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I due terzi della ricchezza generata dal sistema economico umbro è di matrice pubblica: è quanto è emerso da uno studio che Confindustria Umbria ha affidato ai ricercatori del dipartimento di Discipline giuridiche e aziendali dell'Università di Perugia, guidati dal professor Gianfranco Cavazzoni. La ricerca ''Il peso del pubblico nell'economia umbra'', è stata presentata stamani a Perugia. Sono intervenuti, fra gli altri - riferisce una nota di Confindustria - Umbro Bernardini, presidente Confindustria Umbria, Carlo Noto La Diega, amministratore delegato Gesenu, e l'assessore regionale Vincenzo Riommi. Dalla ricerca, che ha considerato l'intervallo temporale di otto anni (dal 2000 al 2007), è emerso che la spesa generata in Umbria dal settore pubblico allargato si è incrementata in termini reali del 18,2%; tale aumento è attribuibile per una media del 68% al livello statale e per il restante 32%, equamente ripartito, al livello regionale e sub-regionale. Considerando il Pil regionale, nel periodo si è registrato un incremento del 7,8% in termini reali, superiore all'aumento nazionale, pari al 6,6%. L'incidenza della spesa pubblica sul Pil regionale si è attestata su una media del 67%, superiore di cinque punti a quella nazionale. In media, come detto, nel periodo considerato, circa i due terzi della ricchezza generata dal sistema economico umbro è di matrice pubblica (come provenienza e gestione) e tale percentuale è andata aumentando; se poi si considera che per circa il 68% la spesa pubblica umbra è generata da soggetti direttamente riconducibili allo Stato centrale, si può calcolare che la quota di ricchezza prodotta da operatori regionali, pubblici e privati, raggiunge il 55%. ''In altre parole - ha detto Cavazzoni - nella nostra regione la dipendenza dal comparto pubblico, ed in particolare dall'amministrazione centrale, è forte e questo pone importanti sollecitazioni non solo a migliorare la qualità delle politiche allocative delle risorse, ma anche a ricercare modelli maggiormente sinergici di interazione con il privato''. Il lavoro ha indagato anche l'attività svolta dalle aziende operanti nei principali comparti regionali dei servizi pubblici ed ha messo in luce l'esigenza, per le singole realtà produttive, di dotarsi di modelli manageriali improntati al miglioramento della propria efficienza. Lo studio è stato ulteriormente sviluppato attraverso una comparazione con le aziende pubbliche operanti nelle Marche e Toscana e con le imprese private dei settori dell'igiene urbana, dei trasporti e dell'acqua. L'Umbria, rispetto alle regioni limitrofe, è caratterizzata da una minore presenza delle imprese private in rapporto a quelle pubbliche e da un più limitato livello di patrimonializzazione di queste ultime. Alessandro Fontana, del Centro studi Confindustria, ha messo in evidenza i molti rischi connessi all'ampliamento del settore pubblico nelle economie locali, affermando che ''la progressiva costituzione di un numero sempre maggiore di società di diritto privato partecipate o controllate dagli enti territoriali aumenta i problemi di natura finanziaria e di efficienza''. Condividi