castello ciqarabelli.jpg
Dopo “Il bambino che fumava le prugne” che segna l’esordio con una casa editrice illustre, Luca Ciarabelli torna a pubblicare per la collana “Il maestrale” di Rcs. La cosa è interessante sia perché l’autore è un tifernate a tutti gli effetti, anche se ormai si divide tra Ravenna ed il Messico, sia perché la storia è ambientata in una Villa Tiferno, che, licenze poetiche a parte, somiglia straordinariamente a Città di Castello. Per questo l’Amministrazione comunale ha voluto aprire “Letture tifernati”, ciclo di incontri su e con autori locali, presentando “Il paese dei pescidoro”, la storia allegorica e surreale che Ciarabelli racconta intorno ad un protagonista straniato e ai luoghi trasfigurati dove è cresciuto, “un romanzo diverso dal primo” ha detto Gianluca Morozzi, collega di Luca nelle incursioni tra letteratura e stili di vita di Luca nelle incursioni tra letteratura e stili di vita, “perché non segue nessuna moda, non concede niente ai generi facili: il giallo dell’ispettore amante della gastronomia, romanzi rosa con adolescenti innamorati con il rito dei lucchetti, saghe di vampiri molto avvenenti. Il libro di Luca non ha paura di addentrarsi su campi poco solcati. La storia che racconta è molto accurata per tecnica e stile ma allo stesso tempo molto intrigante, con simmetrie di personaggi e di trama che sostengono senza appesantirlo l’impianto metaforico”. Alla presentazione ha partecipato l’assessore alle Politiche culturali Rossella Cestini che ha spiegato come “il senso di Letture tifernate è smentire un vecchio adagio secondo cui nessuno è profeta in patria. Noi vogliamo piuttosto dire che siamo molto orgogliosi dei nostri talenti e che riteniamo fondamentali conoscerli, valorizzarli, seguirli. Ci sono giovani e meno giovani che hanno trovato la loro strada nel mondo anche in settori diversi: questo ciclo di incontri è dedicato a chi ha scelto la scrittura come mestiere o come espressione artistica”. “Da molto tempo volevo scrivere della mia città” ha detto Luca Ciarabelli “ma non trovavo la voce giusta. Il libro rappresenta una nuova versione di una prova risalente a dieci anni fa, che non aveva avuto esito. In realtà il contesto non condiziona la storia del protagonista, figlio di un emigrante che torna al suo paese d’origine. L’aspirazione del giovane si nutre di cultura, della libertà che l’arte sprigiona: vuole allestire “Via col vento”, coinvolgendo i suoi nuovi concittadini. L’iniziativa però desterà l’attenzione e quindi la diffidenza dei poteri costituiti, il sindaco il parroco, due figure che sono il simbolo dello status quo, dell’ordine sociale, per definizione sempre un po’ repressivo. Il protagonista verrà internato in un albergo, perché quasi mai i manicomi hanno sbarre, ma alla fine non sarà così perdente. Senza svelare nulla posso dire che lui avrà un suo riscatto”. “Colori e movimento del libro di Luca” ha proseguito Giovanni Morozzi nella conversazione aperta che ha tenuto insieme all’autore “rimandano allo stile di Marc Chagall, perché le figure si affastellano con leggerezza, in punta dei piedi e spesso senza peso, in un quadro corale, dove ognuno però ha un suo posto, un suo equilibrio”. “Non penso di aver dipinto Cornelio come un autoritratto: in realtà ogni prima donna che ho scelto aveva qualcosa di me e qualcosa che nega quello che sono. C’è un espediente letterario nel libro: una vocina incapace di usare le mediazioni e dire bugie per amor del buon vivere” ha sottolineato l’autore, aggiungendo che “Pescidoro” è un toponimo molto evocativo, che “mi è sembrato tradurre la magia della mia città, che ho lasciato a 26 anni per fare cose diverse tra cui la scrittura. Il percorso non è stato molto lineare, ci sono stati tanti tentativi sfortunati. Poi un giorno, tornando dal Messico, dove trascorro lunghi periodi dell’anno, ho scoperto che “Il maestrale” mi aveva contattato e che voleva pubblicare il mio libro. Quello è stato l’inizio: Il bambino che fumava le prugne ha venduto molto bene per essere opera di un esordiente. Così dopo due anni è nato il progetto per Il paese dei Pescidoro”. Eppure che volesse fare lo scrittore Luca Ciarabelli non lo ha sempre saputo: “La maestra in quinta elementare leggeva i miei temi ad alta voce. Allora non afferravo il significato di questa operazione, poi mi è sembrata profetica. Lei aveva già capito quale sarebbe stata la mia strada”. Condividi