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Il 2009 è stato segnato dalla crisi devastante che stiamo vivendo e che al di là di frasi altisonanti non ha prodotto alcun reale cambiamento rispetto alle ragioni, alle cause che hanno originato questa situazione. Abbiamo assistito ad un gigantesco utilizzo delle risorse pubbliche per salvare il sistema finanziario, compreso il ricorso a vere e proprie nazionalizzazioni di banche e di imprese, non per segnare una nuova fase ma semplicemente per socializzare il dissesto e riprendere illusoriamente il cammino interrotto. Dal punto di vista sociale questo significa che assieme alla crescita della disoccupazione aumenteranno tutte le diseguaglianze sociali, la devastazione ambientale e l'universalità dei diritti saranno sostituiti dalla discrezionalità e dall'assistenza caritatevole, dove il ruolo dei soggetti sociali, dalle imprese ai sindacati, corre il rischio di essere sempre più parte integrante del sistema. In assenza di una risposta globale e tanto meno europea alla crisi del modello neoliberista, ogni paese sta procedendo per conto proprio puntando sulle esportazioni in una sorta di guerra commerciale totale che alla fin fine si scarica essenzialmente sulla riduzione del costo del lavoro. Questo avviene agendo su diversi aspetti: 1 - la precarietà come norma, come condizione di insicurezza sociale nel lavoro e nella vita che attraversa in modo pervasivo l'insieme dell'assetto sociale, dal pubblico al privato, dalla manifattura ai servizi e al terziario. La precarietà come condizione di lavoro totalmente subordinata alle condizioni di ogni impresa, dove gli stessi aumenti retributivi aziendali sono totalmente variabili; 2 - la chiusura di stabilimenti e il ricorso ai licenziamenti per adeguare i livelli occupazionali, nel migliore dei casi, ad una lunga fase di lenta ripresa produttiva che probabilmente sarà inferiore alla crescita della produttività. Quindi, contemporaneamente alla disoccupazione, una politica di riduzione delle retribuzioni, un maggior utilizzo degli impianti e un aumento degli orari di lavoro. Questo è ciò che sta avvenendo nel settore automobilistico, dagli Stati Uniti alla Germania; 3 - una riduzione della spesa sociale per rientrare dal deficit della spesa pubblica ridisegnando lo stato sociale ed il sistema dei diritti universali attraverso l'assistenza caritatevole per i più deboli ed una molteplicità di polizze assicurative, fondi ed enti bilaterali aziendali e di categoria gestiti dalle Associazioni Imprenditoriali e Sindacali, dal collocamento alla Cassa Integrazione; 4 - un utilizzo dello strumento fiscale per favorire questi processi superando l'idea di un sistema fiscale di carattere progressivo come previsto dalla nostra Costituzione. Questo attraversa anche il lavoro subordinato dove il Governo sceglie consapevolmente di non intervenire sulle aliquote, ma di favorire fiscalmente la crescita dei Fondi e degli Enti Bilaterali fino ad intervenire direttamente sulla contrattazione per incentivare la retribuzione variabile. Relazioni tra imprese e sindacati fondate sulla complicità è il termine utilizzato dal ministro Sacconi per spiegare il significato dell'accordo separato sul sistema contrattuale di Governo e Confindustria con Cisl e Uil, siglato il 22 gennaio 2009. Un accordo che non ha precedenti nella storia repubblicana del nostro Paese, che nega intrinsecamente la democrazia per la semplice ragione che nega l'autonomia negoziale e rivendicativa del Sindacato. Gran parte del mondo politico non ha capito quello che sta succedendo sul terreno sociale. Non è vero che il governo non sta facendo nulla, il governo opera ed agisce quotidianamente per smantellare le tutele sul lavoro e utilizza la crisi per ridefinire l'assetto complessivo di questo paese lungo un impianto di carattere autoritario. La stessa operazione compiuta sugli ammortizzatori sociali in questi mesi e riproposta nella finanziaria, non soltanto è del tutto insufficiente ed inaccettabile per definire una rete di protezione sociale, ma è stata per cosi dire trasferita ad accordi tra Regioni, Associazioni Imprenditoriali e Sindacali e ha determinato il paradosso che il precario del Piemonte usufruisce di forme di sostegno al reddito diverse dal precario della Lombardia. Una molteplicità di situazioni differenziate che forse hanno un qualche rapporto con l'universalità dei diritti e la strategia federalista. Colloco in questo quadro il significato dell'accordo separato che va persino oltre il Patto per l'Italia e la lotta guidata dalla Cgil per difendere l'articolo 18. Paradossalmente, l'unica cosa che sopravvive della concertazione sono i vincoli che vengono imposti alla contrattazione nazionale ed aziendale, la quale assume persino i criteri definiti dal Governo per gli incrementi retributivi variabili nella contrattazione di secondo livello, mentre si spalancano le porte per una molteplicità di Enti Bilaterali. L'autonomia negoziale, progettuale e rivendicativa del sindacato viene concettualmente e praticamente cancellata. Non si tratta per la Cgil di emendare un modello definito da altri per modificarne i vincoli, caso mai proponendo, come si evince dai lavori della Commissione Parlamentare sull'accordo separato, che l'inflazione importata debba essere pariteticamente caricata su governo, impresa e lavoratori, ma di sconfiggere quel modello contrattuale per riappropriarci di una nostra autonoma pratica rivendicativa delle categorie e della confederazione fondata sulle nostre compatibilità e con un solo vincolo, quello della democrazia, della legittimazione delle lavoratrici, dei lavoratori e dei pensionati. Questo confronto ha attraversato tutta questa fase prima e dopo l'accordo separato, ivi comprese le decisioni di lotta e di sciopero che sono state assunte nel corso delle trattative vissute da buona parte dell'Organizzazione come delle forzature per impedire l'accordo unitario. Cosi è stato ad esempio per lo sciopero e la manifestazione nazionale di Fiom e Funzione Pubblica il 13 febbraio. Il Congresso della Cgil, con la presentazione di due mozioni, permette un esplicito confronto democratico. Il dibattito congressuale deve accompagnare le iniziative di lotta a difesa dell' occupazione, per l'estensione degli ammortizzatori sociali e per una riforma fiscale che riduca le aliquote del lavoro dipendente anche con la proclamazione dello sciopero generale. Condividi