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PERUGIA - Prosegue l'esposizione all'Officina di Borgo XX Giugno della collettiva Corp(o)grafie. Tre giovani fotografi indagano il corpo e le sue declinazioni contemporanee. Organizzata nell'ambito del progetto Osmosi dei Sensi, curato da Kosmas Tsoukas e patrocinato dall'Assessorato alla Cultura del Comune di Perugia, l'esposizione è ideata e curata da Francesca Duranti. Tema delle istantanee è il corpo, declinato nei diversi linguaggi di appartenenza, come i soggetti indagati da Fabio Lana, costruiti all'interno di una sceneggiatura spesso tematica per “shooting” professionali. Diametralmente opposti quelli di Matteo Ceccarini, sagome ectoplasmatiche rubate alla quotidianità e raccontate in reportage fotografici. Infine i corpi di Matteo Vinti, esaltati da una fotografia emozionale, immagini talvolta celebrali, surreali e spesso ossessivamente autoreferenziali. Da qui il titolo CORP(O)GRAFIE, ovvero, testimonianza in pellicola o digitale di come il corpo umano si è rapidamente trasformato in un vero e proprio territorio di sperimentazione linguistica e concettuale. Matteo Ceccarini individua il luogo da raccontare attraverso le sagome, le ombre e il movimento delle persone, ne coglie il particolare e con esso ne delinea l’essenza. Come Parigi che viene descritta all’interno di una pozzanghera, ma anche mediante la sagoma di una donna in un fumoso locale di periferia, o attraverso le ombre di una coppietta in una scalinata alla Peynet. I contrasti tra luce ed ombra rendono spesso i protagonisti solo delle “presenze”, ma allo stesso tempo attori del tema dello scatto. I corpi di Fabio Lana, la loro luce interna, le scenografie urbane in contrasto con la patinatura del soggetto, ricordano le ricerche sperimentali e l’utilizzo della solarizzazione del fotografo di moda Erwin Blumenfeld. Nella grana fotografica dei suoi scatti si nota una frequente scelta di morbido sfuocato che da rotondità e pienezza alla forma. Nel linguaggio di Matteo Vinti, non c’è spazio per la modernità, la digitalizzazione dell’anima gli è estranea, i suoi personaggi vengono fuori da una Fuji degli anni Settanta, da una “scrittura emozionale”, e dalla passione di tutto ciò che non è d’avanguardia. Matteo interviene sul reale, la sua immagine fotografica non coglie la fondamentale essenza vitale della realtà; la sua immediatezza è sempre data da una sensazione di distanza, da un’idea di passato. Ricorrendo spesso alla figura dell’artista come oggetto e soggetto dell’immagine, i suoi set parlano di una realtà parallela e la sua presa di coscienza nei confronti della narrazione è spesso indotta da un mascheramento del protagonista. Una dimensione fotografica, la sua, che ci riporta a ricordare gli scrittori fotografi come di Lewis Carroll o Emile Zola. La mostra è realizzata anche grazie al contributo di TecnoTessile, Lungarotti e Gippì Outlet La mostra è visitabile dal pubblico negli orari di apertura del ristorante. Condividi