03/03/2010 - 00:16
Quale sport?
Parto da questa domanda, senz’altro retorica, perché vorrei far presente un episodio che è capitato a mio figlio domenica 14: una partita di calcio di II^ categoria a Montefalco dove la squadra del posto (con cui gioca mio figlio) si è scontrata con la Palazzo di Assisi.
Verso la fine della competizione, mentre mio figlio stava uscendo di campo per essere sostituito, l’ “entrata”, che definisco per lo meno ‘inadeguata’ per non dire altro, da parte di un avversario, lo atterra e mio figlio non può più rialzarsi fino all’arrivo dell’ambulanza; successivamente in ospedale gli viene riscontrata la rottura del perone e della tibia della gamba destra, per cui è stato poi operato secondo le necessità che si sono rilevate.
Non voglio commentare “l’entrata inadeguata”; anche perché magari si potrebbe pensare di tutto, dall’insufficienza fisica a quant’altro potrebbe venire in mente, ma tuttavia di certo non se ne è capita la ragione, visto che mio figlio era in uscita dal campo, e visto comunque che è stata di certo aggressiva, date le conseguenze, il che mi fa riflettere su quali valori supportino uno sport così popolare nel nostro paese: il gioco è gioco e non deve mai perdere questo suo ruolo, men che meno fra i giovani.
Voglio invece sottolineare altro: ma il mister della squadra avversaria o qualcuno per lui non avrebbe dovuto (o forse non era un dovere?) contattare la famiglia dell’infortunato per informarsi in qualche modo di cosa era successo? su quali evoluzioni aveva avuto l’incidente? O per chiedere se la cosa aveva una conseguenza forte, come del resto è stato?
Niente di tutto questo; ed ho pensato, forse il ragazzo dell’“entrata” non poteva venire a salutare l’avversario malcapitato magari per una sorte di pudore che può averlo trattenuto, ma la cosa ci avrebbe fatto di certo piacere; ma il resto? gli altri? qualche ‘adulto’ Silenzio totale! Niente di niente!
Il mio può sembrare senza dubbio uno sfogo e lo è, anche perché per mio figlio le conseguenze sono lunghe e pesanti; ma è anche delusione, perché, se lo sport educa a così marcati comportamenti negativi del comune rapportarsi fra persone civili, credo che abbia perso molte delle ragioni per cui vale la pena di praticarlo o di seguirlo da tifosi.
Giorgio Fabbi
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