qualche anno che Pat Metheny non rimetteva le mani sul Pat Metheny group, sia dal vivo che in studio. Riascoltato dal vivo, il quartetto si conferma una perfetta macchina da musica in cui gli equilibri sono ormai fissati e, forse, immutabili. Quel mix tra aromi latini e multietnici, suggestioni new age, energia rock e eleganza jazz che al suo apparire ne fece un progetto assolutamente originale, in grado di piacere a molti e sorvolare i confini tra i generi, è così coerente da risultare addirittura naturale. E' il suono del Pat Metheny group e di nessun altro. Affiora però, qui e là, la sensazione di un suono datato, che sta invecchiando senza, probabilmente, diventare un classico. L'arrivo di quel portento di batterista è benefico perché aggiunge freschezza, ma forse non basta. Questo, in prospettiva. L'effetto di una serata però resta, soprattutto perché restano lo straordinario gusto timbrico del chitarrista, l'istintiva intesa con Mays, la bellezza dei temi. Durante il Round midnight di ieri sera invece è stato raggiunto uno dei vertici musicali più alti di questo festival 2010. Protagonisti in un set stellare al tearo Morlacchi Stefano Bollani (pianoforte), Enrico Rava (tromba), un semplicemente strepitoso Manu Katché (batteria), Tore Brunborg (sax tenore e soprano) e Andres Jormin (contrabbasso). Novanta minuti da annoverare tra le perle più lucenti di questo festival. Alla fine pubblico tutto in piedi per tributare la giusta ovazione ad un quintetto di livello altissimo. Stasera invece all'Arena si annuncia un altro pienone quando alle 21.30 sarà di scena il Saxophone Colossus, alias Sonny Rollins, in esclusiva italiana. Lo spettacolo è assicurato. Condividi