Un convegno per sensibilizzare e far conoscere aspetti della vita affettiva delle madri in stato detentivo. Può una madre crescere il proprio figlio piccolo in regime carcerario? Come vive il bambino quest’esperienza? Come sopravvive il rapporto madre figlio in caso di separazione? Quali sono gli scenari odierni e quali quelli possibili? Questi i temi del convegno, organizzato da “Arcisolidarietà ora d’aria Perugia” e “Arci Umbria” in collaborazione con la Regione Umbria, che si svolgerà martedì 8 Giugno alle 9.00 presso “Combo” il nuovo spazio espositivo culturale di “Arci Perugia” in Via Cartolari 1. L’obbiettivo è quello di sensibilizzare e far conoscere aspetti della vita affettiva delle madri che scontano la pena, indipendentemente dalla presenza del bambino all’interno della struttura carceraria. Sarà un occasione per analizzare lo stato delle cose e riflettere sulle possibile alternative progettuali. Interverranno a questo proposito operatori, tecnici e volontari del settore insieme ai rappresentanti delle istituzioni umbre. La legislazione italiana consente alle madri detenute che non possono usufruire delle altre facilitazioni previste dalla Legge Gozzini (arresti domiciliari o differimento della pena), di tenere con se i loro figli fino all’età di tre anni durante il periodo della detenzione. Questo comporta per i bambini una esperienza di vita i cui riflessi negativi vengono definiti dagli esperti irreversibili. I bambini in carcere soffrono di disturbi legati al sovraffollamento, alla mancanza di spazio emotivamente utile che incide non solo sulla loro crescita complessiva, tanto da limitarne lo sviluppo attinente alla sfera emotiva e cognitiva, ma provoca anche irrequietezza, facilità al pianto, difficoltà di sonno, inappetenza, apatia. Il carcere, anche nelle situazioni migliori dove sono state realizzate delle sezioni nido, è comunque di per sé, per le finalità che deve raggiungere e per le modalità ed organizzazione che ne derivano, un luogo incompatibile con le esigenze di socializzazione e di sviluppo psico-fisico del bambino. Il sovraffollamento, il contatto forzato tra etnie e culture diverse, le regole del carcere, creano situazioni di stress e tensioni che si ripercuotono inevitabilmente nel rapporto madre e figlio. Ad illustrare possibili scenari alternativi interverrà Giovanna Longo (Responsabile U.O. del Trattamento PRAP di Milano) che racconterà l’esperienza e le buone prassi dell’ICAM (Istituto a custodia attenuata per detenute madri con prole fino a tre anni) di Milano: una casa a custodia attenuata per 10-12 detenute e i loro figli, in cui l’organizzazione sperimentale di tipo comunitario si avvale dell’ intervento di operatori specializzati nell’area materno-infantile che opereranno all’interno della struttura come supporto alla relazione madre-bambino e all’esterno facilitando l’integrazione con i servizi territoriali. Si offrono alle donne detenute percorsi personalizzati volti al recupero sociale con un attenzione specifica rivolta a: istruzione, formazione, accompagnamento al lavoro e mediazione linguistica culturale. Condividi