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ROMA - Il medico di turno nella struttura protetta dell'ospedale Sandro Pertini il 22 ottobre, Flaminia Bruno, nel certificato di morte di Stefano Cucchi ''avrebbe falsamente attestato che si trattava di morte naturale, pur essendo a conoscenza delle patologie di cui era affetto, perché ricoverato nel reparto nei cinque giorni precedenti, ricollegabili a un traumatismo fratturativo di origine violenta, che imponeva la messa a disposizione della salma all'autorita' giudiziaria''. Sarebbe bastato somministrare un semplice cucchiaino di zucchero a Cucchi per evitargli la morte. Il particolare emerge dal capo di imputazione dei pm romani che indagano sulla morte del giovane geometra avvenuta il 22 ottobre scorso. PM: GUARDIE PENITENZIARIE LO PRESERO A CALCI - Le tre guardie carcerarie accusate di lesioni e abuso di autorita', aggredirono Stefano Cucchi mentre si trovava in una cella di sicurezza del tribunale di Roma il 16 ottobre scorso, dove si trovava in attesa dell'udienza di convalida, prendendolo a calci e spingendolo. E' quanto affermano i magistrati capitolini nel capo di imputazione. I tre agenti di polizia penitenziaria (Nicola Minichini, Corrado Santantonio e Antonio Domenica), lo ''fecero cadere a terra'' causandogli un ''politrauma'' nella zona ''sopracilliare sinistra'', ferite alle mani e lesioni al gluteo destro e alla gamba sinistra nonche' ''l'infrazione della quarta vertebra sacrale''. Inoltre, i tre, ''allo scopo di far desistere Cucchi'' dalle ''reiterate richieste di farmaci e alle continue lamentele lo sottoponevano a misure di rigore non consentite dalla legge''. Per quanto concerne il funzionario del Prap, Claudio Marchiandi, e' accusato di aver istigato uno dei medici indagati che il 17 ottobre era di turno in servizio presso la struttura protetta del Pertini ''a indicare falsamente nell'esame obiettivo riportato nella cartella clinica redatta all'ingresso del paziente i seguenti dati in ordine alle condizioni generali dello stesso che le condizioni generali di Cucchi erano 'buone'''. Dati che sarebbero stati invece ''in contrasto con quanto indicato nella cartella infermieristica redatta presso lo stesso reparto e con i rilievi obiettivi dei sanitari di Regina Coeli e di quelli del Fatebenefratelli''. ALTRI QUATTRO INDAGATI, 13 IN TUTTO - Lesioni e abuso di autorità per i tre agenti penitenziari accusati del presunto pestaggio di Stefano Cucchi; favoreggiamento, abbandono di incapace, abuso d'ufficio e falsità ideologica, a seconda delle singole posizioni, per dieci tra funzionari della pubblica amministrazione, medici ed infermieri dell'ospedale Sandro Pertini in cui il geometra romano morì il 22 ottobre scorso, una settimana dopo il suo arresto per possesso di droga: sono queste le accuse formulate dalla procura di Roma ai 13 indagati per la morte di Stefano Cucchi. I pubblici ministeri Vincenzo Barba e Francesca Loi hanno depositato oggi gli atti del procedimento in base a quanto previsto dall'art. 415 bis del codice di procedura penale. Si tratta della procedura che anticipa la richiesta di rinvio a giudizio degli indagati. I magistrati, alla luce delle risultanze peritali, hanno modificato le originarie ipotesi di accusa che erano di omicidio preterintenzionale per gli agenti ritenuti responsabili del presunto pestaggio avvenuto il 16 ottobre in una cella di sicurezza del Tribunale di Roma, e di omicidio colposo per i medici del reparto penitenziario del Sandro Pertini in cui fu ricoverato Stefano Cucchi. Sono tre infermieri dell'ospedale Pertini di Roma e un funzionario del provveditorato regionale amministrazione penitenziaria (Prap) i quattro nuovi indagati nell'ambito dell'inchiesta sulla morte di Stefano Cucchi, i cui atti di fine indagine sono stati depositati