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Maurizio Pagliassotti (Liberazione del 16 giugno 2010) E' un impetuoso torrente di proteste e indignazione quello che esce dalla porta due di Mirafiori in corso Settembrini. La Fiat di Marchionne forse è riuscita dove per decenni sindacati e partiti hanno fallito: unire i lavoratori. Sempre che l'abbiano mai voluto. Non ci sono "se" e "ma" questa volta, non esistono i distinguo e nemmeno i dubbi. L'accordo che l'amministratore delegato torinese chiede a Pomigliano scatena rabbie che dentro questo fabbrica da anni erano sopite, addormentate nel cloroformio della concertazione. Ma oggi è diverso, oggi la Fiat ha forse tirato troppo la corda, ed i suoi operai, che in fondo hanno seguito fedelmente ogni imposizione padronale negli ultimi trenta anni, hanno percepito un concetto chiaro: sui diritti guadagnati con la lotta non si deve mollare, e se passa l'accordo di Pomigliano poi vi sarà una reazione a catena della quale non si possono prevedere le conseguenze. Alle due del pomeriggio a Mirafiori piove e l'umore generale è teso. Il ragazzo che distribuisce volantini pubblicitari è intimidito dalle facce scure di chi esce: "Non li ho mai visti così incazzati. Deve essere successo qualcosa di grosso. Devo fare anche io attenzione con sta merda". E infatti non è proprio tempo di sorrisi. Arrivano le due, i cancelli si aprono ed un popolo solitario corre sotto il solito diluvio torinese verso gli autobus azzurri parcheggiati. Un popolo che non ha voglia di parlare dei "cazzi loro": li chiamano proprio così. I "cazzi loro" di decine di migliaia di persone quanto sono cazzi di tutto il paese? Il sindacalista, non della Fiom, attacca: "Ho l'ordine di non rilasciare dichiarazioni". Ma poi si vede che ha voglia di dire la sua e infatti prosegue: "E' una situazione delicata. La volontà dei lavoratori potrebbe essere diversa dalla volontà del sindacato. La situazione economica necessita di portare a casa uno stipendio..." Ma poi cambia repentinamente registro: "Certo che l'impostazione della Fiat è di fare un ricatto vero e proprio, e questo si evince anche dai toni con cui è stato presentato il piano industriale: non lascia margini di trattativa". Roberto invece non ha voglia di spendere troppe parole: "La proposta della Fiat è uno schifo. Cos'altro ne dovrei pensare? E' un ricatto puro. Comunque vedremo se verrà firmato questo accordo, vedremo se la Fiat avrà il coraggio di lasciare fuori la Fiom e i Cobas". Anche Alfredo usa la parola "ricatto" e racconta del pessimo clima che si respira dentro la fabbrica. Francesco: "La Fiom ha fatto bene a non cedere al ricatto di Marchionne, a differenza delle altre organizzazioni sindacali che hanno accettato gratuitamente le imposizioni della Fiat. Noi continuiamo a fare la cassa integrazione e loro presentano un accordo-ricatto: e questo dopo aver chiuso Termini Imerese. Marchionne in cambio di vaghe promesse chiede di accettare un patto che porta alla disperazione gli operai." Se le condizioni di Pomigliano venissero esportate a Mirafiori cosa accadrebbe? Sempre Francesco risponde: "Si può discutere sui diciotto turni ma sulla dignità delle persone no. Non è possibile togliere le pause, già lavoriamo in una situazione penosa, per non parlare del diritto allo sciopero compromesso, l'unica arma che abbiamo". I giovani, pochissimi, che escono dalla grande fabbrica preferiscono non rispondere, ma alcuni rilasciano una dichiarazione bizzarra ma ricca di significato: "Io sono di una azienda esterna.... non lo so, non mi tocca direttamente...." Caterina, prossima alla pensione, pensa invece proprio a chi verrà dopo di lei: "Stiamo tornando indietro al tempo degli schiavi. E' questo quello che propongono ai giovani, di fare un salto all'indietro di sessanta anni. E i sindacati che firmano questo tipo di accordi semplicemente non difendono gli interessi dei lavoratori. Gli operai devono capire che le tessere di questi sindacati devono essere strappate perché è l'unico messaggio che comprendono." Federico Bellono, segretario della Fiom Torino racconta invece come sono andate le assemblee generali di due giorni fa nelle mense di Mirafiori: "Sono stati due incontri molto partecipati, caratterizzate da un clima teso. La percezione diffusa è che se l'accordo passa a Pomigliano poi dilagherà in tutto il gruppo, compresa Mirafiori ovviamente. E questo gli operai, visti i sacrifici che già fanno quotidianamente, non lo accettano. E infatti è giusto richiamare il precedente dell'80, oggi come allora siamo di fronte ad una attacco ai diritti dei lavoratori e perdere questa partita sarebbe molto pericoloso." Ugo Bolognesi, delegato Fiom alle carrozzerie, spiega il significato di "clima teso": "Bordate di fischi per i delegati dei sindacati che hanno firmato l'accordo e che tentavano di salvare la faccia". C'è un vecchio proverbio piemontese che recita: "il pane del padrone ha sette croste e un crostone". Oggi la buona volontà che questo popolo ha speso per addentare quella misera crosta pare essersi esaurita. Condividi