grifo1_3.jpg
di Daniele Bovi “La Pontevecchio ha una sua storia, noi un'altra”. E' il commento gelido che arriva dalla Asd Perugia calcio di Roberto Damaschi in seguito al summit di oggi pomeriggio tra il sindaco Boccali e i vertici della Pontevecchio, squadra di uno dei quartieri più popolosi della città che ora milita in serie D. Oggetto della visita pomeridiana a palazzo dei Priori le possibili procedure per il ripescaggio della Pontevecchio in Seconda Divisione (la vecchia C2). Visto che quest'estate moriranno più squadre di Lega Pro che zanzare in uno zampirone infatti, e non per il caldo o i veleni ma per una cronica carenza di soldi di un calcio sempre più alla Righeira (“No tengo dinero, oh-oh-oh-oh”), gruppo per altro in voga durante le estati, in molti stanno fiutando la possibilità di fare il salto di categoria passando sopra il cadavere delle altre squadre. E così in un Corso Vannucci grigliato da un caldo micidiale il presidente della Pontevecchio Gianni Monsignori e quello onorario Fondacci hanno fatto notare come “la possibilità di un ripescaggio c'è e la stiamo valutando”. L'ostacolo più alto però, visto che la squadra non naviga esattamente nell'oro, è trovare qualcuno pronto a lanciarsi portafoglio in resta fra i professionisti: “Il problema – osserva infatti Monsignori – sta tutto lì”. Qualcuno dell'Asd Perugia sospetta che dietro ci possa essere Davis Crema. Altro capitolo all'ordine del giorno è quello relativo all'uso dello stadio Curi. Secondo quanto trapelato da palazzo dei Priori il sindaco avrebbe fatto notare come lo stadio sià già stato dato alla Asd di Damaschi. Difficile insomma pensare i rossoverdi della Pontevecchio solcare il campo del Curi. Quanto alle possibilità che Damaschi “si fonda” con la Pontevecchio, esse sembrano essere tendenti allo zero. Dalla società ribadiscono che “noi andiamo avanti per la nostra strada programmando una serie D per vincerla”. Durante la giornata di domani inoltre dovrebbe essere diramato un comunicato con cui verrà ribadito il concetto di cui sopra: “Grazie, non ci interessa”. I vantaggi derivanti da un'operazione di fusione in realtà ci sarebbero, a partire da un minor costo della procedura (200 mila euro contro i 349 mila necessari per la D) fino all'ovvio vantaggio di guadagnare un anno. Il problema però è che non si parla di normali aziende o di una partecipata del Comune da liquidare o fondere con altre realtà. Il calcio vive di alchimie particolari e delicate. Alle fredde procedure di business su acquisizioni e fusioni, al semplice ragionamento su costi e benefici, vanno aggiunte le parti più importanti di questo sport: l'irrazionalità totale, la pancia, la tradizione e i colori. E di solito la passione non nasce in laboratorio ma prendendo a calci una radiolina, tramandando fedi e miti e piangendo di gioia o di rabbia per dei colori. Condividi