oggi dai pm Vincenzo Barba e Francesca Loi. In totale gli indagati sono quindi 13: si tratta di sei medici del Pertini (Aldo Fierro, Silvia Di Carlo, Bruno Flaminia, Stefania Corbi, Luigi De Marchis Preite, Rosita Caponetti), 3 infermieri (Giuseppe Fluato, Elvira Martelli e Domenico Pepe), 3 guardie carcerarie (Minichini Nicola, Corrado Santantonio e Antonio Domenici, e un funzionario del provveditorato regionale amministrazione penitenziaria (Claudio Marchiandi). PM, ABBANDONO INCAPACE E' REATO GRAVE E SERIO - "L'abbandono di persona incapace aggravato dalla morte è un reato doloso di competenza della corte D'assise: una fattispecie ben più grave e seria dell'omicidio colposo che, in quanto tale, è di competenza del Tribunale. Abbiamo contestato ad alcuni degli indagati, un reato che è punito dai tre agli 8 anni di reclusione". Lo ha affermato il procuratore capo di Roma, Giovanni Ferrari, che insieme ai pm ha firmato l'atto di conclusione delle indagini sulla morte di Stefano Cucchi. Secondo i magistrati della procura di Roma, la morte di Stefano Cucchi sarebbe conseguente all'"abbandono di persona incapace": questo profilerebbe una accusa nei confronti dei medici e infermieri del Pertini, più grave dell'omicidio colposo, sanzionabile fino ad 8 anni di reclusione mentre il colposo è cinque anni. Nel capo di imputazione i pm scrivono che i medici e gli infermieri in servizio dal 18 ottobre al 22 ottobre dello scorso anno "abbandonavano Stefano Cucchi del quale dovevano avere cura" in quanto "incapace di provvedere a se stesso". In particolare il giovane "era affetto da politraumatismo acuto, con bradicardia grave e marcata, alterazione dei parametri epatici" e "segni di insufficienza renale". Una situazione, secondo i magistrati, che lo poneva "in uno stato di pericolo di vita" e che quindi "esigeva il pieno attivarsi dei sanitari" che invece "omettevano di adottare i più elementari presidi terapeutici e di assistenza che nel caso di specie apparivano doverosi e tecnicamente di semplice esecuzione e adottabilità e non comportavano particolari difficoltà di attuazione essendo peraltro certamente idonei a evitare il decesso del paziente". FAMIGLIA, MEDICI SI VERGOGNINO - "Esprimiamo soddisfazione per il grande lavoro svolto dai pm. Quando è stato arrestato Stefano stava bene ed è morto in condizioni terribili perché stava male dopo essere stato picchiato dagli agenti di polizia penitenziaria. Stefano è stato picchiato perché si lamentava e chiedeva farmaci. Questa è la tremenda verità che emerge chiaramente dal capo d'imputazione particolarmente articolato. Non dimentichiamo che senza quelle botte Stefano non sarebbe morto. I medici si devono vergognare e non sono più degni di indossare un camice". Lo si legge in una nota della famiglia Cucchi. IL LEGALE DELLA FAMIGLIA: ACCUSE SONO GRAVISSIME, SIAMO SODDISFATTI - "Noi siamo molto soddisfatti dell'attività investigativa dei pm: il reato di abbandono di incapace è terribile, peggio dell'omicidio colposo". L'avvocato della famiglia Cucchi Fabio Anselmo commenta così a CnRmedia la chiusura delle indagini sulla morte di Stefano Cucchi. "Siamo molto soddisfatti - aggiunge - a prescindere dalla qualificazione giuridica del ruolo delle guardie carcerarie sulla quale noi argomenteremo in seguito, perché riteniamo che Stefano non sarebbe morto se non fosse stato picchiato. Il quadro che emerge dal capo di imputazione questo: Stefano è morto dopo essere stato pestato ed è morto in una condizione terribile: il capo di imputazione è terribile". Il fatto che siano sparite le accuse di omicidio per il legale dei Cucchi non è un problema fondamentale: "Così è anche peggio, non è vero che l'omicidio cade. L'omicidio c'é e in conseguenza dell'abbandono totale di una persona che era sotto custodia". Condividi