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di D.B. E' una presa di posizione dura quella del sindaco di Perugia Boccali dopo che questa mattina l'asta per il rilevamento del ramo d'azienda del Perugia Calcio è andata deserta. Nella sua nota il sindaco parla di "piani industriali improbabili e poco credibili", di "millantati crediti" e "patrimoni che esistevano solo sulla carte". Una stoccata Boccali la riserva anche all'imprenditoria locale "che ha dimostrato di non credere nel calcio professionistico con tutto quello che esso comporta, inclusi i sacrifici da un lato, i possibili ritorni dall’ altro. Posizione legittima. Risultati evidentemente dolorosi". Una pietra tombale il primo cittadino la mette anche sull'affare stadio: si riparta "dallo stadio Curi inteso esclusivamente come terreno di gioco e di sano tifo. Rimbocchiamoci le maniche". E si deve ripartire, sempre secondo il sindaco, "dalle forze più vive di Perugia". Già, dov'erano fino ad oggi le forze più vive della città? Di seguito la nota integrale. Nessuno dunque poteva o voleva salvare il Perugia. Dobbiamo purtroppo prendere atto che al grande dispendio di parole, proclami, promesse andate in scena nei giorni scorsi, non corrispondeva nessuna voglia, o capacità, di spendere un Euro. La prima considerazione è per i tifosi, il cui patrimonio di passione e attaccamento alle sorti del calcio perugino non è stato, da nessuno, considerato meritevole di attenzione. In realtà, anche a Palazzo dei Priori, si sono ascoltati “piani industriali”, per altro improbabili e poco credibili, che riguardavano altro, piuttosto che progetti di calcio. Per le stanze del palazzo del governo cittadino sono passate figure che –oggi è ufficiale – hanno preso in giro tante persone che seguivano con ansia e grande partecipazione emotiva gli eventi della Società e della squadra, millantando credito e prospettando disponibilità, alleanze, patrimoni che esistevano solo sulle carte. La seconda è per la città nel suo complesso e soprattutto per una imprenditoria che ha dimostrato di non credere nel calcio professionistico con tutto quello che esso comporta, inclusi i sacrifici da un lato, i possibili ritorni dall’ altro. Posizione legittima. Risultati evidentemente dolorosi. Per quanto mi riguarda, ho fatto quello che compete al sindaco rispettando le diverse fasi, per altro obbligate: evitare il fallimento prima, parlare con tutte le possibili “cordate” poi. Seguiterò a fare quanto mi compete nella fase che si apre ora, perché da oggi bisogna intraprendere un percorso nuovo. L’unico rammarico che non sento è quello legato alla tentazione di considerare Perugia una città che retrocede con il Perugia. So che qualcuno lo dice, in queste circostanze. Falso. So benissimo cosa e quanto “vale” il calcio in Italia. Non sarò io a sottovalutarne il ruolo. Ma non è il calcio a definire la qualità di una città. Tra i segni della sua civiltà ci sta, anzi, proprio il prendere atto e gestire serenamente, con trasparenza, un calcio che riparte dalla città e dalla sua passione più genuina. Ripartiamo dai valori dello sport e dallo stadio Curi inteso esclusivamente come terreno di gioco e di sano tifo. Rimbocchiamoci le maniche: sarà più esaltante riuscire a riportarci ai livelli che ci competono con le forze più vive di Perugia. Condividi