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di Isabella Rossi Cos’è una buona madre e cosa è una cattiva? Da questa domanda ha preso spunto il libro “Madri Cattive” una riflessione su bioetica e gravidanza di Caterina Botti, filosofa e docente di etica delle donne presso l’Università La Sapienza di Roma. “E’ un libro che parte dalla mia esperienza di gravidanza 7 anni fa” ha dichiarato l’autrice durante la presentazione del libro a Perugia, venerdì scorso presso la libreria Feltrinelli. “Io insegno filosofia e mi occupo di bioetica, ragionando intorno alle possibilità conoscitive” ha affermato la Botti “mi sono resa conto che entrambi i poli del dibattito vivono dell’astrazione del bene e del male ma tacciono sulla gravidanza.” In altre parole sui nove mesi di gravidanza non c’è morale, ma solo su aborto e concepimento. E ciò significa che alla donna non viene riconosciuta l’attività della responsabilità durante questo periodo ma solo la colpa dell’irresponsabilità. Se vogliamo riconoscere alla donna incinta lo statuto di soggetto non possiamo usare le griglie della tradizione filosofica che ragiona sull’uno, mentre la donna è due in uno, ha affermato la filosofa. Due sono le posizioni attualmente. Secondo quella laica l’embrione forse è vita, forse no e la donna decide sull’aborto. Dall’altra parte si fa valere il due: la vita vince sul diritto alla libertà. Secondo Caterina Botti, entrambi queste posizioni non colgono il punto: l’autonomia di relazione. Riconoscere, eticamente, alla donna l’autonomia di relazione significa prendere atto del fatto che la donna è testimone dei suoi interessi e di quelli del feto. E’ dai sentimenti della donna, infatti, che parte il bilanciamento di questi interessi. Ogni scelta che la donna fa durante la gravidanza, in altre parole, è una scelta fatta nella condizione di due in uno, con la consapevolezza cioè di essere incinta e di rappresentare gli interessi di due in uno. Secondo Caterina Botta, i criteri di bene e male ereditati dalla tradizione filosofica tendono a reiterare una serie di stereotipi, senza tenere conto del fatto che l’umanità è relazionale e dipende dai sentimenti di una donna. Sentimenti che sono arbitrari, e che hanno una ragione di essere profonda e individuale. Come si pongono le leggi nei confronti della libertà individuale e dell’autonomia relazionale degli esseri umani su cui essa si fonda? Un esempio da cui si possono trarre alcuni spunti. Negli Usa è possibile per legge imporre un cesareo coatto, ma non è possibile obbligare un padre o una madre a donare un rene al figlio morente. La presentazione del libro, promossa su iniziativa della Consigliera di Parità Marina Toschi, con una interessante introduzione di Adelaide Coletti, portavoce della rete delle donne, e il cospicuo contributo dello psichiatra Giampaolo Bottaccioli, ha dato luogo ad un vivace dibattito, al quale hanno preso parte una trentina di persone, alcune arrivate da fuori regione proprio per assistervi. Condividi