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Gian Antonio Stella ha tracciato egregiamente, sul Magazine del Corriere della Sera, un profilo di Gianfranco Fini, l’uomo tutto di un pezzo leader di An, pardon, adesso vice leader di Berlusconi nel Pdl. Già il titolo di questo scritto, “Alla faccia del rigore”, è assai esplicativo e rende perfettamente l’immagine del personaggio, che in un breve sommario è stato così descritto: “Gianfranco Fini, l’incassatore, passa sopra a quasi tutto. E torna con quel Bossi con cui non avrebbe preso nemmeno un caffè, con la Mussolini che lo disprezza. Perfino con Ciarrapico, che secondo il leader di An ha pagato il conto, e invece…” Per i nostri lettori riteniamo di fare cosa utile riproponendo integralmente questo articolo. “Avanti così, Gianfranco Fini arriverà a stracciare il leggendario Bruce ‘Mouse’ Strass, un camionista americano che, avendo deciso di vivere di pugilato pur non essendo un campione, riuscì ad andare al tappeto 78 volte senza mai lasciarci le penne e una sera, per prendere due borse, salì sul ring con due nomi diversi andando giù senza danni sia nel primo sia nel secondo match. Come incassatore, però, anche il presidente di An è fenomenale. Al punto che dopo aver via via incassato l’indigesta alleanza con Umberto Bossi (con il quale aveva giurato un tempo che non avrebbe preso più neanche un caffè), la “monarchia del Cavaliere che gli pareva insopportabile e l’alleanza con la persona che più lo disprezza al mondo (Alessandra Mossolini) non solo ha abbozzato davanti alla candidatura del fascistissimo Giuseppe Ciarrapico, ma ha chiuso due occhi sul suo passato giudiziario. “Ha pagato”, ha detto il presidente di An liquidando con due parole il problema delle condanne del “Ciarra”, Fine, Pagato? Basta intendersi. Se è vero che l’uomo, come ha scritto Marco Travaglio, ha “una fedina nera più nera della camicia nera” con processi che vanno dalla truffa aggravata all’Inps (condanna in assise, condanna in appenno e prescrizione in Cassazione) alla violazione delle leggi sul “lavoro dei fanciulli e degli adolescenti”, è altrettanto vero che non ha passato in carcere che scampoli dei sette annie mezzo accumulati con due sentenze confermate in Cassazione. Tre per il crac della Casina Valadier, quattro e mezzo per la bancarotta fraudolenta del Banco Ambrosiano. Dice l’archivio dell’Ansa che il camerata Ciarrapico ha trascorso in carcere 35 giorni più 17 di arresti domiciliari per lo scandalo Italianità. E un mesetto più qualche altro spicciolo di arresti domiciliari alla clinica Quisisana perché accusato di aver pagato tangenti ai partiti. Più sei mesi ancora agli arresti in clinica per il crac dell’Ambrosiano, essendo stati gli altri quattro anni cancellati da due condoni. Tutto qui, che si sappia, Dagli archivi altro non esce. E qui torniamo al tema: non fu Fini a dire anni fa ‘basta con garantismo, basta con questa larva di Stato impotente, basta con la legge che premia i delinquenti a abbandona i cittadini onesti’? A ribadire che ‘va garantita l’assoluta certezza della pena’ e che ‘non è tempo di norme più permissive ma di norme che garantiscano il fatto che chi sbangia paga’? A tuonare che ‘anche il delinquente può avere una prova d’appello, prima però deve saldare il conto’? A stoppare Berlusconi sulla grazia a Sofri perché non si trattava d’ ‘infierire su persone per un fatto accaduto 30 anni fa ma di porre al primo posto il rispetto della verità giudizialmente accertata’? A citare a esempio l’America dove ‘chi sbaglia paga sul serio’? Parole d’oro, queste ultime. Infatti Timoty Rigas, per il saccheggio delle casse di Adelphia ha beccato vent’anni. Tennis Kozlowsky, amministratore delegato di Tyco, 25. Sanjay Kumar, amministratore delegato di Computer Associates International, 12. Lord Conrad Black, per le spese folli messe in conto al colosso editoriale Holliger (come una vacanza con aereo aziendale a Bora Bora) a sei e mezzo. E sono tutti dentro. In galera. Con la divisa arancione. Senza che qualcuno offra loro una candidatura”. Condividi