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di Anna Maria Bruni Centomila persone, secondo la Cgil, è il risultato per la sola manifestazione romana, dove oggi hanno sfilato i lavoratori di tutte le categorie del pubblico impiego insieme a scuola e a università, per lo sciopero di 8 ore proclamato da Fp e Flc Cgil. “Un risultato decisivo – dirà il leader Fp Carlo Podda nel comizio finale – per contrastare da oggi senza tentennamenti un governo incostituzionale, che l’Italia non può più permettersi”. Dopo le dichiarazioni di Berlusconi di ieri sulle quali è giunta la risposta sdegnata del Colle, il profilo incostituzionale del governo e l’inadeguatezza a ricoprire la carica di presidente del consiglio rendono improcrastinabile una risposta da parte di istituzioni, organizzazioni e cittadini a tutela dello stato di diritto. E’ indubbiamente questo il punto centrale che ha caratterizzato la giornata di oggi, oltre che sulle pagine dei giornali, anche dalla piazza dei lavoratori pubblici e della conoscenza e al quale le cariche contro gli studenti della Sapienza non fanno che aggiungere argomenti e confermare la necessità. Il corteo della Cgil, partito dopo le 10 dopo aver coagulato regioni del centro e Sardegna giunte a Roma all’inizio della mattinata (15 pullman solo dall’Umbria), si è diretto a piazza del Popolo lasciandosi alle spalle un migliaio di studenti universitari, circondati da un massiccio dispiegamento di polizia in tenuta antisommossa. Una prova di forza esercitata dal sindaco Alemanno con l’inutile divieto imposto all’ultimo momento al corteo degli studenti, che ha dato il la agli scontri provocando numerosi feriti, tra cui anche il responsabile università del Prc Fabio de Nardis. Una risposta che non può non interrogare il più grande sindacato confederale, impegnato oggi sui due fronti della lotta e del congresso, i quali richiamano entrambi alla necessità di una rinnovata rappresentanza capace di cogliere drammi e contraddizioni della fase di crisi, e incertezze e ritardi nel rappresentarli. Un sindacato “non solo degli iscritti, ma di tutti: lavoratori pubblici e privati, giovani, precari, studenti”. Questi i temi posti dai diversi rappresentanti, soprattutto della scuola e del mondo del precariato, intervenuti dal palco del comizio finale, e colti da Podda e Pantaleo subito dopo. Il leader dell’Flc in particolare ha sottolineato come “la questione dei diritti e della democrazia oggi siano indissolubilmente legate”, e che “non c’è diritto né democrazia se la legge non è uguale per tutti”. E sono noti i riferimenti, attraverso i quali ha attaccato senza mezzi termini Cisl e Uil, concertativi con un governo violentemente antidemocratico del quale il “ministro Brunetta” è degno rappresentante. Pantaleo ha dedicato la bella manifestazione di oggi ai “giovani, con i quali ricostruire il futuro”, e insieme ai quali, ha concluso “oggi ha inizio una lunga mobilitazione”. Parole ripetute anche da Podda, al quale abbiamo chiesto se dopo la rottura con il governo da parte dell’Anci, giunta ieri sera con le dichiarazioni di Chiamparino, vi sia la possibilità di azioni comuni, e a supporto di ciò, se la questione dello sciopero generale sia ancora aperta. “Gli Enti locali sono un alleato naturale del sindacato”, ha risposto Podda, “finora non è stato così purtroppo, ma ci auguriamo che dopo il passo decisivo di ieri si apra questa possibilità”. Per quel che riguarda lo sciopero generale, ha aggiunto, “il voto è stato compatto e quindi dovremmo riuscire a farlo. Aspettiamo il passo da Epifani”. Ma il numero uno della Cgil, dopo aver lanciato la sfida agli altri due sindacati confederali nell’ultima manifestazione nazionale del 14 novembre scorso, oggi non ha rilanciato. Piuttosto, il leader sindacale è tornato a “rammaricarsi” per l’assenza di Cisl e Uil nello sciopero a sostegno dei contratti pubblici e della stabilizzazione dei precari, senza “disperare” sulla possibilità di ricomposizione unitaria. Una ricomposizione che vede il leader di categoria Podda molto critico nel merito, perché il tentativo di “manifestare unitariamente” è stato vanificato prima dalla scelta dei due sindacati di indire per oggi solo lo “stato di agitazione” senza aderire alla manifestazione, per poi ritirarlo subito dopo la “promessa del Ministro Brunetta di arrivare al contratto”. “L’unità la fanno gli intenti comuni – ha detto Podda - non può essere una decisione burocratica indipendente dalle scelte politiche”. Una posizione che mette in luce il diverso passo rispetto allo stesso segretario generale, chiarita anche dalla posizione ambivalente di Epifani, che dopo essersi espresso in difesa della Costituzione chiedendo al comitato “Salviamo la Costituzione” di tornare in campo, e aver sostenuto, nel corso dell’intervento, che “non c'è difesa del lavoro pubblico e della scuola senza difesa della Costituzione”, a margine ha dichiarato che questa è “una manifestazione sindacale, non politica”. E riconduce anche sul terreno del merito le due posizioni congressuali in campo, a dispetto di chi pretende di attribuirle a”questioni di conta” interna. Senza risvolti invece la posizione della Fiom nazionale, Rinaldini e Cremaschi in piazza. Dopo aver dato il sostegno delle tute blu alla giornata di oggi, il sindacato dei meccanici Cgil ha espresso “profonda indignazione e riprovazione per le parole del Presidente del consiglio”, che rappresentano un attentato formale alle libertà costituzionali”, e “chiama tutti i metalmeccanici alla vigilanza democratica e a prepararsi a tutte le mobilitazioni che si renderanno necessarie per difendere la Costituzione della Repubblica, nata dalla Resistenza”. Lo stesso costituzionalista Stefano Rodotà, chiudendo l’intervista rilasciata oggi a “il manifesto”, non esita a dire che maggioranza e capo di governo “hanno da tempo deciso di vivere ai margini della legalità costituzionale”. “Non parlo di rischio – conclude Rodotà - parlo di quello che è già avvenuto”. Il rischio invece è che la “guerra di posizione” ingaggiata da Epifani dopo il no all’accordo separato del 22 gennaio scorso, nel sempre più rapido precipitare degli eventi nell’arco di questo anno, si trasformi in una guerra di logoramento, dove però i primi ad essere logorati potrebbero essere proprio i lavoratori, al banco di prova del “dividi et impera” di parte padronale che, dopo l’esaurirsi generalizzato della cassa integrazione, tenteranno il dumping sociale spartendo licenziamenti da una parte e straordinari dall’altra. Condividi