TERNI - Si è chiusa oggi pomeriggio a Terni, nel Centro d’Arte Opificio Siri, la prima giornata della Conferenza regionale dell’Economia e del lavoro promossa dall’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale dell’Umbria. Dopo le relazioni della mattina si sono sviluppati otto interventi di rappresentanti delle istituzioni e, soprattutto delle associazioni di categoria e delle forze sociali (Confartigianato e Cna, Coldiretti e Cia, Confindustria Umbria, Confesercenti, Cgil). Interesse e positiva valutazione per l’iniziativa del Consiglio, preoccupazione generale per una crisi economica e sociale dalle caratteristiche strutturali e con lunghi tempi di uscita, necessità di impostare nuove e adeguate politiche pubbliche che puntino all’innovazione e alla qualificazione del sistema. Sono questi i principali elementi posti al centro del dibattito di questa prima giornata di lavori. Si riprenderà domani alle 9.30 con gli altri interventi e le conclusioni del presidente del Consiglio regionale dell’Umbria Fabrizio Bracco, e della presidente della Regione Umbria, Maria Rita Lorenzetti. "Non saranno recuperati subito i 120 mila posti perduti in Umbria - Antonio Alunni, Confindustria Terni - Ai piccoli segnali di recupero della produzione percepiti anche in Umbria, si contrappongono segnali di sfiducia e la sensazione che continueranno a farsi sentire i colpi durissimi di una crisi che si allunga. Il problema è che le aziende non investono, i nostri prodotti hanno difficoltà all’estero con il cambio euro-dollaro. Dobbiamo lavorare per la tenuta del sistema Umbria, perché non saranno recuperati subito i 20mila posti di lavoro perduti. Fino ad oggi si è tenuto in qualche modo, grazie agli ammortizzatori sociali e ai risparmi delle famiglie; ma siamo al meno cinque per cento di ricchezza sul 2008 e sarà difficile risalire . A volte come industrie ci sentiamo soli. Serve responsabilità di tutti, anche delle amministrazioni pubbliche che pagano con forti ritardi le ditte fornitrici. E’ difficile pensare ad una prospettiva per l’Umbria senza il manifatturiero. Servono sacrifici ben sapendo che non ci sarà un riscontro immediato. "Dalla crisi si esce con cambiamenti, con aggregazioni di consorzi di aziende - Giuseppe Flamini, Confartigianato Terni - Se l’Italia regge alla crisi il merito è anche del 94 per cento delle aziende che contano fino a 9 addetti. Una crisi dalla quale si esce con cambiamenti, con aggregazioni e consorzi di aziende, capaci di portare le piccole imprese nel mercato della concorrenza. Purtroppo per gli artigiani non è facile innovare: servono investimenti consistenti che in questo periodo non si conciliano con la dipendenza dalle commesse delle grandi aziende. Ci sono anche forti ritardi nei pagamenti delle commesse degli enti pubblici che ormai sono a tre mesi. E un credito difficile per le imprese sottocapitalizzate che si rivolgono molto spesso ai consorzi fidi, strumento indispensabile. Per fronteggiare i problemi delle aziende abbiamo costituito consorzi; ma serve anche quella semplificazione tanto invocata da tempo ma che, nonostante tutto, non la vediamo recepita dalle strutture pubbliche e dagli enti in genere. E’ importante anche stabilire un rapporto più collaborativo del mondo del lavoro con la scuola e con l’Università, perché la formazione così com’è, non funziona e ci sono difficoltà evidenti fra la domanda del mercato del lavoro e specializzazioni che questo offre”. "Necessarie autentiche politiche di sviluppo in favore delle nuove imprese" - Pierluigi Bernardini, Confesercenti Umbria - “Il settore del commercio perde ogni giorno altre imprese e non solo a causa della crisi economiche ma anche per l'eccessivo proliferare di piccolissimi esercizi commerciali. Oltre alle ristrutturazioni ci sono i problemi legati alla crisi del credito. Regione, Provincia e Camere di Commercio hanno fatto molto ma il sostegno alle Cooperative Fidi rimane la soluzione da perseguire”. "Crollo dedlla produzione, prezzi in caduta e aumento di costi dimostrano la crisi dell'agricoltura" - Leonardo Fontanella, Confagricoltura - “Nel 2009 c'è stato un crollo della produzione rispetto al 2008, i prezzi sono scesi del 13 per cento, gli investimenti sono calati, i redditi degli agricoltori si sono contratti, i costi di produzione sono aumentati, l'export è crollato e l'erosione ha ridotto la superficie agricola. Il 2009 rimarrà per l'agricoltura uno degli anni peggiori degli ultimi decenni: oltre 1/3 degli imprenditori pensano di abbandonare agricola, con conseguenze negative non solo per l'economia ma anche per l'abbandono del territorio che conseguirebbe. La crisi del settore tabacco e degli allevamenti di suini ha fatto piombare due filiere importanti in uno stato di incertezza molto grave. Sarebbe il momento di costruire una filiera dell'Italia mediana per l'allevamento dei vitelli, magari sfruttando le aree collinari e demaniali che oggi giacciono abbandonate”. "L'assenza di grandi imprese è legata alla mancanza di reti e di opportunità per gli imprenditori". Paolo Ardelli, Cna - "Ci sono stati interventi di alta politica ed altri che si sono limitati al singolo ambito di intervento. Si è iniziato a parlare di questa conferenza molti anni fa: il progetto è stato ripreso e abbandonato varie volte ed oggi ci troviamo di fronte a questo risultato deludente. La crisi economica non ha soluzioni che possano essere trovate all'interno della nostra regione. È però evidente che l'Umbria non ha attrattive per i grandi insediamenti industriali e mancano le opportunità in grado di attrarre gli imprenditori”. "Agricoltura i crisi struttuerale, servono trasparenza e regole certe più che finanziamenti" - Alvaro Agabiti, Coldiretti - “Il settore agricolo si trova in una crisi strutturale che viene da una impostazione delle politiche agricole che ha penalizzato il settore. Necessario rimuovere le cause del degrado del settore: dobbiamo riappropriarci dell'identità dell'identità culturale e della qualità dei nostri prodotti. È indispensabile procedere con l'etichettatura che indichi l'origine dei prodotti, eliminando l'agropirateria che penalizza il settore e l'intera nostra economia. Devono essere valorizzate le filiere locali, implementando l'attività ricettiva e l'agriturismo, come elemento non solo economico ma anche culturale”. Condividi