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Intervista a Paolo Ferrero
di Raffaella Angelini*

Dopo il conflitto d’interessi, è la volta del matrimonio d’interesse? «Di fronte al dramma della precarizzazione del lavoro, Berlusconi non ha nessuna risposta», aveva accusato il ministro della Solidarietà sociale Paolo Ferrero dopo la volgare battuta dell’ex presidente del consiglio. Il problema (per i precari e per l’Italia intera) si fa più serio quando anche gli alleati di una volta nella coalizione di centrosinistra si fanno dettare la linea da Ichino e Calearo in materia di lavoro. «Alcune componenti del Pd - e adesso sta diventando sempre più evidente - sono legate a tutti i poteri forti del paese e questo è stato un impedimento nella costruzione di un’alternativa reale per il paese».

Adesso come la mettiamo con il rallentamento economico?
Il rallentamento economico è connesso a una questione salariale che in Italia va avanti da 30 anni. C’è una compressione complessiva dei salari a vantaggio dei profitti e tutte le ricette che vengono proposte, fatta eccezione per quella della Sinistra, sono di ulteriore compressione salariale per far fronte alla crisi: una scelta non solo iniqua socialmente ma anche assolutamente priva di fondamento sul piano dell’efficacia per lo sviluppo economico.

Su lavoro e salari, dunque, le ricette si equivalgono?
Quando dico che le ricette di tutti si equivalgono mi riferisco a quelle della Bce, del Fondo monetario, della Confindustria e per finire del Pd e del Pdl. In Italia, le proposte che vanno dalla detassazione degli straordinari, allo sviluppo della contrattazione di secondo livello fino alla detassazione dei premi dati unilateralmente dalle imprese spingono su un terreno pericoloso: si usa la questione salariale come leva per aumentare lo sfruttamento del lavoro non per aumentare gli stipendi.

Peraltro si è aperta la partita dei contratti e se da una parte la Confindustria spinge l’acceleratore verso lo smantellamento della contrattazione nazionale, dall’altra il Pd cede alla tentazione e destabilizza anche la Cgil...
La vera differenza che c’è tra oggi e il 2001-2002 è che allora la Cgil si mise di traverso all’operazione di sfondamento tentata da Confindustria e dal governo Berlusconi, riuscendo a bloccarla, invece adesso il Pd, mettendosi a destra della Cgil, spiana la strada alla Confindustria e a una manomissione bipartisan delle regole.

Dunque, anche sulla questione sociale, oltre che sulle riforme istituzionali, si potrebbero saldare le “larghe intese” tra Veltroni e Berlusconi?
C’è sicuramente una relazione molto stretta tra la questione della riforma del sistema contrattuale e le riforme istituzionali. Cioè l’idea del bipartitismo che stanno praticando a partire dai mezzi di comunicazione di massa, è del tutto omogenea a un’idea di riforma della contrattazione in cui il contratto nazionale tende a svanire e quindi qualsiasi forma del mondo del lavoro tende ad essere messa in discussione a favore di un’aziendalizzazione della contrattazione.

In questo senso le liste del Pd sono emblematiche.
Pur di raccattare voti, nelle liste del Pd ci sono candidature di tutti i tipi. Ma questo non deve far perdere di vista la reale posta in gioco e cioè che Calearo e Ichino segnano la direzione di marcia e gli altri sono delle comparse che sostanzialmente non pesano sulla linea politica. Il manifesto di Veltroni afferma praticamente che la lotta di classe non esiste e il fatto che lo firmino anche ex esponenti del sindacato dice di un’accettazione supina all’impostazione ideologica da destra liberale che ha il Pd ha.

Peraltro, tu sei candidato nel Veneto proprio in contrapposizione a Calearo...
...che è il simbolo della svolta a destra del Pd. E il Nord-est in questo contesto rappresenta il laboratorio della costruzione dei programmi fotocopia, l’idea che il conflitto di classe sia sparito o l’idea che le ragioni dell’impresa riassumano le ragioni di tutti.

Come dicevi, dal punto di vista mediatico è come se la campagna elettorale si giocasse a due. Sul territorio, invece, che tipo di partecipazione c’è alla campagna elettorale della sinistra?
Credo che la fase alta del bipolarismo, del bipartitismo, del sostegno reciproco sia un po’ alle spalle per due motivi: uno è che sta venendo fuori con chiarezza che i programmi di Pd e Pdl sono molto simili. La seconda ragione è che Berlusconi e Veltroni avevano puntato sul fatto che il bipartitismo creasse un forte grado di omogeneità interna, e invece il grado di omogeneità è scarsissimo. Per queste ragioni, i partiti-pigliatutto con programmi fotocopia non rispondono a quella che è una realtà più articolata. Siamo quindi entrati in una fase in cui si riesce un po’ di più a far passare le nostre proposte, questo richiede un fortissimo impegno della sinistra nei territori.

Sinistra per la prima volta unita, confederata...
Premesso che il processo di costruzione di una soggettività politica della sinistra sia una cosa giusta necessaria e da portare avanti, per quanto mi riguarda credo che questa soggettività non debba essere un nuovo partito, ma qualcosa che somigli a quella che era la Flm negli anni 70: un processo contemporaneamente federativo, ma non solo tra i partiti, e di costruzione di strutture più democratiche a partire dal basso che diano luogo ad un processo unitario e plurale.

Cosa ti aspetti all’indomani delle elezioni?
Ci dobbiamo dare delle regole sul modo di stare assieme per uscire da questa fase: democrazia sul piano centrale e sul territorio. Credo che bisogna intervenire sui modi del processo, su come si fa questa sinistra, evitando due strade che ritengo sbagliate: o il partito unico o che semplicemente ognuno torna a casa sua.

Dunque, sinistra unita purché le identità non scompaiano?
Il nuovo simbolo non contiene tutta la nostra identità ed è anche per questo che credo sia necessario che permangano i partiti, per quanto mi riguarda che permanga Rifondazione con la sua falce e martello. Nel simbolo della Sinistra arcobaleno c’è quello che tutti condividono, quello che tiene assieme, ma è ovvio che ognuno di noi ha anche altre parti che devono continuare a vivere politicamente, non solo nel cuore di ognuno.

*tratto da La Rinascita della Sinistra.

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