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PERUGIA - Cgil, Cisl e Uil e Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil Umbria e territoriali (categorie del commercio), nel corso della conferenza stampa di questa mattina 21 gennaio, dicono no al Testo di legge in discussione in Consiglio regionale relativo all'adozione in Umbria della direttiva 2006/123/CE (meglio nota come direttiva Bolkestein). “Sarà mobilitazione se la Regione non ci ascolterà”. A dichiararlo Francesco Ferroni per la Cisl Umbria, Valerio Natili per la Fisascat Cisl Umbria, Gianfranco Fattorini per la Cgil Umbria, Paolo Del Caro per la Filcams Cgil di Terni, Ivo Banella e Michele Agnani per la Filcams Cgil Perugia, Mariolina Luchetti per la Uiltucs Perugia e Giancarlo Ricciarelli per la Uiltucs Terni. I problemi esposti nel corso della conferenza stampa di questa mattina, tenutasi presso la Cisl dell’Umbria, riguardano sia il metodo di approvazione della legge che il merito. “Siamo stati esclusi da ogni forma di concertazione istituzionale, alla quale hanno preso parte per mesi solo le parti datoriali”. Hanno fatto sapere i segretari che, passando al contenuto della normativa, che dovrebbe essere approvata entro la fine del mandato legislativo regionale, hanno fortemente criticato l’eccessiva liberalizzazione che porterebbe allo stravolgimento di vita delle persone occupate nel settore commercio. In Umbria si tratta di 35 mila addetti, dei quali il 70 per cento è di sesso femminile. “La deregulation umbra alla quale stiamo assistendo –hanno denunciato i sindacati- va in senso contrario rispetto alle altre regioni italiane: il settore del commercio ha bisogno di più regole anche in virtù del fatto che gli infortuni sul lavoro stanno progressivamente aumentando. Inoltre, si pone in maniera preponderante la questione dei servizi alla persona: in alcuni casi –hanno esemplificato- si parla di assenza ingiustificata se la lavoratrice, magari madre di famiglia, non si reca a lavoro la domenica. La Regione –hanno chiarito i segretari- dovrebbe pensare a risolvere prima questi problemi e, poi, iniziare a toccare gli orari di lavoro nel settore del commercio”. “Prima di questo momento –hanno spiegato i segretari- l’ammontare annuo delle giornate festive e domenicali di apertura degli esercizi umbri erano 12. Adesso le giornate rischiano di diventare almeno 16, senza considerare le due superfestività abolite dal disegno di legge e la facoltà dei comuni di concedere ulteriori aperture”. Il sindacato, inoltre, in virtù dell’ipotesi di riforma legislativa sarebbe totalmente escluso dalla concertazione comunale, alla quale ha preso parte sino a questo momento con risultati importanti, per definire il calendario dei territori e l’individuazione delle zone turistiche. “Questo sistema –è stato ribadito- sino a questo momento aveva dato i suoi risultati: non si comprende il motivo della sua variazione se non nella volontà di ridimensionare il ruolo del sindacato nella fase concertativa. I contenuti della legge del 2005 non devono essere peggiorati: chiediamo l’incremento dei controlli e l’inasprimento delle sanzioni”. Riguardo alla questione dei centri storici e delle piccole attività il sindacato ha prospettato “pesanti ripercussioni a causa dell’apertura selvaggia dei centri commerciali più grandi. La spinta ad una liberalizzazione senza regole potrebbe incrementare ulteriormente le fila della disoccupazione, già preoccupante in Umbria. Come è noto, sono oltre 20 mila i lavoratori interessati dagli ammortizzatori sociali in Umbria”. Condividi