di Alessandro Cardulli
Orgoglio, dignità. In queste due parole il senso del voto che i metalmeccanici di Pomigliano hanno espresso. Il quaranta per cento degli operai ha detto no al baratto immondo fra posto di lavoro e rinuncia ai diritti, all’orgoglio, alla dignità, appunto, come pretendeva Marchionne che nel frattempo se ne è andato negli Usa per sbollire la rabbia.
Non è stato facile per ciascuno di loro superare paure, preoccupazioni, respingere i ricatti, le intimidazioni che fino all’ultimo minuto hanno segnato una campagna martellante dei capi e dei capetti della Fiat cui l’Ad aveva affidato il lavoro sporco. Il loro voto, l’orgoglio e la dignità, vale anche per chi non se l’è sentita di dire no e, con la disperazione nel cuore, alla fine si è pronunciato per il sì.
La Fiom non è stata messa in ginocchio
Oggi si può dire che con quel no, tutti i lavoratori di Pomigliano sono più forti, che il sindacato che non ha ceduto al ricatto, la Fiom, con Slai-Cobas, non è stata messa in ginocchio come tanti, troppi, volevano, anche nelle file del maggior partito di opposizione, il Pd che paga un prezzo alto per le posizioni di aperto sostegno ai piani della Fiat date da alcuni autorevoli esponenti. Qualcuno ha perfino parlato di “investimento strategico”.
E quando non c’è stata la sollecitazione al sì ci si è limitati ad auspicare che il piano Marchionne non diventi un modello. Sono questi i casi in cui o si sta da una parte o dall’altra. Impossibile tenere il piede in due staffe. E ancora: la pressione violenta esercitata nei confronti delle tute blu è venuta non solo dai vertici aziendali. Governo, ministri, Confindustria, forze politiche, anche di opposizione, dall’Udc a esponenti del Pd, hanno pesantemente violato l’autonomia del sindacato, che deve poster decidere liberamente in base alla valutazioni che sono proprie di un sindacato dei lavoratori.
Se Cisl e Uil riflettessero
Il sindacato della Cgil è stato dipinto dai media, anche quelli non governativi, come un pericoloso covo di estremisti, di massimalisti, comunisti di vecchio stampo, legato ai centri sociali, che, ha detto un esponente, sarebbero la linfa del sindacato. Sciocchezze simili non se ne erano ancora sentite, ma tant’è. In questa vicenda la Cisl e la Uil non si sono risparmiate niente.
Forse sarebbe il caso di una loro riflessione perlomeno. Del resto proprio da un incontro fra il segretario generale della Cisl e Marchionne, a margine di un convegno tenuto a Parma, nasce l’idea che poi diventerà il piano servito a tavola dall’Ad della Fiat. Sempre un dirigente della Cisl appena aperte le urne è diventato il megafono dei padroni. Agenzie di stampa e giornali online, con grande evidenza, hanno riportato la sua dichiarazione: nelle prime cento schede scrutinate il sì aveva 98 voti.
Un vecchio trucco per far uscire in tempo per i giornali e le tv ciò che più fa comodo. Lo scrutinio è infatti iniziato dal seggio degli impiegati che certamente avrebbero votato a stragrande maggioranza secondo i voleri della direzione. E si è continuato a prendere per dati campione quelli usciti da questo seggio, un trionfo per Marchionne. Chi ci ha creduto è stato il ministro Sacconi che ha fatto la sua sparata e con lui giornali e agenzie che titolavano con parole come “plebiscito”, “vittoria schiacciante”. Che vergogna, cari colleghi.
Passi per Sacconi, si sa chi è, ma prestarsi a una così squallida operazione sulla pelle dei lavoratori è davvero un episodio da dimenticare al più presto.
Marchionne presenta il conto ai firmatari dell’accordo
E’ ora che succede? Marchionne, in un primo momento, aveva lasciato intendere che la Panda tornava a casa, in Polonia. Poi, con un comunicato, ha fatto capire che “l’azienda lavorerà con le parti sindacali che si sono assunte la responsabilità dell’accordo al fine di individuare e attuare le condizioni di governabilità necessarie per la realizzazione dei progetti futuri”. Si evincono dal linguaggio sibillino due cose: i “progetti futuri” possono anche non voler dire Panda e la governabilità significa trovare un modo, con i firmatari dell’accordo ,per renderlo vincolante per i singoli lavoratori. Sindacato e contrattazione addio.
Bersani: “comprendersi meglio”. Ma il problema è ben altro
Una risposta questa non solo alla Fiom che ha dichiarato la disponibilità a sedersi al tavolo e firmare un testo da cui scompaiano le parti illegittime, ma anche al più grande partito di opposizione. Bersani, il segretario del Pd, chiede a Marchionne di “ ribadire l’investimento”, poi, dice “con calma nei prossimi mesi, si trovi un modo di comprendersi meglio”. E’ vero che a linguaggio sibillino è difficile rispondere, ma il problema non è, come Bersani sa bene, quello di “comprendersi meglio “ e di farlo “con calma”. Con il modello Fiat, come scrive Luciano Gallino, “le imprese si sentirebbero autorizzate a far ritornare una parte della produzione delocalizzata in Italia, alla semplice condizione che essa sia accompagnata da salari e condizioni di lavoro che si approssimano sempre più a quella dei lavoratori dei paesi emergenti”. La posta è questa. Non può restare solo sulle spalle delle tute blu di Pomigliano che dicono sì al lavoro e no alla perdita dei diritti”.
Da dazebao.org
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